Discriminazioni lavorative delle persone trans e non binarie, il 66,1% le ha subite
Istat e Unar (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali) hanno presentato i principali risultati dell’ Indagine sulle discriminazioni lavorative nei confronti delle persone trans e non binarie, realizzata nel 2023 a conclusione del progetto di ricerca “Discriminazioni lavorative nei confronti delle persone LGBT+ e le diversity policies attuate presso le imprese”, definito e avviato nel 2018.
L’indagine, realizzata per autocompilazione di un questionario elettronico raggiungibile on line, è stata rivolta a persone maggiorenni che si definiscono trans o con identità di genere non binaria, e che al momento della rilevazione vivevano abitualmente in Italia.
“La rilevazione non può essere considerata statisticamente rappresentativa della popolazione trans e non binaria poiché ha carattere esplorativo e si basa su un campione di convenienza, formato esclusivamente da persone che su base volontaria hanno scelto di rispondere al questionario – precisa l’Istat -. La partecipazione all’indagine è stata promossa attivando diversi canali di comunicazione, a partire da associazioni e singoli individui. Questo approccio, unito alla tecnica CAWI, ha favorito una più diffusa partecipazione di individui con caratteristiche socio-demografiche legate a una maggiore familiarità con le tecnologie digitali, come giovani con elevati livelli di istruzione”.
La popolazione target che ha risposto al questionario elettronico è costituita da 630 persone così rappresentate: il 34,1% uomini trans, il 19,4% donne trans e il 46,5% persone con identità di genere non binaria. Il 66,1% delle persone trans e non binarie rispondenti, la cui identità di genere durante gli studi era visibile o riconoscibile per gli altri, riporta di aver sperimentato discriminazioni a scuola/università per motivi legati all’identità di genere.
Una persona su due dichiara di aver vissuto almeno un evento di discriminazione per motivi legati alla propria identità di genere (trans o non binaria) nella ricerca di lavoro.
Il 46,4% riporta di non aver partecipato a un colloquio o di non aver presentato domanda per un lavoro, pur avendone i requisiti, perché la propria identità di genere ne avrebbe condizionato negativamente l’esito. Il 57,1% delle persone occupate o ex-occupate che hanno partecipato all’indagine ritiene che la propria identità di genere trans o non binaria abbia costituito uno svantaggio nel corso della vita lavorativa, in almeno uno dei tre ambiti considerati (carriera e crescita professionale, riconoscimento e apprezzamento, reddito e retribuzione).
Oltre otto persone trans e non binarie intervistate su 10 riportano almeno una forma di micro-aggressione legata all’identità di genere avvenuta in ambito lavorativo. Per micro-aggressione si intendono brevi interscambi ripetuti che inviano messaggi denigratori ad alcuni individui in quanto facenti parte di un gruppo, insulti sottili diretti alle persone spesso in modo automatico o inconscio.