17 febbraio 2020 ore: 14:31
Disabilità

Domiciliari “speciali” per le detenute con figli disabili: sentenza della Consulta

La Corte Costituzionale, nella sentenza 18/2020, accoglie il ricorso di una detenuta che aveva chiesto i domiciliari per poter assistere la figlia gravemente disabile. Il Tribunale aveva respinto l'istanza, perché la bambina ha più di 10 anni. Ma quell'articolo dell'ordinamento penitenziario è incostituzionale
Donna in carcere. Penombra e persona di spalle - SITO NUOVO

ROMA - La Corte di Cassazione ha sollevato “questioni di legittimità” e la Corte Costituzionale ha emesso la sentenza (n.18/2020): da oggi le detenute madri di figli con disabilità totalmente invalidanti avranno diritto alla detenzione domiciliare “speciale”, anche quando i figli abbiano più di 10 anni. “E' una novità – ci spiegano dal ministero della Giustizia – perché fino ad oggi questo era possibile solo fin quando i figli avessero meno di 10 anni”. Quante siano le possibili beneficiarie di questa misura “non possiamo saperlo, non esistono dati su questo: è presumibile però – ci dice ancora il ministero – che queste detenute facciano richiesta, che verrà accolta – precisa il ministero – ferma restando la valutazione del giudice, non tanto in merito alla disabilità del figlio, quanto in merito alla mancanza di un pericolo per la sicurezza pubblica”.

Detenzione domiciliare “speciale”? Solo con figli sotto i 10 anni

La Corte Costituzionale si è espressa dopo che la Corte di Cassazione aveva sollevato questioni di illegittimità costituzionale in merito alla legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), “nella parte in cui non prevede la concessione della detenzione domiciliare speciale anche nei confronti della condannata madre di prole affetta da handicap totalmente invalidante”.

In particolare, la Corte era stata chiamata a intervenire sul ricorso di una detenuta condannata per reati di associazione a delinquere di tipo mafioso, estorsione continuata e ricettazione a una pena che, inflitta il 30 aprile 2015, scade il 13 novembre 2024. Era stata respinta, dal Tribuale di sorveglianza di Reggio Calabria, l'istanza di detenzione domiciliare speciale, che la donna aveva presentato (ai sensi dell’art. 47-quinquies, comma 1, ordin. penit) in funzione della cura e dell’assistenza a una figlia gravemente disabile nata nel 1994, e dunque di età superiore ai dieci anni. La ragazza, come riferisce la Corte, è “totalmente impossibilitata a deambulare e bisognosa dell’aiuto permanente di un accompagnatore”. La richiesta era stata respinta, dal tribunale, solo in ragione del fatto che l'ordinamento penitenziario (art. 47-quinquies, comma 1) impedisce l’accesso delle madri detenute alla misura alternativa della detenzione domiciliare speciale quando il figlio, alla data dell’istanza, ha superato il decimo anno di età: “Le condannate madri di prole di età non superiore ad anni dieci – si legge nell'articolo dell'ordinamento penitenziario relativo alla 'Detenzione domiciliare speciale' - se non sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti e se vi è la possibilità di ripristinare la convivenza con i figli, possono essere ammesse ad espiare la pena nella propria abitazione, o in altro luogo di privata dimora, ovvero in luogo di cura, assistenza o accoglienza, al fine di provvedere alla cura e alla assistenza dei figli, dopo l'espiazione di almeno un terzo della pena ovvero dopo l'espiazione di almeno quindici anni nel caso di condanna all'ergastolo”.

 

Dal ricorso di una detenuta all'illegittimità della norma

Contro tale provvedimento la detenuta aveva presentato ricorso alla Corte di Cassazione, ipotizzando tra l'altro l'illegittimità costituzionale di tale disposizione. Proprio sull'illegittimità costituzionale dell'articolo 47-quinquies si fonda la sentenza della Corte: tale articolo infatti, “limitando l’accesso alla detenzione domiciliare speciale alle 'condannate madri di prole di età non superiore ad anni dieci' – sempre che ricorrano le altre condizioni da essa previste – contrasterebbe con l’art. 3, primo comma, della Costituzione, sotto il profilo della intrinseca irragionevolezza di un sistema rigidamente legato all’età del minore, in cui, ai fini della concessione della detenzione domiciliare in esame, non si consenta affatto di apprezzare l’esistenza di situazioni omogenee a quella espressamente regolata, in cui si palesi la medesima necessità di assicurare al figlio l’effettiva presenza, e il pregnante sostegno, del genitore, quali sono le situazioni in cui il figlio appaia portatore di un handicap totalmente invalidante”. Precisa la Corte che tale giudizio d'illegittimità costituzionale “non incide sugli ulteriori requisiti per la concessione della misura. Restano pertanto ferme le previsioni dell’art. 47-quinquies, comma 1, ordin. penit., che stabiliscono che le detenute possono essere ammesse alla detenzione domiciliare nella propria abitazione, o in altro luogo di privata dimora, ovvero in luogo di cura, assistenza o accoglienza, solo “se non sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti”. Quindi, “il tribunale di sorveglianza sarà chiamato a contemperare ragionevolmente tutti i beni in gioco: le esigenze di cura del disabile, così come quelle parimenti imprescindibili della difesa sociale e di contrasto alla criminalità”.

La detenzione domiciliare speciale

Come riporta il ministero della Giustizia in una scheda sulla detenzione domiciliare e sulle sue diverse forme e declinazioni, la detenzione domiciliare speciale (art.47- quinquies l. 354/1975)  è stata introdotta dall’art. 3 della legge 8 marzo 2001 n. 40, di modifica dell’Ordinamento penitenziario. Con tale beneficio si è voluto consentire alle condannate, madri di bambini di età inferiore agli anni dieci, di espiare la pena nella propria abitazione, o in altro luogo di privata dimora, ovvero in luogo di cura, assistenza o accoglienza, al fine di provvedere alla cura e all’assistenza dei figli. Può essere concessa solo se non sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti e se vi è la possibilità di ripristinare la convivenza con i figli. Può essere ammessa, se ha espiato almeno un terzo della pena (o almeno 15 anni in caso di condanna all’ergastolo) la madre di bambini di età inferiore ai dieci anni, con lei conviventi; o, in alternativa, il padre, quando la madre sia deceduta o nell'impossibilità assoluta di assistere i figli.

La legge 62/2011 ne ha esteso l’efficacia introducendo il comma 1-bis all'art. 47-quinquies, che consente l’espiazione dei minimi di pena richiesti per accedere al beneficio ( un terzo o 15 anni in caso di ergastolo) presso un istituto a custodia attenuata per detenute madri ovvero, se non sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti o di fuga, nella propria abitazione, o in altro luogo di privata dimora, ovvero in luogo di cura, assistenza o accoglienza, al fine di provvedere alla cura e all'assistenza dei figli. (cl)

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