Crisi, nuovi competitor e modelli distributivi: Equo e solidale in cerca di identità
BOLOGNA - Sono 225 i punti vendita sul territorio italiano dei 77 soci di Equo Garantito (erano 234 nel 2015 per 82 soci) , a cui si aggiungono 6 punti ristorazione. I soci sono oltre 28 mila (erano quasi 35 mila nel 2015) e più di 4.500 i volontari. Tra i 559 dipendenti il 65% è rappresentato da donne. Sono i dati del Rapporto 2018 di Equo Garantito, presentato oggi a “Terra equa”, il festival del commercio equo e dell’economia solidale dell’Emilia-Romagna in corso a Bologna (28-29 aprile), da cui emerge che “il mondo del commercio equo è ancora un po’ fermo e un po’ involuto”, dice Giovanni Paganuzzi, presidente di Equo Garantito. I risultati economici sono infatti pressoché stabili. In calo i ricavi totali della produzione dei soci: da oltre 75 milioni di euro nel 2014 a 73 nel 2016. I ricavi della vendita dei prodotti di commercio sono passati dai 66,5 milioni di euro del 2014 al 60 del 2016. In calo anche le vendite dei prodotti Comes a canali non commerciali: da 1,2 milioni del 2014 a 864 mila euro del 2016. In leggera crescita i ricavi da vendita dei prodotti Comes a canali commerciali tradizionali (da 14,6 milioni del 2014 a 15,7 del 2016). Dai numeri sembrerebbe quindi che il commercio equo in Italia non riesca più a crescere. “Questi dati però raccontano solo una mezza verità – aggiunge Paganuzzi – L’altra faccia della medaglia è quella di un movimento in cerca di una nuova identità, schiacciato tra l’incudine della crisi economica e il martello di nuovi e più forti competitor, ma anche pressato tra un modello distributivo fortemente ancorato al piccolo negozio di vicinato e alla relazione diretta con le persone e l’avvento del modello Amazon che di quella relazione vuole fare a meno”.
- I produttori nel mondo. Il valore delle importazioni dirette dai produttori aumenta, superando i 15,8 milioni di euro (erano quasi 13 milioni nel 2015 e quasi 12 nel 2013). Sono quasi 200 i produttori nel mondo in partnership con gli importatori di Equo garantito: 94 sono in Asia (per il 41% di importazioni dirette). Tra questi c’è Podie, un’organizzazione formata da piccoli agricoltori che praticano l’agricoltura biologica e lavorano in piccoli villaggi rurali dello Sri Lanka: tra i pionieri del commercio equo e solidale del Paese, esporta molte qualità e tipi di spezie e sostiene le attività degli agricoltori e dei trasformatori per evitare intermediari che, in molti casi, causano lo sfruttamento della manodopera. La percentuale più alta di importazioni dirette (47%) proviene però dai 74 produttori dell’America Latina da cui arrivano soprattutto banane, caffè, cacao e zucchero di canna. Un esempio è Mcch (Maquita Cushunchic Comercializado como Hermanos), organizzazione costituita nel 1985 in Ecuador per creare una rete commerciale interna per i generi alimentari. Oggi Mch ha ramificazioni in tutto il Paese, promuove produzione sostenibile e commercio equo e solidale e raggruppa 381 comunità e circa 275 mila famiglie. Il 12% delle importazioni arriva dai 30 produttori in Africa, “continente dove le tante difficoltà, come la carenza di infrastrutture per i trasporti e la produzione, continuano ad avere un impatto negativo sulle relazioni commerciali e sui costi dei prodotti”, si legge nel Rapporto. Tra i produttori c’è l’associazione Meru Herbs del Kenya che associa 2 mila famiglie utenti dell’acquedotto Nguuru Gakirwe Water Project nella regione semiarida che si trova sulla linea dell’Equatore. La gestione dell’acquedotto e la possibilità di avere acqua ha garantito il superamento dell’agricoltura di sussistenza e il passaggio a un’attività orientata al commercio. Nel 2016 sono stati inseriti 10 nuovi produttori che non avevano contatti pregressi con importatori italiani e sono stati visitati 66 produttori per attività di sostegno commerciale, formazione, valutazione etica. A 56 produttori sono stati forniti aiuti e indicazioni per il miglioramento di prodotti esistenti, lo sviluppo di nuovi prodotti o la certificazione biologica.
Il futuro. Il Rapporto si concentra sulle modalità organizzative e distributive e sull’allargamento della compagine associativa aprendo il proprio sistema di garanzia a nuovi potenziali soggetti, come i produttori italiani. “La sfida del commercio equo parte da qui – ha aggiunto Paganuzzi –: sapersi ripensare e riproporre da un lato come soggetti capaci di includere e dall’altro come sistema capace di offrire sbocchi commerciali a chi è disposto ad asumere la condizione di svantaggio economico del vicino non come occasione di dominio e arricchimento ma come forma di responsabilità per uno sviluppo equilibrato e condiviso”. Equo Garantito indica tra le urgenze la debolezza del produttore domestico/italiano e la mancanza di lavoro nel nostro Paese. “Dobbiamo farle nostre e lavorare per ridurre l’impatto negativo e costruire nuove opportunità di sviluppo equo, solidale e sostenibile – ha concluso – Su questo Equo Garantito sta facendo la sua parte: nella prossima assemblea sindacale approverà le modifiche ai documenti interni che consentiranno di aprire pienamente il nostro sistema ai produttori italiani”. E sul modello Amazon: “Ci sarà richiesto di lavorare con parecchia fantasia e capacità di sviluppare, accanto al nostro sistema distributivo, anche una nuova modalità di distribuzione che sia rapida a domicilio, ma con forme di relazione diretta e una logistica che abbia caratteristiche di equita”. (lp)