9 agosto 2016 ore: 11:25
Immigrazione

Da Como a Ventimiglia, quei migranti bloccati nelle "zone grigie dei diritti"

L'analisi del Centro Astalli che esprime preoccupazione per le condizioni di chi si trova bloccato alle frontiere di Francia e Svizzera: "Nell’attesa di riuscire a continuare il viaggio non chiedono asilo e non usufruiscono dei servizi di prima accoglienza"
Ventimiglia migranti su scogliera 2

ROMA - Il Centro Astalli esprime seria preoccupazione per le condizioni dei migranti bloccati alle frontiere di Como e Ventimiglia in attesa di un ipotetico passaggio in Francia e Svizzera. Diversi i profili di preoccupazione e perplessità: "Ancora una volta - sottolinea il presidente padre Camillo Ripamonti - il regolamento Dublino, che impone ai migranti di presentare domanda di asilo nel primo Paese di approdo, si mostra inadatto e insufficiente a gestire gli arrivi in maniera equa e proporzionata tra tutti gli Stati membri. Si corre così il rischio concreto di creare delle zone grigie dei diritti in cui nell’attesa di riuscire a continuare il viaggio i migranti non chiedono asilo e non usufruiscono dei servizi di prima accoglienza, aspettando in condizioni precarie che qualcosa accada". 

"È indispensabileintrodurre un meccanismo completamente diverso di condivisione di responsabilità a livello europeo, che si basi su una distribuzione proporzionale delle richieste di asilo", continua Ripamonti. "È quanto mai urgente creare un sistema comune d’asilo europeo credibile ed efficace. Il concetto di protezione non può essere ridotto al rilascio di un permesso di soggiorno, peraltro di validità territoriale limitata. La procedura deve seguire standard comuni e deve essere comune l’impegno degli stati membri di prospettare soluzioni adeguate per consentire ai rifugiati e alle loro famiglie di vivere nel territorio dell’Unione in dignità e sicurezza, mettendoli in condizione di contribuire attivamente allo sviluppo delle società che li accolgono".  

“Ancora una volta sentiamo parlare di emergenza migranti ma i numeri smentiscono palesemente. 500 persone in un paese come l’Italia con 60 milioni di abitanti non possono rappresentare una minaccia o un’emergenza. Allargando lo sguardo ai confini dell'Europa basta considerare uomini, donne e bambini come merce di scambio. Sono persone a cui vanno riconosciuti dignità e diritti. I rifugiati stanno diventando oggetto di contrattazioni politiche ed economiche che nulla hanno a che vedere con il rispetto delle convenzioni internazionali e delle loro vite”.

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