Dai "campi di raccolta" allo sbarco in Italia: il viaggio di Omar con l'inganno
I minori non accompagnati ospiti nel centro di prima accoglienza dei Salesiani
I minori non accompagnati ospiti nel centro di prima accoglienza dei Salesiani |
Roma - Omar (nome di fantasia) è uno dei 12 mila minori stranieri non accompagnati (chiamati anche misna) arrivati in Italia nel 2015. Omar però non è uno dei 6 mila minori che risultano irreperibili, perché si trova in una struttura di prima accoglienza gestita dai Salesiani per il Sociale (www.salesianiperilsociale.it). Una struttura che ospita i minori sbarcati in Sicilia, soli e senza adulti di riferimento, per un massimo di 190 giorni fornendo loro visite mediche e una prima alfabetizzazione fino a inserirli in strutture appartenenti alla rete salesiana, di seconda accoglienza, o presso famiglie affidatarie. Ed è in questa struttura dei Salesiani per il Sociale, vicino a Palermo, che abbiamo raccolto la storia di Omar e di altri minori appena sbarcati. Storie che racconteremo nelle prossime settimane e che testimoniano l’orrore e le violenze subite.
Omar proviene da una famiglia molto povera: 4 fratelli, 1 femmina e 3 maschi, un padre disoccupato e una madre venditrice di carbone. Una famiglia, la sua, che non può permettersi di mandare i propri figli a scuola. E’ questo scenario di estrema emarginazione che spinge Omar a lasciare casa per intraprendere un viaggio che, da sogno, si trasforma in un incubo. Il tragitto inizia alla stazione degli autobus in Nigeria caricando e scaricando i bagagli dei viaggiatori, dove Omar riesce insieme all’amico con il quale era partito a raccogliere 15.000.000 cedi (moneta ghanese). Ed è qui, nel suo Paese, che il viaggio di Omar avrebbe potuto concludersi impedendo a lui, come a tanti minori stranieri “raggirati”, di arrivare in Italia.
Matteo, che coordina la comunità di prima accoglienza vicino a Palermo, sottolinea infatti come "dai racconti raccolti da quando abbiamo aperto il centro, lo scorso ottobre, emerge un filo conduttore: la presenza di 'campi di raccolta' gestiti da un 'sistema organizzato molto rigido di trafficanti'". Luoghi dove le persone, soprattutto minori stranieri non accompagnati ma non solo, vengono portati spesso anche con la forza o l’inganno, segregati e torturati o costretti a lavorare gratis".
- Un’analisi, quella di Matteo, che trova conferma nelle parole di Omar. “A indurci a venire nel vostro Paese, attraversando il mare, è stato un uomo che parlava l’arabo. Ci ha persuaso perché avrebbe anticipato i soldi del viaggio, fino a Tripoli. E noi l’avremmo ripagato lavorando per lui”. Ed è qui che inizia l’incubo di Omar. Arrivati a Tripoli, come da “accordo”, l’arabo riscuote il proprio credito portando i due ragazzi, poco più che adolescenti, a lavorare come operai nella costruzione di un edificio. Per i ragazzi, inizia un periodo estremamente difficile. Un periodo di 2 mesi dove vengono sfruttati per molte ore al giorno, in condizioni talmente gravose che causeranno la morte di uno di loro. Vengono spesso svegliati nel cuore della notte, per svolgere altre attività come cucinare o pulire per quest’uomo che si comporta come un vero e proprio padrone. Nonostante queste difficoltà i due ragazzi riescono a ripagare il loro debito.
Per proseguire il viaggio fino al nostro Paese, però, servono altri soldi. Continuano così a lavorare per quest'uomo senza scrupoli che li mette in contatto con colui che li porterà sulla spiaggia dove partono i barconi dei trafficanti, muovendosi all’interno di una vera e propria struttura organizzata. La fatica eccessiva e le violenze subite nel periodo passato a Tripoli però hanno lasciato segni indelebili sull’amico di Omar che muore, durante la traversata. Il suo corpo, viene gettato in mare e Omar ,ancora oggi, non è ancor a riuscito a trovare le parole per dirlo ai familiari. (Ilaria M. Nizzo)