Demenza: "sdoganata, ma oggi ognuno corre da solo"
ROMA – La disperazione si mostra e si dibatte, ma non si risolve: “la demenza è stata sdoganata, ma il salto di qualità si è di nuovo allontanato”. La denuncia arriva dalla presidente dell'Aima (associazione italiana Malattia Alzheimer) Patrizia Spadin, in occasione della 24a Giornata mondiale Alzheimer che si celebra domani. “Ogni anno ho colto l’occasione della celebrazione per riflettere su qualche tema, per lanciare parole d’ordine, per sottolineare qualche aspetto emerso durante l’anno. Intravedo un percorso, in quanto fatto e detto, un faticoso percorso che avrebbe dovuto condurre il dolente popolo dell’Alzheimer verso una vita se non migliore, almeno più dignitosa, con più diritti e meno sofferenze – riflette - . Abbiamo sensibilizzato, fatto conoscere, raccontato, spiegato, analizzato, promosso, chiesto, pregato e litigato, rivolgendoci sempre in contemporanea a malati e familiari per farli sentire meno soli e ai decisori, politici e amministratori, veri interlocutori da sollecitare. E qualcosa infatti è successo: più competenza diffusa, qualche rete qua e là, alcune regioni virtuose, qualche piccolo passo legislativo, una sensibilità maggiore e la capacità di riconoscere il problema anche se non di affrontarlo nella sua complessità”.
In sintesi, si può dire che “la demenza è stata sdoganata. E si assiste ad un’urgenza quasi opposta a trent’anni fa. Oggi urge parlarne, raccontare, esporsi, affermare la propria sofferenza quasi in sostituzione dell’identità perduta del proprio caro malato; oggi urge essere protagonisti della propria storia, ma soprattutto di quella degli altri. Libri, film, foto, associazioni, servizi, laboratori, corsi, manifestazioni, maestri, diete, nuove tecniche di cura, di sostegno, di intervento, nuovi vocaboli vengono coniati per evidenziare la complessità della riflessione e vecchi pomposi vocaboli vengono riesumati e riadattati al problema. Ognuno ritiene di aver qualcosa di indispensabile da dire o da fare intorno, per o contro la demenza se appena ne viene a contatto”.
Da un lato, tutto questo è certamente positivo: “ognuno, colpito dal dolore che la malattia porta con sé, mette a disposizione il suo piccolo o grande contributo per portare sollievo e fare un passo in più verso la fine del tunnel”. Ma la domanda è: “a chi giova? I mille rivoli in cui si sta dividendo il dibattito sulla demenza – continua Spadin - le centinaia di racconti disperati che ci raggiungono dagli schermi di tv, cinema e computer, tutti unici e diversi e tutti terribilmente uguali, i milioni di parole che ci assaltano da giornali e libri, con il loro carico di violenta disperazione e aggressività drammatica, mi pare non portino a grandi passi avanti. Siamo tornati alla fase descrittiva: quanto soffrono malati e familiari! Ma il salto di qualità si è di nuovo allontanato: cosa serve alle famiglie? Non basta la generica affermazione che sono soli e abbandonati e che lo stato non ci pensa. Serve una battaglia politica seria e condivisa per raggiungere dei risultati concreti. Ma ciascuno degli attuali protagonisti corre da solo”.