Disabilità, “il dopo di noi a casa propria” è già realtà
Disabile a casa propria con carrozzina
ROMA – Il “Dopo di noi in casa propria” non è solo una buona idea, né soltanto il sogno di tanti genitori, ma può diventare un progetto e poi una realtà. Lo fa presente Marco Ciotola, padre di due ragazzi disabili, che commentando la lettera di Marina Cometto sul tema, fa riferimento alla cooperativa Lai (Lavoro anch’io) di Isernia, dove proprio un progetto del genere è in cantiere in questo momento. Ce lo illustra uno dei promotori, Antonio Santoro, vicepresidente della cooperativa: “Lai è nata nel 1999 dall’iniziativa di alcuni genitori di ragazzi con disabilità mentale, che avevano concluso il percorso scolastico e non sapevano che fare. Abbiamo individuato il lavoro come priorità e primo passo verso la vita adulta: e abbiamo dato vita alla ‘Fabbrica delle idee’, dove i nostri ragazzi hanno iniziato a lavorare come giardinieri nelle scuole di Isernia, oppure come ceramisti e presto potranno diventare anche apicoltori”.
Compiuto il primo, fondamentale passo del lavoro, col passare degli anni si è evidenziata però una nuova priorità: quella del “Dopo di noi”, appunto. I ragazzi diventavano adulti, i genitori invecchiavano, così “abbiamo avuto l’idea di dar vita a una fondazione fatta dei nostri beni immobili: io e mia moglie, per esempio, cederemo al comune il nostro appartamento, ma tramite la fondazione e quindi vincolato allo scopo dell’accoglienza di ragazzi disabili. Quando non ci saremo più, ma in verità anche prima, ‘durante di noi’, nostro figlio potrà vivere lì, insieme a uno o massimo due amici: lavoreranno in cooperativa tutto il giorno, fino alle 18. Poi rientreranno in casa per fare la loro vita, aiutati da un operatore. Più o meno tutte le 20 famiglie della cooperativa hanno offerto la stessa disponibilità. Chiaramente, il tutto deve avvenire in sinergia con le risorse del territorio: comune e provincia dovranno fornire le risorse necessarie in termini di assistenza. Ma in questo modo i ragazzi, anziché essere trasferiti improvvisamente in un contesto estraneo, alla morte dei genitori potranno rimanere a casa propria, con gli amici che hanno scelto”.
E’ proprio qui, però, che sorge il problema: “ciascun ragazzo vuole rimanere a casa propria e ciascun genitore desidera accontentarlo: è questo l’ostacolo di fronte al quale ci troviamo in questo momento. Ora, io e mia moglie proveremo a ragionare con nostro figlio, perché accetti di vivere eventualmente in casa di un amico, mentre il nostro appartamento sarà a disposizione di altri. Insomma, ci resta questo nodo da sciogliere e ci stiamo lavorando. Per il resto, noi siamo pronti a partire”. Sì, pronti a partire, in senso letterale: perché la casa dei genitori sarà messa subito a disposizione dei figli, che lì si trasferiranno con i loro amici prima ancora della morte dei genitori: “E’ questo che prevede il progetto: noi genitori siamo pronti a trasferirci altrove, lasciando la casa ai nostri figli, supportati sul piano burocratico da un amministratore. Crediamo infatti che questa esperienza di distacco debbano provarla finché noi ci siamo qui e abbiamo le energie per supportarli e sostenerli in caso di difficoltà. Insomma, per noi si può fare. E speriamo di riuscire a farlo al più presto, forse entro un anno o poco più”. (cl)