Dalla sartoria al catering: così le ex vittime della tratta aiutano le giovanissime
Osas Egbon
- PALERMO - Le donne dell'associazione di volontariato "Donne di Benin City Palermo" si sperimentano puntando questa volta al settore del catering con l'aiuto dell'organizzazione umanitaria Help Refugees con cui è nata una collaborazione all'inizio di quest'anno. Alcune di loro sono ex vittime della tratta che, nel 2015 dopo avere completato il loro percorso di fuoriuscita dalla schiavitù, hanno deciso di fondare un'associazione che potesse aiutare altre giovanissime ragazze attraverso un gruppo di auto-mutuo-aiuto. L'associazione di Palermo lavora in rete nazionale con "La ragazza di Benin City " di Isoke Aikpitanyi. Da gennaio di quest'anno ad oggi, 8 sono state le minorenni aiutate che oggi si trovano in alcune case di accoglienza. "Per aiutare queste ragazze - spiega Osas la presidente dell'associazione - abbiamo bisogno di essere aiutate a nostra volta. Occorre quindi avere le condizioni economiche soprattutto che ci permettano di supportare queste nostre sorelle. Da quando siamo nate come gruppo ci siamo sperimentate in molte piccole attività di autofinanziamento come le produzioni di sartoria, le fiere solidali. Adesso stiamo provando un'altra strada che ci piace molto che è quella della cucina tradizionale".
L'associazione antitratta punta sulla promozione di iniziative, anche in collaborazione con il privato sociale, per fare conoscere la cucina tradizionale nigeriana organizzando momenti di interazione interculturale. Si tratta di una prima fase di un progetto di empowerment che vuole consolidare il gruppo di lavoro nel settore del catering. La prima serata con musica, cibo e danze etniche si è svolta, nei giorni scorsi, nel cuore del quartiere Ballarò all'interno del locale Moltivolti.
Osas Egbon |
Osas, 36 anni, sposata con due bimbi di 3 e 4 anni, nel 2004 è uscita dal giro della tratta grazie al progetto Maddalena. Da quel momento per alcuni anni ha lavorato come domestica. Poi nel 2011 si è avvicinata all'associazione il Pellegrino della terra lavorando nel centro di ascolto per le vittime della tratta. "Ho capito che fosse davvero importante potere da nigeriana - racconta - aiutare altre ragazze che rischiano di morire in strada sfruttate. Ho parlato anche con alcune famiglie di queste ragazze in Nigeria facendo capire loro di non avere paura per le loro figlie perché alcune erano state liberate. La situazione non è sempre uguale perché ci sono famiglie che vendono le loro figlie per povertà sperando di fare avere un futuro diverso. Come mediatrice di alcune comunità cerco di fare il possibile". "Non ho paura perché ho deciso di metterci la faccia in quello che faccio - dice -. Le ragazze che decidono di collaborare sanno che entrano in un giro di realtà buone. E' più facile aiutare le minorenni perché poi vengono subito inserite delle comunità mentre le donne più grandi hanno maggiore difficoltà perché avrebbero bisogno di un lavoro che le aiutasse a vivere in maniera diversa. Da poco ho completato pure il corso per diventare tutrice volontaria. Il problema da affrontare è quello di evitare a tutti i costi che le giovani scappino dai centri di accoglienza. Se percepiscono di essere aiutate non lo fanno ma purtroppo non è sempre così". Da poco l'associazione ha attivato uno sportello di ascolto per le donne nelle sede del Montervegini.
"Il nostro desiderio è quello di andare avanti nei progetti di autonomia come questo della cucina - dice - perché solo così possiamo aiutare ed aiutarci. Poi grazie a Codifas abbiamo un terreno dove coltiviamo spezie e prodotti che ci occorrono ma il nostro desiderio sarebbe quello di riuscire un giorno ad aprire un piccolo spazio di ristorazione. Sappiamo che è difficilissimo ma ci speriamo tanto".
"L'associazione - spiega Tindara Ignazzitto socia italiana che da anni è vicino e segue il percorso di inclusione sociale di alcune ragazze - ha permesso intanto a queste donne di uscire dalla loro invisibilità. Oltre a coltivare un orto urbano donato da Codifas l'intenzione adesso è anche quella di iniziare a promuovere iniziative dove proporre piatti tipici tradizionali: un tentativo per riuscire ad avere una piccola autonomia che permetta di essere anche di maggiore aiuto nei confronti di chi si vuole uscire dalla tratta. Help Refugees ha sostenuto attrezzi e acquisto delle sementi per la coltivazione dell'orto e continuerà ad affiancare con un piccolo contributo anche il gruppo di donne per il progetto di catering accompagnandole per l'avvio delle autorizzazioni che servono per iniziare"-
"Occorre inoltre che la cittadinanza mostri sempre più sensibilità nei confronti di queste donne che hanno bisogno del sostegno di tutti per andare avanti. Un maggiore impegno ci aspettiamo pure dalle istituzioni che non hanno ancora dato le risposte che aspettiamo. Le istituzioni devono permettere all'associazione di essere riconosciuta come un'interlocutrice significativa. Nonostante le difficoltà anche materiali queste donne hanno lo stesso la forza di migliorarsi e di crescere sia in termini di competenze professionali che di integrazione sempre in vista dell'obiettivo alto di aiutare chi si trova nel tunnel della tratta ". (set)