6 giugno 2013 ore: 16:33
Società

Disabili: assistente sessuale, "un'aspirina quando hai mal di testa''

Matteo Schianchi: “La sessualità non può essere scissa dalla vita di relazione”. In Italia resta il problema del riconoscimento giuridico e di ampliare l’attenzione a donne, omosessuali e disabilità mentali. Se ne parla al convegno “Anche io so amare”
Convegnio Sessualità
ROMA – L’assistenza sessuale alle persone disabili? “In Italia ha due problemi: il primo è il riconoscimento giuridico, il secondo è allargare il discorso anche alle donne, alle persone omosessuali e alle disabilità mentali”. Lo ha rilevato Matteo Schianchi, ricercatore storico, al convegno “Anche io so amare. La sessualità delle persone con disabilità fisica”, promosso oggi pomeriggio dal Centro servizio volontariato (Cesv) di Roma e del Lazio e da Aisa Lazio presso il Centro Congressi Cavour. Secondo Schianchi, dunque, “la sessualità non può essere scissa dalla vita di relazione. L’assistente sessuale è come prendere un’aspirina quando hai mal di testa. Bisogna tener conto che la dimensione sessuale in quanto dimensione sociale è molto più composita e articolata”. Quindi l’assistente sessuale può prendersi cura, per così dire, del “sintomo”, cioè del bisogno sessuale, ma non è la “cura” complessiva, un modo risolutivo per affrontare la questione relazionale insita nelle pulsioni fisiche.

Per la psicologa e psicoterapeuta Maria Grazia Castrogiovanni, “il corpo è come la nostra casa. Spesso i genitori sono iperprotettivi, considerando il figlio come un eterno bambino che non cresce e che non ha bisogni sessuali. Cosa può succedere quando non viene riconosciuta questa esigenza di scambio di rapporti affettivi, questo aspetto sessuale? Si possono palesare atteggiamenti di difesa, aggressività verso gli altri, masturbazione compulsiva, esibizionismo”. Senza generalizzare queste situazioni, tuttavia l’iperprotettività dei genitori nei confronti dei figli con disabilità può risultare negativa, ha sottolineato la psicologa.
In ogni caso, “è poco considerato l’impatto che una disabilità motoria, spesso importante, comporta sulla sfera della vita di relazione, sulla vita di coppia, la procreazione consapevole e la genitorialità”, ha rilevato Carlo Casali, neurologo e docente al Dipartimento di scienze e biotecnologie medico-chirurgiche all’Università di Roma “La Sapienza”. Secondo il professore, “a fronte degli indubbi progressi nella conoscenza di queste malattie, degli spettacolari progressi della biologia molecolare e della neuro genetica, appare ancora insufficiente la consapevolezza degli operatori sanitari dell’importanza di un’assistenza globale dei pazienti che non si limiti alla diagnosi, spesso sofisticata e a tratti esoterica, ma che concretamente offra un livello di qualità della vita consono alla dignità della persona con disabilità motoria”. (lab)
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