Dalla disabilità alle adozioni: i film “sociali” al festival di Venezia
In concorso
In questa categoria, spazio innanzitutto ai diritti delle donne.
“Perfect candidate”, di Haifaa Al Mansour (Arabia), racconta “la figura di una dottoressa saudita che, sfidando il sistema patriarcale, si candida alle elezioni del consiglio municipale con l’obiettivo di riparare la strada che conduce all’ospedale dove lavora – spiega la regista - Attraverso il suo percorso, voglio mostrare una visione ottimista del ruolo che le donne saudite possono ricoprire nella società unitamente al contributo che possono dare nell’atto di forgiare il proprio destino. Voglio incoraggiare le donne saudite a cogliere un’opportunità e a liberarsi dal sistema che ci ha deliberatamente ostacolato così a lungo.
“Gloria mundi”, di Robert Guédiguian (Francia) porta sullo schermo la relazione che si riallaccia tra un ex detenuto appena uscito dal carcere dopo una lunga condanna e la sua famiglia. Un “crudele racconto sociale attraverso la storia di una famiglia ricostituita, fragile come un castello di carte”, spiega il regista.
“Ema”, di Pablo Larraín (Cile), racconta il fallimento di un'adozione e di un rapporto d'amore, attraverso la storia di una giovane ballerina, che decide di separarsi da Gastón dopo aver rinunciato a Polo, il figlio adottato che non sono mai stati in grado di crescere.
Molto atteso il nuovo film di Franco Maresco, “La mafia non è più quella di una volta” (Italia): nel 2017, a 25 anni dalle stragi di Capaci e via D’Amelio, Franco Maresco decide di realizzare un nuovo film. Per farlo, trova impulso in un suo recente lavoro dedicato a Letizia Battaglia, fotografa ottantenne che con i suoi scatti ha raccontato le guerre di mafia. Maresco le affianca una figura proveniente dall’altra parte della barricata: Ciccio Mira, ‘mitico’ organizzatore di feste di piazza, già protagonista nel 2014 di “Belluscone. Una storia siciliana”.
“Babyteeth”, film australiano di Shannon Murphy, parla di amore, adolescenza e malattia. Ma anche di droga, perché Milla di innamora di uno spacciatore. E proprio quest'amore porta alla ragazza, gravemente malata una nuova brama di vita.
Fuori concorso
Tra i film fuori concorso, molto atteso è l'ultimo lavoro di Gabriele Salvatores, “Tutto il mio folle amore” (Italia), ispirato al romanzo di Fulvio Ervas “Se ti abbraccio non aver paura”. E' la storia di un padre, di un figlio, dell'autismo di questo e di un lungo viaggio in moto. Ma è la storia anche di una padre e di un padre adottivo: “Un ragazzo di sedici anni si trascina dietro, per strade deserte, i tre adulti più importanti della sua vita – spiega il regista - E li costringe a fare i conti con se stessi e con l’amore che ognuno di loro è riuscito a conservare dentro di sé. Visto da vicino, nessuno è normale. E si può scoprire che è possibile amare anche chi è diverso da noi, a patto di non aver paura di questa diversità”.
Ai diritti delle donne in ogni parte del mondo è dedicato “Women”, di Anastasia Mikova e Yann Arthus-Bertrand (Francia), un progetto internazionale che dà voce a duemila donne di cinquanta paesi diversi. Un film che getta luce sulle ingiustizie, ma che soprattutto mostra la forza interiore e la capacità delle donne di cambiare il mondo, malgrado le innumerevoli difficoltà che devono affrontare.
Teatro e carcere sono al centro di “45 seconds of laughter”, di Tim Robbins (Usa), che prende spunto dalla lunga esperienza del regista lavorare con “The Actors’ Gang”, con l’obiettivo di mettere a punto un programma riabilitativo nelle prigioni di Stato della California. “Abbiamo chiesto di poter entrare in contatto con le realtà carcerarie più dure e difficili, che ogni classe fosse interrazziale e che le bande rivali si incontrassero nella stessa stanza. All’interno di queste classi abbiamo scoperto cose sorprendenti e di grande umanità, un’esperienza che ha segnato tutti noi, una storia che sentivo di dover raccontare”.
Sconfini e Orizzonti
In queste due sezioni del festival sono quattro i film che affrontano, più o meno direttamente, questioni sociali. “Les épouvantails”, di Nouri Bouzid (Lussmburgo, Tunisia), racconta la storia di Zina e Djo, entrambe ventenni, che fanno ritorno in Tunisia dal fronte siriano, dove sono state sequestrate e stuprate. E del loro incontro con l'avvocato tunisino Nadia e la dottoressa Dora, volontaria di un’associazione umanitaria, che le assistono nel lungo e travagliato processo di ricostruzione.
“Beyond the Beach – The Hell and the Hope”, di Graeme Scott e Buddy Squires (Regno Unito) entra nel quotidiano dei medici e degli infermieri che hanno rinunciato alla loro vita di tutti i giorni per lavorare in luoghi devastati dalla guerra per l’organizzazione non governativa Emergency. “Spesso crediamo di capire le guerre, i conflitti e le traversie dei rifugiati – dichiara Scott - Fare questo film, però, per me ha significato evidenziare l’abisso esistente tra ciò che pensiamo di sapere e la realtà delle esperienze degli altri”.
“Pelikanblut”, di Katrin Gebbe (Germania, Bulgaria) racconta la storia di una complicata adozione: Wiebke vive con la figlia adottiva di nove anni, Nicolina, in un idilliaco allevamento di cavalli. Dopo aver atteso molto tempo, ora ha la possibilità di adottare Raya, bambina di cinque anni, per dare a Nicolina la sorella che ha sempre desiderato. Ma le cose non saranno così semplici: la piccola ha un disturbo dell’attaccamento e dei comportamenti che mettono in serio pericolo se stessa e chi le sta attorno.
La violenza in famiglia è al centro di “Verdict”, di Raymund Ribay Gutierrez (Filippine). “La violenza domestica è la forma di abuso più diffusa nelle Filippine – spiega il regista - Ho voluto fare un film sull’argomento dopo aver incontrato una donna, sottoposta a un controllo medico legale, che aveva lividi su tutto il corpo. Aveva subito violenza dal marito durante un litigio. Seguendo il suo caso, ho poi scoperto che non aveva continuato l’iter giudiziario perché di fatto impraticabile”.
Giornate degli autori
Tra i film selezionati per le Giornate degli autori, c'è “Bor Mi Vanh Chark”, di Mattie Do (Laos, Singapore, Spagna), che racconta la storia un uomo, mai guarito dal dolore di aver perso la madre a causa della tubercolosi, . Di qui il suo bisogno di alleviare la sofferenza dei malati terminali, praticando l'eutanasia a diverse donne.
“Lingua Franca”, di Isabel Sandoval (Usa, Filippine), è la storia di Olivia, un'immigrata filippina senza documenti con il terrore di essere rimpatriata. Lavora come badante per un'anziana ebrea russa a Brighton Beach, Brooklyn. Sfumata la possibilità di sposare un americano per ottenere la carta verde, inizia una relazione con Alex, nipote dell'anziana e dipendente in un mattatoio, il quale però non sa che lei è una transgender. Quando lo scopre, Alex inizia a sfruttare il timore di Olivia di essere espulsa dagli Stati Uniti per ferirla emotivamente.
Da segnalare infine un evento speciale molto atteso, all'interno delle Giornate degli autori: la proiezione in anteprima di “Mio fratello rincorre i dinosauri”, di Stefano Cipani, ispirato all'omonimo libro di Giacomo Mazzariol. E' la storia (vera) del “sibling” Giacomo, fratello di Giovanni, che doveva essere un supereroe e invece ha la sindrome di Down. E' la storia di un rapporto che con gli anni si trasforma: il bambino Giacomo è incuriosito da un fratello “speciale”, mentre l'adolescente sente la necessità di tenerlo nascosto, di negarne l'esistenza. Prima di scoprire quanto sia meglio, invece, entrare nel suo mondo e farsi contaminare. (cl)