Disabili rifiutati dai centri diurni, Improta: "Raccogliamo segnalazioni"
ROMA - “Ad oggi, grazie all'attivismo e alla mobilitazione delle famiglie, abbiamo trovato soluzioni di emergenza per tre casi ma non c'è una presa in carico della cabina di regia della Regione e del commissario ad acta”. Lo afferma Elena Improta, consigliera del secondo municipio di Roma e madre di un ragazzo con grave disabilità, un mese e mezzo dopo lo sciopero della fame iniziato davanti ai cancelli della Pisana, che ha portato all'attenzione pubblica il dramma delle persone ad alto carico assistenziale rifiutate dai centri diurni di Roma.
Dopo la protesta di Improta, il 12 ottobre la cabina di regia del servizio sanitario regionale del Lazio ha convocato il forum Ex articolo 26, ovvero il comitato che raggruppa le famiglie delle persone con disabilità che frequentano i centri diurni, per trovare una soluzione al problema. Tuttavia, segnala Improta, “ancora non è stata portata all'attenzione dei genitori una proposta modifica decreto regionale che permette ai centri diurni di rifiutare i disabili gravi“. Ad oggi sono state trovate solo sistemazioni di emergenza, per sei mesi, per tre ragazzi: “Abbiamo costretto i direttori generali elle Asl a prendere in esame delle soluzioni – sottolinea Improta – ma si tratta di ‘delibere ad personam’, in questo modo abbiamo scavalcato i responsabili delle unità operative dei disabili adulti, che ci dicevano, se non trovate centri disponibili teneteveli a casa”. “Il problema non è stare a casa con i nostri ragazzi - dice la consigliera municipale - lo faremmo se questo fosse utile per il loro futuro, ma non possiamo accettare che le istituzioni ci dicono che se qualcuno è troppo grave sarà lasciato solo”.
“Con la nostra protesta abbiamo dato coraggio altri genitori a uscire allo scoperto e a pretendere delle risposte”, afferma Improta. Le risposte finora ottenute sono diverse per i tre ragazzi. In due casi è stata fatta una delibera che aumenta le risorse date al centro diurno per pagare un operatore 1 a 1, “in questo modo il centro diurno prende per un giorno la stessa cifra che prenderebbe se il ragazzo dormisse lì”. In un altro caso è stata trovata una soluzione fuori regione a spese della Asl di residenza romana, in un centro specializzato per ragazzi autistici, in un'altra città dove la mamma si trasferirà mantenendo la residenza a Roma.
Ma sono solo soluzioni temporanee e non riguardano tutte le persone con gravi disabilità. Per questo la protesta continua per un cambiamento della norma regionale che regola i centri diurni e nel frattempo “in attesa che la regione faccia il censimento dei disabili ad alto carico assistenziale – ricorda Improta - ci siamo messi noi genitori di disabili gravi a raccogliere segnalazioni di altre famiglie nelle nostre condizioni”. Obiettivo è far sentire la loro voce contro “la ghettizzazione delle famiglie di queste persone – considerate più categoria che persone – che sembra voler far crescere il senso di colpa e la loro esclusione dalla società”. (lj)