Disabilità: verso un'unica, grande federazione? L'appello dell'Unione ciechi
ROMA – Non più divise, ma unite, perché la disabilità abbia una sola voce, capace di esprimere con il doppio della forza i bisogni e le rivendicazioni di tutti e di ciascuno: Mario Barbuto, presidente dell'Uic (Unione italiana ciechi e ipovedenti), rivolge un appello forte, che potrebbe cambiare il volto a questa parte dell'associazionismo. Ed è a lui che chiediamo di spiegarei meglio il senso e le ragioni di questo “invito”
Innanzitutto, a chi si rivolge? E perché questa esigenza?
Mi rivolgo a Fish e Fand, innanzitutto che rappresentano la stragrande maggioranza della galassia delle associazioni delle persone con disabilità – spiega – . Da 15 mesi sono presidente dell'Uic, che fa parte della Fand. E ho sempre cercato di capire, durante gli incontri generali, perché queste federazioni si siano ritrovate non dico su due sponde opposte, ma comunque divise. E non ho mai trovato una risposta: ne ho parlato anche con Falabella, io come membro della Fand, lui come presidente della Fish: e ne abbiamo riso più volte. Se ci sono ragioni che giustificano questa divisione, allora ripetiamole e ciascuno faccia la propria scelta. Ma se è solo un'eredità storica, o il frutto di posizioni personalistiche, allora superiamo la divisione e uniamoci. E' tempo, credo, di mettere in moto questo processo unitario.
Fish e Fand rappresentano sì la maggioranza, ma non la totalità dell'associazionismo della disabilità. Anzi, recentemente hanno assunto sempre più forza comitati, associazioni e piccole realtà, spesso in contrasto con le federazioni. L'invito è rivolto anche a loro?
Certamente, l'appello è rivolto a tutti. So bene che alcune associazioni non si ritrovano in quelle che considerano le “pastoie burocratiche” di Fish e Fand. Ricordo la questione del fondo per la non autosufficienza, su cui un comitato in particolare si spese molto: io credo che le grandi federazioni debbano essere più attente e saper rappresentare le tematiche specifiche anche di pochissime persone.
Crede che sia possibile ricomporre in unità anche queste realtà associative che in molte occasioni hanno espresso dure critiche verso le federazioni?
L'unificazione non deve essere un atto burocratico, ma una vera azione di condivisione: non un accordo di vertice con relativa spartizione di cariche, ma un'attenzione nuova, che faccia in modo che tutti, dal basso, si sentano rappresentati. In questa chiave, credo che le associazioni possano accogliere il nostro invito. A volte la loro giusta esigenza di essere urgenti, di stare “sul pezzo”, per così dire, contrasta con le pratiche burocratiche delle grandi federazioni: per questo, la nostra attenzione va incrementata, anche rispetto alle singole questioni e ai piccoli numeri.
Cosa dobbiamo aspettarci quindi nei prossimi giorni?
Ho già parlato con Bettoni, presidente della Fand, che condivide la mia proposta. Inizieremo quindi a lavorare, costruendo momenti di coordinamento tra federazioni e associazioni, intorno a singole questioni. Prima fra tutte quella del diritto al lavoro, su cui puntiamo a costruire una posizione condivisa.
Anche su questo, ci sono associazioni che avranno molto da dire e che, in passato, si sono sentite poco rappresentate: penso ai caregiver familiari e alle loro proposte sul prepensionamento
Certo, siamo pronti a prestare attenzione alle loro istante. Con una premessa, però: che le federazioni non hanno la chiave per cambiare una legge, ottenere un provvedimento, risolvere un problema. Noi non siamo né il governo né lo stato. Abbiamo però il dovere di rappresentare queste necessità. E lo faremo. (cl)