Disabilità, “Moriremo non di coronavirus, ma di abbandono istituzionale”
La denuncia di Sara Bonanno, mamma e unica caregiver del figlio Simone, disabile gravissimo: “L'assistenza domiciliare continua, ma solo in teoria: gli operatori sono nel panico e gli infermieri, a partita Iva, possono decidere di stare a casa. Io e Simone senza assistenza resistiamo due giorni. Meglio la sedazione profonda che morire così male”
Sara Bonanno e Simone
ROMA - “Moriremo non di coronavirus, ma di abbandono istituzionale: e sarà una morte orribile, che non augurerei al mio peggior nemico”. E' una testimonianza drammatica quella di Sara Bonanno, mamma e unica caregiver di Simone, un giovane ormai adulto con una gravissima disabilità, che richiede assistenza continua, 24 ore su 24. Per loro, sulla carta, nulla è cambiato con il susseguirsi di decreti legati all'emergenza sanitaria: l'assistenza infermieristica continua, quella domiciliare anche. “Ma le persone che vengono qui a fare assistenza sono tutte a partita iva. Lunedì l'infermiera che doveva fare il turno è arrivata angosciata per il coronavirus, per il figlio, per i genitori... Non mi era di nessun aiuto, l'ho rimproverata dicendole che stava esagerando, strillava e faceva agitare Simone. Lei se n'è andata un quarto d'ora dopo essere arrivata. Ora ho un'infermiera in meno. E tanta paura che altri possano tirarsi indietro, ogni giorno, visto che non hanno un contratto che li obbliga a venire: sono tutti a partita Iva”.
Abbandono non formale ma sostanziale
Sara è molto preoccupata: "In questi giorni la maggioranza dei familiari sta affrontando l'abbandono non formale ma sostanziale degli operatori che lavorano a domicilio. Ma non esiste un codice deontologico per l'abbandono di persone in situazione di estrema fragilità assistenziale? Possibile che anche in questo le persone con disabilità siano considerate dei non cittadini?".
Adesso "con il casemanager ho trovato una 'soluzione' provvisoria - ci racconta Sara -: faccio una liberatoria ad ogni operatore che viene, in cui dichiaro che mi assumo la responsabilità del rischio che corro. Il medico curante rilascerà un certificato, in cui descrive la situazione di estrema necessità di continuità assistenziale".
La "liberatoria" per gli operatori
Martedì le cose sono andate meglio, a casa di Sara: “L'infermiera di turno è regolarmente venuta e io ho avuto la possibilità di uscire per andare a fare la spesa. Ma la preoccupazione resta e diventa angoscia”. Perché non avere l'assistenza, per Sara e Simone, è un problema molto serio: “Io assisto Simone da sola, 24 ore su 24, giorno e notte. La notte scorsa l'ho passata a massaggiare Simone, che con lo stress di questi giorni ha dolori e prurito. Se non ho la possibilità di recuperare durante il giorno, le mie forze cedono. Io senza assistenza sopravvivo due giorni poi inizio a tremare, a non ragionare, a dimenticare di dare le medicine a Simone: già lunedì ne ho scordate due. Il terzo giorno senza assistenza Simone inizierebbe a morire e io con lui. Il quarto giorni ci troverebbero morti di abbandono, non di coronavirus”.
Moriremo di abbandono?
Cosa si può fare? “Io non lo so, ma qualcuno dovrebbe saperlo. Le deroghe sono indispensabili, in situazioni come questa. Ci sono amiche e associazioni che mi offrono aiuto, offrendosi per esempio per venire a portarmi la spesa, o anche semplicemente a tenermi compagnia. Ma non sarebbero in grado di prendersi cura di Simone, di rianimarlo se serve. E io, senza qualcuno che lo assista, non posso riposare. Il nostro problema è l'assistenza ed è a questo che occorre pensare”. Altrimenti? “Altrimenti l'unica soluzione è la sedazione profonda, così lui ed io ce ne andremo, ma dignitosamente e senza soffrire così tanto”. (cl)