26 maggio 2015 ore: 12:22
Immigrazione

Dalle baracche al caos, l’odissea dei migranti di Ponte Mammolo

Viaggio nel Baobab di via Cupa a Roma dove sono ammassati molti degli sgomberati. Nel centro 600 persone in media, tra chi ci dorme e chi ci resta solo di giorno. Bagni al limite della decenza e pasti ridotti: niente pranzo, si fa solo colazione e cena. Il Comune: “E’ una soluzione temporanea”
Rs/Maria Gabriella Lanza Ponte mammolo 6
Le baracche di Ponte Mammolo
Ponte mammolo 6

ROMA – C’è chi mangia in piedi, chi si accovaccia vicino ad alcuni wc rotti e ammassati in un angolo, e chi, nonostante la sporcizia, si siede per terra. Altri, ancora in fila per un piatto di pasta al pomodoro, gridano :“Hungry, we are hungry!”. E’ l’ora del pasto al centro Baobab, di via Cupa, una traversa della Tiburtina, non distante dalla stazione degli autobus, da cui arrivano a Roma molti dei migranti che sbarcano in Sicilia e transitano per la capitale, prima di continuare il viaggio verso Nord.

Il Baobab è un centro culturale,che ha al suo interno anche un ristorante di cucina africana. Nel 2014 salì agli onori delle cronache perché proprio qui fu scattata la famosa foto che ritraeva insieme Salvatore Buzzi, il principale indagato nell’inchiesta Mafia Capitale, l’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno e l’ex presidente di Legacoop, oggi ministro del Welfare, Giuliano Poletti. Nel tempo la struttura si è trasformata in un centro per l’accoglienza straordinaria dei migranti. 

L'interno del centro Baobab di via Cupa
Il centro Baobab di via Cupa

In questi giorni al Baobab ci sono dai cinquecento ai settecento migranti al giorno, nella stragrande maggioranza eritrei ed etiopi. Alcuni arrivano solo nelle ore dei pasti, altri si fermano anche a dormire. In tanti vengono da Ponte Mammolo. Si sono riversati qui dopo lo sgombero, due settimane fa, del borghetto di via delle Messi d’Oro, conosciuto anche come Comunità della pace. Altri sono arrivati quando si è saputo che lì c’era un posto dove dormire. Ma nel giro di pochissimo la situazione è diventata esplosiva. Il centro ha in tutto 194 posti letto, ma normalmente ospita circa il triplo delle persone: non solo transitanti ma anche rifugiati, e tanti di coloro che vivevano in maniera stanziale nel campo appena sgomberato.

- “I servizi igienici sono al limite della decenza”. Ci sono 12 docce per le donne e 15 per gli uomini, una ogni 30 persone circa. Il risultato è che i bagno sono perennemente allagati. Come conferma Josè, che qui è venuto a stare subito dopo che la sua casa è andata distrutta, l’11 maggio scorso. “Sono rimasto al Baobab una settimana, di più non ho resistito. Per fortuna mia moglie e mia figlia hanno trovato una sistemazione da alcuni amici – afferma – perché quello non era un posto adatto a loro. Che cos’è il Baobab non si può descrivere. In un carcere si sta meglio. I bagni sono uno schifo. La gente sta ammassata dappertutto”. La maggiora parte delle persone ospitate sono uomini, ma ci sono anche donne e bambini. L’ala femminile è piena ma meno affollata di quella maschile. Nel corridoio una mamma cerca di far addormentare su una panchina il suo bambino di pochi mesi. Un’altra ha appena messo a dormire i suoi quattro figli in uno dei letti a castello della camera che condivide con altre persone. E ci sono anche alcune ragazze incinte. Le camere sono da quattro, ma normalmente in quelle femminili ci dormono in sei o sette. Decisamente peggiore è la situazione delle stanze per gli uomini. Molti dormono per terra, nei corridoi, altri si sistemano nel piazzale di fronte l’ingresso. Nelle camere, spiegano, non si riesce a stare, manca l’aria.

Anche i pasti sono stati ridotti. Nella cucina, stipati in un angolo ci sono gli scatoloni con il cibo. Provengono dalle raccolte alimentari delle associazioni. Latte, pasta, pelati e tonno. File fino al soffitto di cibo. Eppure non basta. La cuoca che ha appena cucinato seicento coperti, sbuffa e dice che non si può andare avanti così. Negli ultimi giorni i pasti sono stati ridotti: si fa solo la colazione e la cena, il pranzo non viene più servito. Di conseguenza, nei giorni scorsi alcuni degli ospitati al Baobab sono andati a mangiare a Ponte Mammolo, nella tendopoli dove si sono sistemati gli altri sgomberati che non hanno voluto trasferirsi nel centro. “E’ paradossale – spiega Fabiola Zanetti dell’associazione Prime Italia – ma è successo spesso che alcuni venissero al piazzale davanti la stazione a cercare cibo. Ci dicevano che lì c’era poco da mangiare”.

Uno scorcio del cortile del centro Baobab

Moltissimi sono i transitanti presenti nella struttura, per la sua posizione strategica a metà strada tra la stazione Tiburtina, da cui si arriva a Roma con il pullman dalla Sicilia, e la stazione Termini, in cui si può prendere un treno che porti verso il nord. Dopo il pasto serale, in tanti chiudono lo zaino e si dirigono verso la stazione. Sono tutti giovanissimi, dai venti ai trent’anni. Alcuni si avviano a piedi, altri vengono accompagnati dal factotum del centro, un signore eritreo. Il treno per Bolzano parte alle 22,24, dicono genericamente che stanno andando al nord, qualcuno aggiunge “Germany”. Si sistemano tutti nei primi vagoni del treno, finalmente dentro guardano e salutano fuori sorridendo. Ai piedi della banchina, due poliziotti in divisa, assistono alla scena.

Il Comune: “E’ una soluzione temporanea”. L’assessorato alle politiche sociali del Comune di Roma, fa saper che il Baobab è un centro di accoglienza che si è messo a disposizione “volontariamente” e che svolge l’attività in maniera “gratuita”. Il Comune si occupa dei pasti e dei servizi di assistenza sanitaria, che sono regolati da un protocollo d’intesa. “In questo momento, ogni soluzione, incluso il Baobab è per definizione temporanea – spiega in una nota l’assessora Francesca Danese – il primo step di un percorso che mira a conferire, finalmente, integrazione e piena autonomia a persone che, è bene ricordare, non sono criminali, bensì donne e uomini con uno status preciso e una sofferenza atroce alle spalle.” (ec)

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