Cronaca di uno sgombero, nella lettera di una bambina di 11 anni
MILANO - “Mi chiamo Rahma, ho 11 anni, sono nata in Egitto e vivo in Italia da 6 anni. Da circa un anno e mezzo siamo stati ospiti del residence sociale 'Aldo dice 26x1' dopo che la nostra famiglia è stata sfrattata dalla nostra casa in zona Bovisa”. Inizia con queste parole, il tema con cui una delle bambine sgomberate ieri dai palazzi ex Alitalia abbandonati a Sesto San Giovanni, racconta la cronaca delle sue ultime giornate alla ricerca di una “casa”. La madre della ragazzina e i promotori “Aldo dice 26x1”, collettivo che da quattro anni a Milano accoglie persone in emergenza abitativa dentro edifici occupati in autogestione, non vogliono che lei parli e mostri il viso alle telecamere delle televisioni, che da giorni seguono le vicissitudini di 60 famiglie. E allora le chiedono di scrivere un tema, una lettera. Lei si siede ai tavoli in mezzo agli scatoloni accatastati nel cortile di via Oglio 8, nello studentato abbandonato fra Brenta e Corvetto che per un anno e mezzo ha dato un tetto sopra alla testa alla sua famiglia. Domani verrà tagliata la corrente allo stabile per allacciare, in seguito, nuova utenza, dopo che una cordata di tre imprenditori lo ha rilevato all'asta per 3,5 milioni di euro con il progetto di realizzarci una pensione per studenti. Nel frattempo, durante la notte fra martedì e mercoledì, il collettivo ha occupato un altro palazzo: la Torre 3 di via Stephenson, estrema periferia nord ovest, eredità del patrimonio immobiliare della famiglia Ligresti a Milano.
Mentre Rahma scrive, di tutto questo non è al corrente. Stila una scaletta per chiarirsi le idee. Al primo punto si legge “Le mie emozioni”. Redige prima una brutta copia su un foglio bianco senza righe. Poi, poco soddisfatta dal risultato, si mette a caccia di una pagina con i quadretti, per essere più precisa. Chiede aiuto a chi passa vicino al suo tavolo per non commettere errori di ortografia o di grammatica, mentre uno dei fratelli, otto anni, la osserva e chiede se anche a lui sarà accordato il permesso di scrivere un tema. “Il palazzo liberato in cui attualmente vivo doveva essere sgomberato il 27 agosto del 2018 – prosegue il tema della bambina – che poi alla fine lo hanno rimandato al 6 settembre del 2018 con il distacco della luce. I due coordinatori del progetto la zia Laura Boy e lo zio Wainer Molteni hanno iniziato a cercare un posto in cui stare” racconta la ragazzina facendo riferimento alla coppia – lui ex clochard e lei sindacalista – che dal 2014 ha dato vita al progetto di “Aldo dice 26x1”. “Dopo un po' di ricerche hanno trovato un altro palazzo libero vicino a Rodorego (Rogoredo, NdA) dove però l'acqua non era potabile, poi sono tornati nel posto in cui erano prima a Sesto San Giovanni”. “Il 1° settembre abbiamo aperto il posto – prosegue la cronaca della bambina –. E all'interno è molto grande. Dopo due ore è arrivata la polizia per fare la denuncia e noi siamo stati zitti per non farci vedere e siamo stati scoperti. Dopo una grande discussione hanno detto che il posto è nostro e gli abbiamo applauditi. Lo zio Wainer ci ha detto di andare a dormire in via Oglio e ci hanno portato fuori. Visto che lo zio Wainer e lo zio Luca sono stati gli ultimi che sono rimasti dentro li hanno rinchiuso all'interno del palazzo e dopo un po' anche la zia Laura”. Chiede di fermarsi un po', perché la mano è stanca.
Rahma è una ragazzina sveglia, e in un certo senso piena di ironia. Parla con quella cadenza milanese tipica delle seconde generazioni di stranieri cresciute nelle periferie del capoluogo lombardo. Fino a quando non è la madre a chiamarla per nome, non si capisce che è nata in Egitto. Racconta di aver sentito gli adulti discutere con la polizia, durante le ore tese dello sgombero a Sesto San Giovanni della palazzina Alitalia. Un'operazione che ha visto la mobilitazione imponente di forze dell'ordine, su pressioni del sindaco di Sesto, Roberto di Stefano (Forza Italia), e proprio nei giorni in cui viene pubblicata la nuova circolare sugli sgomberi del Viminale. Quattro pagine firmate dal prefetto Matteo Piantedosi – capo di gabinetto del ministro Salvini – in cui si sancisce una nuova scala di priorità: prima vengono la tutela della proprietà privata e dell'ordine pubblico e solo in seguito valutazioni sulle conseguenze sociali di uno sgombero. “I poliziotti dicevano che anche loro sono papà e hanno dei figli – racconta Rahma – ma io non farei mai un lavoro in cui devi buttare per strada delle persone. Che lavoro è questo?” chiede attonita al gruppetto di adulti che la circonda. “Non è tutto così bianco o nero nella vita” le spiega una signora di Bonola, che è venuta a portare solidarietà e a dare una mano con il trasloco dopo aver conosciuto il Residence sociale un sabato sera di alcuni mesi fa, durante una festa di compleanno organizzata all'interno da un'amica. “Mi piacerebbe di più un mondo tutto in bianco e nero” dice la bambina di 11 anni abbozzando un sorriso beffardo “perché sai, io tifo per la Juventus”. (Francesco Floris)