Per la magistrata, intervenuta alla presentazione dell’Atlante dei femminicidi in Italia, nel nostro Paese non esiste la prospettiva di genere. “Ma così il punto di vista soggettivo dei singoli diventa fondamentale”
BOLOGNA – “In Italia la società civile, la formazione della magistratura, le scuole, gli ospedali non hanno una prospettiva di genere nell’affrontare il fenomeno della violenza sulle donne. In Messico, dove ci sono ben 11 femminici al giorno, questa prospettiva esiste per legge”. Il commento arriva da Paola Di Nicola, magistrata di Cassazione, consulente della Commissione d’inchiesta sul femminicidio del Senato, intervenuta oggi alla presentazione dell’Atlante dei femminicidi in Italia, una mappatura online dei casi di cronaca apparsi sulla stampa nel 2021, finanziata della Regione Emilia-Romagna, cofinanziata dal Comune di Bologna e realizzata dallo Studio Atlantis sui dati raccolti dalla Casa delle donne per non subire violenza di Bologna.
“Nel nostro Paese non esiste una norma che definisca cos’è la violenza contro le donne. L’unico riferimento femminile nel codice penale sono i reati contro la donna incinta. Altro esempio: la violenza domestica, nel nostro codice civile, è ancora definita col verbo ‘maltrattare’, senza però specificare il tipo di maltrattamento. Quindi il punto di vista soggettivo del singolo poliziotto o del singolo giudice diventa di fondamentale importanza. Ma questo è un sentimento”, non la regola che dovrebbe essere alla base di ogni decisione. “Pochi giorni fa ho consultato, sul sito del ministero dell’Interno, l’analisi circa il movente dei femminicidi nel primo semestre 2020-2021. Ebbene, il primo è per ‘lite o futili motivi’, il secondo è per ‘follia’, il terzo è ‘passionale’, il quarto ‘altro’. Sono state utilizzate proprio quelle parole che gli organismi internazionali vietano per descrivere questo fenomeno criminale, perché lo minimizzano e lo banalizzano. Siamo in un Paese in cui le regole sono ancora fatte da uomini”. (mt)