Disabilità e media: "niente stereotipi, per favore". Parola di giornalisti e blogger
ROMA – Come tratta il tema della disabilità il mondo dell’informazione e come dovrebbe trattarlo? Cosa c’è di buono e cosa andrebbe migliorato? O ancora: in quale modo giornali e tv riescono a raffigurare le persone disabili? Dopo le Paralimpiadi di Rio 2016, che hanno portato gli atleti disabili alla ribalta delle cronache, il numero di dicembre della rivista cartacea SuperAbile Inail prova a rispondere a queste domande attraverso un lungo dossier intitolato “Niente stereotipi, per favore”. A prendere la parola sono dieci giornalisti, comunicatori e blogger che vivono la disabilità sulla propria pelle, anche se non sempre se ne occupano anche a livello professionale.
- Le voci sono le più varie: Luisa Bartolucci, direttore di Slash radio web, emittente online dell’Unione italiana ciechi e ipovedenti; Alessandro Capoccetti, fotografo e direttore italiano per la campagna di comunicazione sociale inglese “Models of diversity”; Simone Fanti, giornalista di “Io donna” e Corriere.it; Manuela Figlia, protagonista del docu-reality “Ho sposato un gigante”; Corrado Fontana, giornalista di Televideo e “Valori”; Maurizio Molinari, addetto stampa del Parlamento europeo in Italia; Noria Nalli, giornalista e autrice del blog “La stampella di Cenerentola” su lastampa.it; Simona Petaccia, comunicatrice per le imprese pubbliche e private; Fiamma Satta, voce storica di Radio2 e dal 2009 autrice per la “Gazzetta dello sport” della rubrica e blog “Diversamente affabile, diario di un’invalida leggermente arrabbiata sui temi dell’inciviltà; Valentina Tomirotti, autrice di Pepitosablog.com. Ma qual è l’impressione generale dei testimonial interpellati? Grazie soprattutto al racconto delle ultime edizioni dei Giochi paralimpici, l’informazione sul mondo della disabilità è sicuramente migliorato – fanno notari alcuni – ma molto ancora resta da fare: “Secondo me, i nostri media dovrebbero rafforzare la convinzione che la disabilità non definisca chi la indossa ma ne rappresenti solo una condizione e che il disabile debba meritare il rispetto dovuto a tutti, disabili o non”, spiega Fiamma Satta. “La nostra società dell’informazione necessita di aggiornare la percezione che il pubblico ha delle persone con disabilità (parola ingannevole, che nasconde una sconfinata varietà di situazioni), rendendole più vicine, togliendo loro intorno paure ingiustificate ed eccessive cautele”, aggiunge Corrado Fontana.
Critico anche il punto di vista di Manuela Figlia: “Oggi la disabilità viene ancora trattata come un caso eccezionale da parte dei media; invece, come la malattia, è una realtà con cui ciascuno di noi potrebbe in qualsiasi momento della vita doversi confrontare. Questo approccio da parte dei media porta alla conseguenza di dipingere questi individui come supereroi che, con la loro sola forza, sono riusciti a superare traumi insormontabili”. Quanto alla auto-rappresentazione dei sempre più numerosi blogger e comunicatori con disabilità, le opinioni non sono pienamente concordanti: “Sono il primo che in alcuni contesti, come il blog InVisibili del “Corriere della sera”, racconta da dentro – chiarisce Simone Fanti. – Esistono concetti che “passano” meglio se corredati da emozioni e racconti in prima persona. Dall’altra parte esistono contesti in cui deve prevalere la figura dell’osservatore che racconta e che fa la cronaca. Un distacco professionale che consente di analizzare la realtà dall’esterno. Un giusto equilibrio fra le due realtà non è facile da trovare. È per questo che non ci si inventa comunicatori o giornalisti”. Ma c’è anche chi, come Valentina Tomirotti, pensa che “raccontare le nostre vite in real time offre una panoramica più reale, raccontiamo ciò che viviamo. È uno storytelling importante per seminare messaggi che portano alla comprensione di cosa accade in questo mondo, che è il mondo di tutti”. Taglia corto, infine, Alessandro Capoccetti: “C’è tanta gente che ama raccontare la propria vita in prima persona e ciò può funzionare a patto di non cadere nel piangersi addosso – commenta –. È utile indicare come superare le difficoltà, ma guai a cadere nella lagna fine a se stessa: non serve a niente ed è controproducente”.
Tra gli altri articoli presenti sul numero di dicembre di SuperAbile Inail, l’intervista alla stilista guatemalteca con sindrome di Down Isabella Springmuhl e un’inchiesta sull’accessibilità del grande schermo. E poi, come sempre, tante recensioni e segnalazioni dei libri, film e programmi tv più interessanti del momento. Sempre in tema di disabilità, ovviamente. (ap)