Dislessia diagnosticata a troppi bambini? Il dibattito continua
Disabilità: dislessia - bambina appoggiata sul libro ha difficoltà a leggere
La dislessia è un tema che recentemente ha acceso un vivace dibattito, dopo l’articolo di Paola Santamaria, pubblicato sul Corriere della Sera il 16 dicembre 2011: “Dislessia diagnosticata a troppi bambini”, titolava la giornalista, facendo propria la tesi di Federico Bianchi di Castelbianco, direttore dell’Istituto Italiano di Ortofonologia, secondo il quale “in Italia un bambino su cinque presenta disturbi di apprendimento ma questo non vuol dire che sia dislessico, eppure viene ritenuto tale ed inserito in un percorso di recupero specifico che rischia di causargli danni notevoli, avendo in realtà solo disturbi comuni”. L’articolo pone quindi in discussione i risultati di un progetto condotto nella capitale, secondo cui nelle scuole materne ed elementari di Roma circa il 23 per cento dei bambini è indicato a rischio di Disturbi specifici di apprendimento (Dsa). “In realtà - si legge nell’articolo - in questa percentuale elevata sarebbero inseriti anche bambini con difficoltà di tipo minore, definibili come secondarie o a basso rendimento scolastico, e non come Dsa. Se si “rifanno i conti” con valutazione particolarmente attente, infatti, la percentuale dei bambini a rischio cala intorno al 4 per cento”.
Pochi giorni dopo, la replica di Giacomo Stella, fondatore dell’Associazione italiana dislessia, secondo cui l’articolo “alimenta la confusione fra ADHD e dislessia, parla a vanvera di inutilità della rieducazione e di uso dei computer che oggi tutti i bambini usano dappertutto tranne che nella scuola. Chi alimenta scetticismo e confusione alla fine contribuisce a mettere pietre nel già pesante zaino che i dislessici si portano a scuola tutte le mattina”. Oggi si inserisce nel dibattito anche Massimo Rondi, collaboratore delle edizioni Angolo Manzoni “alta leggibilità”, in cui si inserisce la collana “Grandi caratteri corpo 16”. In una lettera inviata alla redazione di Superabile, Rondi ringrazia Giacomo Stella “per il suo chiarificatore intervento a proposito delle diagnosi di dislessia” e racconta la propria esperienza di dislessico lieve non riconosciuto. “Ciò che mi salvò, ai miei tempi, fu l’acutezza di una maestra intelligente e attenta che identificò il mio problema e adottò – lo comprendo ora – maniere dispensative e compensative ante litteram. Ciò mi permise di mettermi in linea con i miei compagni, pur facendo il doppio della fatica. Ma so che moltissimi altri dislessici, seppure nati parecchi anni dopo di me, non hanno incontrato uguale lungimiranza. Ma perché dobbiamo ottenere con fatica ciò che è un nostro diritto?”. Occorre dunque “far sì che la scuola sia a misura di dislessici, anzi che la dislessia sia la misura della scuola”.