Decreto accoglienza. Asgi e Arci: "Delusi dal mancato dialogo con il governo"
ROMA - C’è delusione tra le associazioni del tavolo asilo dopo essere state messe di fronte ad uno schema di decreto legislativo che recepisce le direttive europee sull’accoglienza e sulle procedure per il riconoscimento della protezione internazionale. Dopo la notizia del decreto approvato in Consiglio dei ministri e commentata con una nota congiunta, gli interrogativi sul mancato dialogo restano ancora senza risposta. “Il governo – spiega Filippo Miraglia, responsabile immigrazione Arci -, nel recepire le due direttive non ci ha minimamente consultato. Abbiamo chiesto noi di essere consultati e il sottosegretario all’Interno, Domenico Manzione, ci ha ricevuti e abbiamo fatto le nostre osservazioni. Non ci hanno risposto e alla fine Manzione ci ha dato la versione finale del testo”.
Una brutta sorpresa, spiega Gianfranco Schiavone, dell’Asgi, l’associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione, dopo un confronto “interessante” a cui le associazioni hanno partecipato con impegno. “Abbiamo presentato proposte di modifica o integrazione a bozze informali che ci erano state sottoposte – spiega Schiavone -, ma in un’ottica assolutamente costruttiva. Sono state mandate proposte che non avevano lo scopo di stravolgere l’impianto iniziale, ma di migliorarlo. Non ci aspettavamo un completo accoglimento, ma innanzitutto una risposta, positiva o negativa”. Dal Viminale, però, nessuna risposta fino al giorno un cui al Tavolo asilo, composto da Acli, Arci, Asgi, Caritas italiana, Federazione Chiese Evangeliche in Italia, Centro Astalli, Comunità di S. Egidio, Consiglio Italiano per i Rifugiati, Casa dei diritti sociali, Save the children, non è stato proposto il testo approdato al Consiglio dei ministri. “Tutto si è perso in un autentico porto delle nebbie – spiega Schiavone -. Per via informale, oggi sappiamo che i testi non sono stati modificati o solo in maniera minima. Ci si chiede perché, visto che su molte cose abbiamo proposto misure di buon senso. Abbiamo avuto come la percezione che la macchina si fosse chiusa su se stessa”.
Per Schiavone, però, non tutto è perduto. Al testo serviranno altri passaggi, su cui il Tavolo asilo promette di fare pressione. “Quello presentato è uno schema di decreto – spiega -. Il governo deve andare in conferenza unificata e assumere il parere delle commissioni competenti di Camera e Senato. Ci sono dei pareri che devono essere tenuti in considerazione, come quelli degli enti ad oggi non adeguatamente utilizzati. Lo spazio di modifica c’è ed è anche molto ampio. Noi riproporremo al governo e alle commissioni parlamentari le nostre proposte”.
Tuttavia, nonostante non manchi un margine di intervento, ad oggi predomina la delusione. “Sì, c’è – afferma senza mezzi termini Schiavone -. Da parte nostra c’è stato un lavoro molto meticoloso che meritava un trattamento diverso. Nel momento in cui il governo si trova di fronte a interlocutori competenti e unificati, quando queste proposte sono sicuramente non in rotta di collisione col governo, la domanda è: che concezione c’è del confronto? Esiste o no?”. Stesso sentimento per Miraglia, che spiega: “Ci è sembrato ancora una volta un modo per segnare il fatto che per questo governo le organizzazioni sociali sono solo un fastidio”.
Oltre alla delusione, però, c’è anche forte preoccupazione sul futuro dell’accoglienza in Italia. Un sistema che non riesce ancora a scrollarsi di dosso l’etichetta “emergenza”. Per Miraglia, infatti, “la vicenda continua ad essere gestita in maniera del tutto emergenziale – spiega -, senza porsi l’obiettivo di chiudere la stagione dell’emergenza e iniziare a fare una programmazione. Se non smetti di reclutare albergatori e privati che non hanno nessuna competenza, non ne uscirai mai. In questo momento si sta continuando a chiedere ai privati di mettere a disposizione posti letto perché ne hanno bisogno e mettono queste persone che arrivano dove capita”. Preoccupano anche i cosiddetti “hub” o centri di smistamento. “La nostra più grande preoccupazione - spiega Schiavone - è che il sistema, articolato tra hub e sistema di accoglienza territoriale, sia una previsione che rischi di naufragare. C’è il rischio che con gli hub si ripropongano di fatto le stesse modalità dei Cara. Si ripropone, quindi, ciò che si dice di voler abrogare. Noi avevamo chiesto che venisse distinta la funzione di centro di primo ingresso dall’accoglienza vera e propria e che l’incardinamento delle domande d’asilo avvenisse sui territori e in nessun caso negli hub, altrimenti c’è solo un cambio di etichetta truffaldino”.
Torna l’incubo dei Cie. C’è poi la questione dei tempi d’accoglienza nei Cie che nel decreto rischia, secondo Schiavone, di avere profili incostituzionali. “Bisognerà vedere il testo finale – chiarisce Schiavone -. L’allungamento dei tempi, però, prevede un trattamento dei richiedenti asilo peggiore rispetto agli altri stranieri in generale. Questo solleva problematiche di legittimità costituzionale”. Per Schiavone, infatti, è “paradossale che mentre la legge prevede il trattenimento fino ad un massimo di 90 giorni nei Cie, per una particolare categoria di stranieri si preveda un trattamento enormemente maggiore. C’è una chiara incongruenza giuridica. Si parla di portare i tempi fino a 12 mesi”. In realtà le richieste del tavolo andavano nella direzione opposta, nell’alleggerire il sistema. “Neanche immaginavamo che i tempi potessero essere superiori degli stranieri in generale e non si poteva immaginare l’ipotesi che fossero trattenuti anche i richiedenti asilo che hanno avuto un diniego, hanno presentato ricorso e che hanno ottenuto una sospensiva. Anche il testo è linguisticamente assurdo perché parla di prosecuzione del trattenimento dello straniero autorizzato a soggiornare. Non serve essere particolarmente raffinati per notare una clamorosa incongruenza”.
Infine la delusione per quanto riguarda le commissioni esaminatrici delle richiede d’asilo. Secondo Schiavone, nel testo “non ci sono né misure di carattere minimo, né sostanziale, quando invece il governo ha ben presente il problema, cioè quello della conformità dell’attuale normativa alla direttiva europea laddove parla di possesso dei necessari requisiti di competenza da parte degli organi incaricati”.
Sulla promessa del presidente del Consiglio, Matteo Renzi, di voler recuperare delle salme delle vittime del naufragio del 19 aprile costato la vita a circa 800 migranti, è Miraglia a commentare. “Bisogna riconsegnare alle famiglie una notizia certa sulla loro morte – spiega -. Alle persone che sono rimaste vive bisogna dare la possibilità di avere un tomba con un nome su cui poter piangere o pregare. A noi sembra incredibile che il governo italiano possa prendere in considerazione l’ipotesi che questi corpi possano essere lasciati a marcire in mezzo al mare. Bisogna fare tutto il possibile per restituire alle famiglie la notizia certa della morte di queste persone. Si tratta di persone a cui va data la possibilità di essere seppelliti come tutti gli altri”.(ga)