Disabilità, l'appello delle case famiglia a Marino e Zingaretti: “Prendetevi le responsabilità”
ROMA - “E se facessimo tutti come Alice nel Paese delle meraviglie, che festeggia ogni giorno il “buon non compleanno”, senza attendere il 3 dicembre per sostenere la piena inclusione delle persone con disabilità in ogni ambito della vita? Caro Sindaco Marino, caro Presidente della Regione Zingaretti, fate in modo che la Giornata della Disabilità sia per i prossimi 364 giorni! Aiutate, date risposte concrete a “Casa al Plurale”, che già “festeggia” tutti i giorni questa realtà: attraverso le tante case famiglia di Roma e Lazio, si prende cura, infatti, quotidianamente, di persone con disabilità e senza una famiglia in grado di provvedere loro”. E’ l’appello, ma anche la sfida sulle responsabilità di chi governa una comunità, che muove al Sindaco di Roma e al Presidente della Regione Lazio Luigi Vittorio Berliri, presidente di Casa al Plurale, l’Associazione che riunisce e rappresenta le case famiglia per persone con disabilità a Roma e nel Lazio, in occasione della “Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità” di domani.
Prosegue Berliri: “Per restituire dignità al lavoro e prendersi la responsabilità di dare risposte, servono soldi: il Comune di Roma stanzia per le case famiglia 5,74 euro per ogni ora di lavoro. Mentre un’ora di lavoro a Casa al Plurale ne costa, in realtà, 19 di euro, naturalmente se si vuole retribuire un educatore pagando tasse e contributi e non in nero. Stanziare 5,74€ per un'ora di lavoro equivale a un netto per il lavoratore pari a 2,74€ di paga oraria base. Complessivamente, il comune di Roma stanza 15 milioni di euro, mentre quello di Torino 60 milioni. Attualmente a Roma ci sono 400 persone in lista di attesa. A Torino nessuno”. Dai dati Istat 2013 risulta che nella Regione Lazio ci sono 280.000 persone con disabilità sopra i sei anni di età, pari a circa il 5,2% della popolazione.
C’è una domanda comune a tutti i genitori italiani di una persona con disabilità: “Dopo di me, chi se ne prenderà cura?”. Tale domanda si traduce in un’altra domanda, che non possiamo ignorare: “Di chi è la responsabilità, ovvero la capacità di dare risposte?”. Concretamente le risposte possibili sono tante: la vita autonoma e indipendente, per chi è in grado ed è messo nella condizione di esserlo, la vita in famiglia, per chi ce l’ha e sceglie di restarci, oppure la vita in casa famiglia: di certo mai più istituti o grossi centri di accoglienza, ribadisce Casa al plurale. Le case famiglia sono piccoli appartamenti, nei quali vivono in media sei persone con disabilità. Con un gruppo di educatori presenti mattina, pomeriggio, notte, tutti i giorni della settimana, Natale, Capodanno, Pasqua, tutti i 365 giorni dell’anno.
“Le case famiglia sono un costo, perché ci lavorano tante persone, perché chi vive in casa famiglia ha diritto ad essere felice come tutti gli altri. Ma quando a quella domanda angosciata (“dopo di noi?”) si dà una risposta, il 3 dicembre e tutti i successivi 364 giorni diventano davvero una festa, diventano cioè l’occasione quotidiana per ribadire la necessità di un impegno comune nel garantire alle persone con disabilità i fondamentali diritti umani, senza alcuna forma di discriminazione”, conclude Luigi Vittorio Berliri.