9 settembre 2015 ore: 15:52
Immigrazione

Discorso di Juncker, le associazioni: "La faccia umana dell'Europa"

Il Centro Astalli: “160 mila rifugiati da redistribuire è una cifra che comincia a tener conto della reali dimensioni del fenomeno”. Save the Children: “Aumentare le quote di ricollocamento”. Amnesty: “Aprire canali d'ingresso e concedere libertà di movimento"
Jean Claude Juncker
Jean Claude Juncker, presidente della Commissione Europea
Jean Claude Juncker

ROMA - Non molte ma significative le reazioni delle associazioni al discorso di Jean Claude Juncker, presidente della Commissione Europea, davanti al Parlamento di Strasburgo.
Il Centro Astalli alla luce proprio delle parole del presidente Juncker, esprime apprezzamento per il discorso pronunciato e i contenuti emersi. E il presidente, padre Camillo Ripamonti, afferma: “Finalmente l’Europa sembra compiere dei passi significativi verso la giusta direzione. Comincia a mostrare un volto nuovo e al contempo il più antico e l’unico possibile: il volto di un’Unione di Stati che accoglie i rifugiati con solidarietà e umanità e non costruisce muri”. Il Centro Astalli del discorso di Junker evidenzia in particolare: “160 mila rifugiati da redistribuire nei paesi dell’Ue è una cifra che finalmente comincia a tener conto della reali dimensioni del fenomeno. Viene in questo modo affrontato uno dei principali nodi critici dell’Agenda Europea sull’immigrazione approvata a luglio che prevedeva la redistribuzione una tantum di 40 mila persone, una cifra che i fatti hanno confermato esser inadeguata e spropositatamente inferiore alle necessità attuali”. Sempre secondo il Centro Astalli, “la previsione di quote permanenti e non una tantum sarebbe finalmente un meccanismo di redistribuzione equo tra i Pasei dell’UE. Misura che porterebbe all’auspicato e più volte raccomandato superamento della Convenzione di Dublino”. Infine, rimane una forte preoccupazione per l’introduzione di una lista di paesi terzi sicuri da parte dell’Ue. “La Convenzione di Ginevra si fonda sul principio di non respingimento della domanda di asilo – afferma il Centro Astalli -. Qualunque semplificazione della procedura di riconoscimento dello status di rifugiato rappresenterebbe una violazione dei principi della Convenzione di Ginevra”.

Il discorso di Juncker? “la faccia umana dell’Europa”. Il Cir apprezza “con convinzione” l’affermazione del presidente della Commissione Europea Juncker che di fronte alla crisi dei rifugiati tutti gli interventi politici devono partire dai principi di umanità, dignità della persona e giustizia storica europea. “Il discorso di Juncker marca un ri-orientamento fondamentale in quanto all’assunzione delle responsabilità comunitarie al dettame etico di accogliere i rifugiati, all’obbligo di tutti gli Stati membri, senza eccezioni, di aprire loro le porte. Con la proposta di ricollocare complessivamente 160.000 richiedenti asilo dall’Italia, dalla Grecia e dall’Ungheria in altri Stati membri si intraprende la strada giusta e opposta a quella del ‘Sistema Dublino’, che così viene di fatto superato”. Non saranno più solo gli Stati della frontiera esterna dell’Unione ad essere responsabili di garantire il diritto di asilo a chi approda da fuori dell’Unione sul loro territorio. “Tuttavia - sottolinea Christopher Hein, portavoce del Cir - è  da vedere come funzionerà nella prassi questa distribuzione. È un Piano destinato a fallire se i legami dei richiedenti asilo con un determinato paese non saranno presi in considerazione, se avverranno trasferimenti decisi freddamente a tavolino senza includere le persone come soggetti del Piano e del proprio destino”. Nel discorso aperto e coraggioso di Juncker, il Cir si meraviglia comunque del fatto che nessuna menzione sia stata fatta sulle vie di accesso dei richiedenti asilo alla nuova Europa solidale e alla protezione. “I richiedenti asilo e i rifugiati devono continuare a pagare i trafficanti di persone, a rischiare la vita nel mare o nei TIR perché nessun paese fornisce loro un visto di ingresso?”, chiede Hein. Juncker ha parlato di canali legali per migranti, al fine di  soddisfare esigenze del mercato del lavoro e di contrastare l’invecchiamento della popolazione. “Bene”, conclude Hein, “ma il primo atto per ridurre il numero di vittime nel tragitto verso l’Europa deve essere quello di aprire canali protetti e legali per le persone in fuga, per richiedenti asilo e rifugiati”.

- Save the Children: aumentare le quote di ricollocamento. Secondo il direttore programmi Italia-Europa di Save the Children, Raffaela Milano, “come ha detto oggi Junker nel suo discorso al Parlamento Europeo bisogna aumentare subito le quote di ricollocamento dei profughi giunti in Italia, Grecia e Ungheria, ma occorre allo stesso tempo stabilire un criterio permanente e strutturale per l’accoglienza e l’integrazione di profughi che continuano a fuggire da guerre, violenze, fame e dittature feroci, aree di crisi per le quali non esiste una soluzione immediata, e bisogna provvedere a programmi di reinsediamento di proporzioni ben più ampie, che ad esempio nel caso della Siria comprendano almeno il 5% dei rifugiati”. Sono cinque, in particolare, i punti che Save the Children considera prioritari per l’intervento europeo, contenuti in un documento che l’organizzazione ha inviato ai parlamentari europei e ai ministri: proseguire le operazioni di salvataggio in mare; dare vita ad un sistema di accoglienza e protezione europeo, con standard che assicurino il rispetto dei diritti umani e della dignità e con una particolare attenzione dedicata ai bambini; impegnare i Paesi europei in un intervento organico di riallocazione dei profughi che giungono in Europa – a partire dall’accordo sulle quote oggi proposto da Junker – e di re-insediamento di profughi direttamente dai paesi di origine o di transito;  attivare strade sicure e legali, alternative ai trafficanti, per ottenere diritto di asilo in Europa; intervenire sulle cause primarie della crisi, rafforzando gli aiuti e la cooperazione e l’impegno diplomatico per la soluzione negoziata dei conflitti in Siria, Libia e in altri paesi. Secondo le stime di Save the Children, dal 1 gennaio all’8 settembre 2015 sono arrivati via mare in Italia circa 122.380 migranti, tra cui almeno 12.120 minori. Tra questi ultimi, circa 3.400 sono accompagnati e in prevalenza siriani ed eritrei, mentre i minori non accompagnati sono almeno 8.715, principalmente eritrei, somali ed egiziani, ma anche originari di altri paesi dell’Africa sub-sahariana e occidentale.

Amnesty: "Aprire canali d'ingresso e concedere libertà di movimento". Redistribuzione di quote dei profughi, corridoi umanitari e libera circolazione per i richiedenti asilo, anche se sprovvisti di documenti. Sono alcune delle 11 richieste che Amnesty International rivolge all'Europa in un appello, pubblicato oggi, in occasione del discorso sullo Stato dell'Unione del presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker. Secondo le stime della ong, elaborate sui numeri dell'Unhcr, l'Alto commissariato Onu per i rifugiati, nei prossimi due anni saranno necessari 1,38 milioni di posti di reinsediamento (resettlement): "Gli Stati membri dell'Ue, che costituiscono il più ricco blocco di Stati, - si legge nell'appello – possono e devono offrire almeno 300 mila posti per i reinsediamenti e ammissione umanitaria". Un dato molto inferiore rispetto agli 800 mila richiedenti che arriveranno in Germania nel 2015. Tra gli obblighi ribaditi da Amnesty all'Unione europea c'è il salvataggio dei migranti che rischiano la vita in mare. Per questo l'ong chiede di "aprire più canali sicuri e legali per raggiungere i Paesi dell'Ue". Amnesty International richiama l'attenzione sulla necessità di standard d'accoglienza comuni a livello europeo e segnala gli abusi alle frontiere interne dell'Ue, documentate dai suoi stessi ricercatori e promuove gli "hotspot" intesi come luoghi per "garantire l'accesso a efficaci procedure di asilo individuali e fornire adeguate condizioni di accoglienza per tutti". Visto che le richieste di asilo sono individuali, anche Amnesty boccia infine le liste dei "Paesi d'origine sicuri", ossia Paesi di provenienza che possono ricevere il profugo.

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