Dalla Toscana alla Siria, passando per i Balcani: la rotta dei combattenti islamici
Immagine dell’arresto di Bilal Bosic nel settembre scorso da parte della Sipa
MILANO - La via che porta a combattere in Siria per lo Stato islamico passa per la Toscana, i Balcani e in particolare dall'Albania. È quanto mettono in luce le indagini compiute dalla Digos e dalla Procura della Repubblica di Milano, che hanno portato all'arresto di quattro cittadini italiani, cinque albanesi e un cittadino canadese (una cittadina canadese di origini siriane), accusati di associazione con finalità di terrorismo e organizzazione di trasferimenti per finalità di terrorismo. Si tratta di due famiglie, una italiane e una albanese, che si sono imparentate con il matrimonio Fatima Maria Giulia Sergio e Aldo Kobuzi. I due giovani sono da mesi in Siria. Ed è la famiglia Kobuzi, originaria dell'Albania e residente nel grossetano, il legame con l'integralismo balcanico.
Settembre 2014, l’arresto di Bilal Bosic |
"Soprattutto in Toscana si è costituito da anni un network di integralisti -spiega Giovanni Giacalone, islamologo ed esperto della situazione Balcanica per l'Ispi -. Ci sono infatti due centri religiosi a Grosseto e a Monteroni D'Arbia che ospitano o hanno ospitato periodicamente imam bosniaci integralisti che hanno ospitato imam radicali provenienti dai Balcani come Shefqet Krasniqi, Bilal Bosnic e Idris Bilibani. Al network partecipano poche persone, sono una minoranza, ma ha legami internazionali".
Nei Balcani l'islam radicale è arrivato con la guerra degli anni '90, con migliaia di mujaheddin arrivati per combattere a fianco dell'esercito bosniaco. "Finita la guerra molti sono rimasti, si sono costruiti una vita lì e hanno creato delle vere e proprie enclaves salafite - aggiunge Giovanni Giacalone -. Nel nord ovest della Macedonia ci sono villaggi in cui le persone sono pagate per farsi crescere la barba e andare nelle moschee più estremiste. Sono soldi che arrivano dal Medio Oriente". (dp)