4 novembre 2013 ore: 12:14
Disabilità

Disabilità, mamma caregiver: ''Siamo la base portante del welfare''

Madre di un ragazzo disabile, assistente sociale di professione, Claudia Bonanno non è d’accordo con il compenso economico, ma chiede “tutele e diritti” per il lavoro di cura. E punta il dito contro i servizi assistenziali: ''Ridotti all’osso per l’incremento dei costi gestionali delle prestazioni”
Caregiver familiare, assistenza domiciliare, anziani, disabilità

ROMA – “Condivido la preoccupazione, ma non le conclusioni”: così Chiara Bonanno, assistente sociale di professione, familiare caregiver per necessità e promotrice del ricorso collettivo per il riconoscimento del lavoro di cura, commenta l’intervento di Franca Guglielmetti, intervistata nei giorni scorsi da Redattore Sociale. 

“E’ vero, la questione dei diritti relativi al lavoro di cura del caregiver familiare non può esser superata da una mera quanto risicata elargizione economica – osserva Bonanno - Vorrei però sottolineare un punto cruciale: la risorsa del lavoro di cura familiare è la base portante non solo del sistema del welfare italiano ma di tutte le altre nazioni. Nessun sistema di stato sociale, infatti è in grado di sostenere l'ingente esborso  economico di una massiccia istituzionalizzazione”. Di conseguenza, “il caregiver familiare è un tassello economicamente indispensabile per qualsiasi società civile che decide di prendersi cura delle persone che hanno una disabilità o una patologia cronica invalidante”. Nonostante ciò, anche a Chiara Bonanno l’idea di un compenso economico non piace. Perché? Nono solo e non tanto per il rischio di chiuder le donne a casa, cui faceva riferimento Guglielmetti, visto che “moltissimi caregiver familiari, donne e uomini, (compresa la sottoscritta) vivono già agli arresti domiciliari per amore dei loro cari”. 

Compenso, tutele, diritti. Il punto centrale, per Bonanno, sono le tutele e i diritti: “in tutte le nazioni – riferisce - esclusa solo l'Italia,  le persone che svolgono il lavoro di cura ricevono quelle tutele imprescindibili da qualsiasi lavoro svolto: una salvaguardia e stretta vigilanza sanitaria, a causa dell'altissimo rischio di salute in cui questi familiari operano, e la tutela del  diritti al riposo, ad una vita di relazione e l'accesso ad una dignitosa pensione. Nessuno di questi diritti è riconosciuto ai familiari caregiver dallo Stato italiano che, anzi, li assoggetta in una condizione di sfruttamento vessante con la continua minaccia di strappare agli affetti più cari il proprio familiare con disabilità ed istituzionalizzarlo, qualora la fatica avesse la meglio sull’amore. Corrispondere un ‘minimo’ in tali condizioni di schiavismo rischia soltanto di acuire le violazioni umane e lavorative incrementandone la platea. E' scontato, inoltre, che tale elargizione economica autorizzerebbe un ancora più drastica diminuzione dei supporti assistenziali, già ridotti all'osso, e che chiedono una sempre più allargata compartecipazione per il loro sostentamento”. 

Il costo delle cure. A proposito di supporti assistenziali, il punto cruciale è che “le prestazioni socio/sanitarie ha subito negli ultimi anni un incremento esponenziale che però non coincide e corrisponde né con il pagamento orario percepito dal professionista sanitario né, tanto meno,  con un conseguente aumento della qualità delle prestazioni erogate. Ciò che è lievitato riguarda invece un supposto costo organizzativo/gestionale che segue intricate giravolte, in cui vengono disperse le cifre più imponenti. E su questo costosissimo sistema – conclude Bonanno - che andrebbe posta l'attenzione, magari prendendo in prestito ricette di  nazioni economicamente più efficienti della nostra, come la Germania ed il motto principale della sua politica socio sanitaria: ‘Haus vor Heim’, traducibile in ‘casa prima casa’: la domiciliarità come principale requisito del  risparmio collettivo”. (cl)

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