Decreto Salvini, “sotto la parola sicurezza politiche che aumentano l'irregolarità”
MODENA - “Occorrerebbe prendere atto della realtà, il nostro è un Paese composito, come tutti i Paesi europei. Bisognerebbe favorire i processi di integrazione, non ostacolarli”. Così Giovanni De Robertis, direttore generale della Fondazione Migrantes a pochi giorni dall'inizio del Festival della Migrazione. “Umani 100%” è lo slogan della terza edizione, a Modena dal 9 all'11 novembre. “Restituire al migrante la dignità di essere umano, senza la quale nessuna delle sfide che ci attendono potrà trovare una giusta soluzione”, spiega il manifesto dell'iniziativa promossa da Fondazione Migrantes della Cei, Porta aperta, IntegriAmo, Centro di ricerca interdipartimentale su discriminazioni e vulnerabilità Unimore. Il direttore della Fondazione descrive uno scenario di luci e ombre: “Le luci sono nella realtà, anche se non si vogliono vedere spesso, quella di un Paese composto di 60 milioni di abitanti di cui oltre 5 milioni non sono nati qui ma fanno parte del nostro popolo. Pensiamo alla squadra di volley femminile, un'immagine che rappresenta bene l'Italia di oggi”.
De Robertis mette fra le ombre sia gli episodi di discriminazione che l'inasprimento delle leggi per cercare di penalizzare la presenza dei migranti, che pure lavorano, studiano e hanno scelto di vivere in Italia. Come potranno le luci avere la meglio sulle ombre in un contesto in cui alcuni enti locali impongono documentazioni aggiuntive ai cittadini stranieri che richiedono servizi pubblici, il governo ha bloccato il servizio civile per richiedenti asilo e titolari di protezione internazionale, il sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar) è destinato a essere smantellato, anche se a Torino e Bologna i consigli comunali hanno chiesto di sospendere il decreto Salvini per salvare un sistema di accoglienza ritenuto efficace? “Il paradosso è che sotto la parola sicurezza si mettono in atto politiche che invece non la alimentano, ma fanno aumentare le persone in situazione di irregolarità, esponendole a tanti soprusi e a diventare facile preda di delinquenza e camorra. Tutto questo invece di mettere in atto politiche di integrazione”, risponde il direttore di Migrantes, col rischio concreto di perdere “l'unica buona accoglienza che abbiamo nel nostro Paese, fatta nei piccoli centri, gestita dai comuni che hanno in organico il personale in grado di controllarla e mantenere invece i richiedenti asilo nei grandi Cara, negli hotspot, nei Cas, alimentando la cattiva accoglienza, fatta di persone lasciate in una sorta di limbo senza che siano messi in atto processi di apprendimento della lingua, di una professione...”.
“Anche la cancellazione della protezione umanitaria avrà come conseguenza l'aumento dell'irregolarità e non, come si dice, dei clandestini, perché i migranti non arrivano di nascosto, siamo noi che non prevediamo la possibilità di entrare regolarmente e ottenere un titolo di soggiorno – rincara De Robertis -. Eppure, lo vedo nella mia città, Bari, tanti vorrebbero, per esempio, assumere una badante, ma non ci sono persone in regola, e questo va a discapito dello Stato che non riceverà contributi e di queste persone che rimarranno vulnerabili, lavoreranno al nero e non saranno tutelate. Da anni manca un decreto flussi, tanti migranti che sono regolari lo sono diventati per effetto di 7 sanatorie che si sono succedute, dimostrazione che le leggi attuali non sono adeguate alla realtà che ci troviamo a vivere”.
Anziché la soluzione dei problemi concreti, il vero obiettivo del governo e di alcune amministrazioni locali sembra essere l'elettorato. “Penso a episodi come quello della mensa di Lodi, non sono misure che aiutano la convivenza, sono prese più per fomentare o accontentare gli umori di una certa fascia di elettorato”, chiarisce De Robertis, e aggiunge: “Episodi di violenza e illegalità sono quasi sempre a opera di stranieri irregolari, di chi non ha niente da perdere o è già preda della criminalità. L'interesse del Paese sarebbe avere una presenza alla luce del sole, come abbiamo chiesto un anno fa con la raccolta firme 'Ero straniero' per la regolarizzazione”. Invece “le questioni migratorie diventano ostaggio di questioni partitiche, quasi che si tratti della vittoria di uno schieramento o di un altro. Ma il nostro Paese può essere vincente solo se concorreranno alla sua costruzione tutte le persone che la abitano, non se se ne esclude una parte”. Il riferimento è alla mancata legge sullo ius soli, che continua a lasciare fuori dalla cittadinanza italiana centinaia di migliaia di minori nati in Italia da genitori immigrati.
Il Festival della migrazione punta a superare i luoghi comuni sull'immigrazione e mettere al centro l'integrazione. Ma sarà possibile farlo, in un momento in cui anche salvare in mare i migranti è diventato sempre più difficile e dall'inizio dell'anno sono duemila le persone morte nel Mediterraneo? “Salvare i naufraghi è solo il primo anello di una serie di azioni necessarie, come ha detto il Papa: proteggere, promuovere, integrare. L'ostilità cresciuta nel nostro Paese è causata anche dalla cattiva accoglienza: una volta a terra, spesso le persone sono abbandonate e se stesse, e colpiscono più le mille davanti alle stazioni senza nulla da fare che le 99 mila che lavorano, fanno famiglia, contribuiscono al bene del Paese. Per questo abbiamo voluto insistere sull'inclusione, sulle necessarie politiche di inclusione, sull'accoglienza a piccoli numeri del sistema Sprar, ampiamente condivisa: era quella la direzione da seguire, è lì che avviene l'incontro personale, quello che può essere arricchente non solo per gli stranieri ma anche per l'Italia, per quei tanti pezzi abbandonati di cui bisogna riprendersi cura, come è avvenuto a Riace, dove ci si è fermati invece su qualche irregolarità”.
“La vera emergenza è la fuga dall'Italia, sia dei giovani italiani che degli stranieri, che in gran parte riprendono da qui la loro emigrazione”, conclude De Robertis. “Il Festival sarà un'occasione per riflettere ma sarà anche una festa, sedersi a tavola insieme aiuta a guardare queste persone non come un problema, una povertà, ma come un arricchimento nella storia, nella cultura”. (Benedetta Aledda)