28 aprile 2022 ore: 16:04
Disabilità

Disabilità, i diritti passano per il tribunale: vinto il ricorso sul progetto individuale

di Chiara Ludovisi
E' una vittoria amara, quella che annunciano le associazioni Fish Lazio, Hermes onlus, Agenzia Vita indipendente e Oltre lo sguardo: G.M. 31 anni (disabilità grave L.104 art.3 comma 3) ha ottenuto il suo progetto individuale, ma è servito un ricorso, perché gli fosse riconosciuto ciò che gli spettava di diritto. Ora il comune di Roma dovrà assicurargli i sostegni per una vita indipendente
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ROMA – E' una vittoria, ma lascia il gusto amaro: perché il progetto individuale per la vita indipendente è un diritto, ma per ottenerlo bisogna passare per il tribunale. La sentenza del Tar del Lazio del 21 aprile (n. 04857) ha dato ragione a G.M.  e alla sua famiglia, rappresentati dagli avvocati Maria Laura Andrao e Tommaso Montorsi, riconoscendo quel diritto che il comune di Roma non tutelava: il diritto, appunto, a quel progetto individuale volto a garantire, come da Legge 328/2000 comma 1 dell’art.14 la “piena integrazione delle persone disabili di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n.104”. In altre parole, il diritto ai supporti e ai sostegni per la vita indipendente. Una vittoria, sì, ma dal sapore amaro, appunto, perché “ancora una volta i diritti delle persone con disabilità  per essere esigibili devono passare attraverso i tribunali”, commentano oggi le associazioni Fish Lazio, Hermes onlus, Agenzia Vita indipendente e Oltre lo sguardo, che sono state al fianco di G. e della sua famiglia in questa battaglia. 

G.sentenza TarEd ecco i fatti. Il 5 luglio 2021 G. e la sua famiglia avevano presentato al Comune di Roma una “documentata istanza – si legge nella sentenza - volta ad ottenere la predisposizione di un progetto individuale per persona con disabilità ai sensi dell’art. 14 della legge n. 328/2000, che comprendesse tutti i possibili interventi di sostegno, integrazione, inclusione e assistenza attivabili in suo favore “. A distanza di 7 mesi dalla presentazione dell'istanza, non essendo pervenuto alcun riscontro, la famiglia ha fatto ricorso contro il “silenzio-inadempimento serbato dal Comune di Roma Capitale”, il quale a sua volta ha respinto le accuse, sostenendo che “la 'questione' rientra nella competenza esclusiva del 'giudice del lavoro', poiché 'l’oggetto del contendere si sostanzia nella richiesta di un progetto socio assistenziale'; nel merito ha sostenuto che non sussiste l’inadempimento, avendo l’amministrazione proposto (nel maggio 2021) - in luogo del progetto terapeutico riabilitativo indicato dal ricorrente - un 'progetto riabilitativo residenziale di breve periodo, che è stato rifiutato”. 
Non solo: l'amministrazione comunale ha argomentato che G.  “da tempo è stato preso in cura dal servizio di assistenza SAISH (Servizio per l’autonomia e l’integrazione della persona disabile), dove si pone in rilievo l’esistenza del medesimo progetto riabilitativo sopra indicato, proposto al ricorrente, e da questi rifiutato”.

La sentenza

Il Tar ha innanzitutto respinto il “difetto di giurisdizione”, dal momento che “in questa materia non sussiste una 'competenza esclusiva' del giudice ordinario”, per cui “nel merito il ricorso è fondato”.
Riguardo i progetti proposti dal comune e – a quanto sostenuto dalla difesa – rifiutati dal ricorrente,  il Tar fa notare che “dall’esame della documentazione versata in giudizio, il Collegio non rileva la presenza della proposta di un progetto individuale formulata in favore di parte ricorrente”.ma piuttosto si sottolinea come “già nel mese di maggio 2021, ossia antecedentemente all’istanza avanzata a luglio 2021, sia stato condiviso con la ASL di riferimento un percorso 'che può essere inteso come Progetto Personalizzato centrato sull’importanza di garantire la prosecuzione del percorso riabilitativo in essere. Tuttavia, è evidente come la stessa abbia portata interlocutoria e non provvedimentale. Dunque, non è idonea a far cessare l’inadempimento dell’amministrazione rispetto all’obbligo di provvedere sull’istanza”.
Soprattutto, “va evidenziato che parte ricorrente, con l’istanza del 2022, non ha chiesto al Comune l’approvazione di un progetto terapeutico riabilitativo finalizzato a una nuova ipotesi di residenzialità, ma ha avanzato una richiesta formulata ai sensi dell’art. 14 della legge. n. 328/2000 volta ad ottenere la predisposizione di un progetto individuale per persona con disabilità”. E il giudice ricorda che il progetto individuale “comprende, oltre alla valutazione diagnostico-funzionale o al Profilo di funzionamento, le prestazioni di cura e di riabilitazione a carico del Servizio sanitario nazionale, il Piano educativo individualizzato a cura delle istituzioni scolastiche, i servizi alla persona a cui provvede il comune in forma diretta o accreditata, con particolare riferimento al recupero e all'integrazione sociale, nonché le misure economiche necessarie per il superamento di condizioni di povertà, emarginazione ed esclusione sociale”.
Il Tar quindi accerta “la sussistenza dell’obbligo di concludere il procedimento previsto dall’art. 14 della legge n. 328/2000”, condanna “le amministrazioni intimate inadempienti ad adottare, ognuna per quanto di rispettiva competenza, in relazione all’istanza di diffida, un provvedimento esplicito” e accoglie “l’istanza del ricorrente di nomina del Commissario ad acta, per il caso di ulteriore inadempimento all’ordine del giudice, individuandolo nel titolare p.t. dell’Ufficio Territoriale del Governo di Roma, con facoltà di delega a un funzionario dello stesso Ufficio, che provvederà in via sostitutiva entro l’ulteriore termine di 30 (trenta) giorni dalla comunicazione dell'inottemperanza a cura di parte ricorrente”. A carico dell'amministrazione ,anche le spese legali.

Il commento delle associazioni

La sentenza “mette fine alla lunga attesa , oltre 12 mesi, di G.M.  per veder riconosciuto il proprio diritto, in quanto persona con grave disabilità, al progetto individuale – commentano le associazioni - Espressioni come 'la persona al centro', 'deistituzionalizzazione', 'nessuno escluso', di cui tanto sentiamo parlare, risultano esser pressoché sconosciute a chi, per dovere se non per etica, dovrebbe farne un faro nel proprio operato quotidiano. Siamo invece ancora a dover difendere i diritti delle persone con disabilità con gli avvocati nelle aule dei Tribunali; ancora a dover rivendicare il diritto delle persone con disabilità per  una vita indipendente assistita, con tutti i sostegni di cui si necessita, nella società e con la società! Con grande soddisfazione, e una nota di amarezza, e con l'auspicio che questa sentenza, la prima nel Lazio, possa segnare il primo passo per un cambiamento radicale della visione della persona con disabilità affinché il diritto all’autodeterminazione, alla libertà di scelta, sia  veramente il diritto di tutti, oggi e domani”.
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