22 aprile 2016 ore: 11:44
Welfare

Cura della persona e benessere locale: quando il welfare si costruisce dal basso

Dai territori arrivano le innovazioni che progettano nuovi servizi. Terzo bando "Welfare in azione" della Fondazione Cariplo che ha già destinato 19 milioni di euro per 18 progetti. Villa: "Non ci aspettavamo una risposta simile"
Caregiver. Mani che si prendono cura - SITO NUOVO

BOLOGNA - Ricreare una comunità che si è persa. Rispondere in modo nuovo ai bisogni delle persone. Superare le logiche della beneficenza. Trasformare un sistema basato sul consumo di risorse in uno capace di richiamare quelle esistenti e generarne di nuove. È il welfare di comunità nelle parole di alcuni dei protagonisti dei progetti finanziati da Fondazione Cariplo con le prime due edizioni del bando Welfare in azione (la call for ideas della terza edizione del bando si chiude il 28 aprile). “Siamo partiti dall’idea che il nostro sistema di welfare è datato e ha bisogno di essere ripensato, ma dall’alto si può fare poco – spiega Monica Villa, vice direttore Area Servizi alla persona della Fondazione Cariplo –, così ci siamo chiesti ‘perché non accompagnare le spinte innovative che provengono dai territori, facendo lavorare insieme pubblico e privato sociale?’”.

Le risposte non si sono fatte attendere: alle prime 2 call for ideas sono arrivate 115 proposte, ne sono state selezionate 30 (diventate poi 29 nei 4 mesi di accompagnamento perché 2 si sono fuse per vicinanza territoriale), da cui sono stati scelti 18 progetti, finanziati con 19 milioni di euro (i contributi sono triennali). “Sui territori c’è voglia di fare, di rimettersi in discussione, di ripensare un sistema che non risponde più ai bisogni delle persone e delle famiglie e di adeguare le risposte – continua Villa – Soprattutto c’è voglia di ripensare il rapporto tra pubblico e privato sociale, allargando le reti fino a coinvolgere anche il profit”. La partecipazione di enti pubblici e privato sociale è stata ampia e nelle reti sono stati coinvolti anche attori non abituali, oltre alle imprese, anche sindacati e associazioni di imprenditori. “Si sta muovendo tanto e le piste di innovazione sono molte e diversificate”, aggiunge Villa.

Il bando non diceva su quale ‘area’ lavorare, ognuno ha fatto un’analisi territoriale, valutato i problemi e le risposte, individuato gli elementi di non piena rispondenza del sistema ai bisogni e poi ha proposto piste di innovazione sia sui servizi – una maggiore personalizzazione, lasciare l’assistenzialismo per la promozione – che sulla governance, coinvolgendo i diversi attori attivi sul territorio. A Sondrio, ad esempio, con il progetto “Più segni positivi” (tra quelli finanziati nel 2014) ci si è concentrati sulla vulnerabilità di chi si è impoverito ma non accede ai servizi con due piste di lavoro: ‘Il cantiere’ per la riqualificazione professionale in cui persone con bassa professionalità, di età compresa tra i 40 e i 60 anni possono sviluppare le proprie competenze attraverso attività di recupero di terreni agricoli abbandonati o interventi di tipo ambientale in aree marginali vicine ai centri abitati (l’obiettivo del triennio è offrire questa opportunità ad almeno 15 persone e garantire percorsi di riqualificazione professionale ad altre 30) e l’Emporion, un market solidale in cui sugli scaffali non si trovano solo beni materiali ma anche beni relazionali (iniziative, occasioni di scambio e reciprocità tra famiglie in una logica di apertura al territorio) grazie a equipe miste tra pubblico e privato sociale in cui anche operatori e assistenti sociali reinventano il proprio ruolo.“Ci sono già state le prime autocandidature da famiglie con situazioni di impoverimento o difficoltà transitoria, ma sconosciute ai servizi”, dice Villa.

A Lecco il progetto “Living Land” promosso dal Consorzio Consolida si propone di innovare le risposte all’assistenza domiciliare per gli anziani e ai giovani che faticano a entrare nel mondo del lavoro. “Si è scardinata la logica gerarchica per cui l’ente pubblico non eroga le risorse ma decide insieme agli altri soggetti come utilizzarle”. A Milano il progetto “Welfare di tutti” punta a garantire l’accesso al welfare anche ai cittadini delle fasce medie che non possono fare affidamento sulle reti familiari: al centro c’è una piattaforma digitale cittadini dedicata all’offerta di servizi domiciliari e due spazi fisici sul territorio per facilitare l’informazione sui servizi disponibili. Tra le proposte c’è l’idea di attivare il welfare di condominio, un passo avanti rispetto alla badante di condominio in cui è lo stesso condominio a organizzare il servizio. 

Tutti questi progetti hanno in comune non tanto i contenuti, ma la metodologia. “Se i problemi del welfare sono la frammentazione delle competenze, la risposta monetaria invece dell’attivazione del servizio, l’assistenzialismo invece della promozione, la pluralità di risposte che si sovrappongono lasciando scoperte alcune aree, questi progetti ricompongono la lettura del bisogno, escono dalla logica per cui al singolo bisogno si risponde in modo individuale e puntano su servizi innovativi che siano tarati sui problemi – afferma Villa – L’altro aspetto importante è che tutti hanno coinvolto le comunità, che danno risorse, tempo, volontariato, cogestione dei servizi: insomma, tutti fanno people raising e fundraising”.

Per un monitoraggio di tutti i progetti è ancora presto, ma la Fondazione segue il loro sviluppo e il ritorno sui territori. Come? Ad esempio, organizzando le Comunità di pratiche” ovvero spazi di riflessione condivisa in cui i territori impegnati possono confrontarsi tra loro, condividere problemi e soluzioni, individuare buone prassi e modelli di intervento: la prima ha riguardato la comunicazione e il coinvolgimento della comunità, mentre la prossima sarà sulle nuove figure professionali attivate o figure esistenti che si sono reinventate. “Siamo partiti non sapendo la risposta che poi abbiamo avuto, le domande sono state tante e i 4 mesi dell’accompagnamento sono stati di lavoro a ritmo serrato – conclude Villa – C’è da dire poi che anche le piste di innovazione che non sono state finanziate sono andate avanti. Certo il ‘no’ è frustrante dopo che hai lavorato tanto e rischia di abbassare la tensione, ma alcune cose sono cambiate comunque”. (lp) 

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