15 dicembre 2013 ore: 01:23
Non profit

Donazioni ai partiti: per lo stato valgono molto più di quelle al non profit

IL CONFRONTO. Il decreto del governo garantisce detrazioni nettamente più alte di quelle concesse a chi dà soldi alle onlus: differenze abissali con un "fisco amico" che il sociale può solo sognare. Premiate anche le scuole di partito, "rubata" l'idea degli SMS solidali
Manifesto partiti politici
ROMA - Avranno pure lo stesso colore, ma certamente i soldi non sono tutti uguali. Quelli regalati ai partiti politici, ad esempio, hanno quel non so che in più che li rende intrinsecamente migliori rispetto a quelli regalati ad altri, ad iniziare da quelli diretti alle associazioni non profit. La cancellazione del finanziamento pubblico ai partiti, ultimo colpo di acceleratore dato dal governo Letta con il decreto legge di venerdì scorso, porta con sé anche un'amara constatazione: tutti siamo liberi di donare i nostri soldi a chi vogliamo, ma ci sono donazioni di serie A e donazioni di serie B. Le prime, manco a dirlo, sono quelle ai partiti, che evidentemente brillano di una luce particolare se lo Stato decide di premiarle e incoraggiarle con detrazioni fiscali più vantaggiose di quelle riconosciute a chi invece preferisce le "erogazioni liberali" al non profit, sempre più "figlio di un dio minore". E non è neppure una differenza da poco, visto che la nuova normativa emanata dal governo e ora in procinto di essere convertita in legge dal Parlamento garantisce detrazioni fiscali fino al 37% e su un massimo di 70 mila euro per i partiti, cifre ben più consistenti di quelle previste dalla normativa in vigore per il non profit, che nel 2014 prevede detrazioni al 24% con un tetto massimo che supera di poco i 2 mila euro. E non finisce neppure qui, perché le detrazioni per le scuole di partito arrivano addirittura a coprire il 75% delle spese sostenute.
 
Il decreto. Il testo del governo, identico a quello che era stato approvato dalla Camera dei deputati il 16 ottobre scorso, cambia il sistema di finanziamento ai partiti politici: da un finanziamento diretto e automatico da parte dello Stato (i cosiddetti, e famigerati, "rimborsi elettorali"), si passerà nell'arco di tre anni ad un sistema interamente deciso dai cittadini che si basa su due pilastri: il "due per mille" in dichiarazione dei redditi e le libere e volontarie donazioni di denaro (le cosiddette "erogazioni liberali").
 
Il 2 per mille. Per quanto riguarda il primo punto, a partire dalla dichiarazione dei redditi che presenteremo nella primavera 2014 sui redditi del 2013 ci imbatteremo nel sistema del "due per mille", che andrà ad affiancarsi agli storici "otto per mille" e "cinque per mille": ogni contribuente, quindi, potrà destinare il due per mille della propria imposta sul reddito a favore di un partito politico. Qualora non volesse potrà destinarlo allo Stato, e proprio allo Stato - almeno secondo il premier Letta - sarà destinata anche la quota di coloro che non avranno indicato alcuna scelta (il cosiddetto "inoptato").
 
Le donazioni ai partiti. Il testo prevede poi che sempre a decorrere dal 2014, dall’imposta lorda sul reddito si potranno detrarre le erogazioni liberali in denaro effettuate dalle persone fisiche in favore dei partiti politici per una quota del 37% per importi compresi tra 30 e 20.000 euro annui e del 26% per importi compresi tra 20.001 e 70.000 euro annui. Ogni singola persona fisica non potrà donare in un anno più di 300 mila euro. Per quanto riguarda l’imposta sul reddito delle società, si potrà detrarre un importo pari al 26% dell’onere per le erogazioni liberali in denaro per importi compresi tra 50 e 100.000 euro.
 
Le donazioni alle Onlus. La differenza rispetto alle detrazioni attualmente previste per le erogazioni liberali in favore delle onlus è evidente, e ciò nonostante il fatto che l'aliquota prevista per queste ultime sia stata recentemente ritoccata al rialzo. Alla persona fisica che effettua una donazione ad una onlus è stata riconosciuta fino all'ultima dichiarazione dei redditi una detrazione pari al 19% della somma versata, che tuttavia poteva essere applicata solamente ad importi fino a 2.065,85 euro. La legge 96/2012 ha stabilito che questa aliquota del 19% venga innalzata al 24% per l'anno 2013 (dunque a valere sulle dichiarazioni presentate nella primavera del 2014) e a regime al 26% a partire dall'anno successivo. Rimane però immutato il tetto dei 2065,85 euro come somma massima su cui calcolare lo sconto fiscale, che dunque in termini generali modesto era (lo sconto massimo era 392,51 euro) e modesto rimarrà (495,80 nel 2013 e 537,12 dal 2014).
 
Il confronto. Per parlare concretamente, prendiamo un soggetto (persona fisica) che dona nel corso del 2014 la somma di 20 mila euro: ebbene, se i soldi sono destinati ad un partito politico lo Stato riconoscerà a questo soggetto, in dichiarazione dei redditi, uno sconto fiscale pari a 7400 euro (il 37% di 20 mila); se invece sono destinati ad una onlus lo sconto fiscale si fermerà a 537,12 euro (il 26% dell'importo massimo considerabile, fissato a 2065,85 euro). Quasi 7 mila euro di differenza a fronte dello stesso importo donato (20 mila euro). Se poi alziamo l'asticella della donazione a quota 70 mila euro, il paragone diventa ancora più eloquente: se si dona ai partiti la detrazione fiscale sarà pari almeno a 18200 euro (il 26% di 70 mila), se lo si fa ad una onlus si fermerà a quota 537,12 euro (è sempre il 26%, ma calcolato sul tetto massimo di 2065,85 euro). Il secondo sconto fiscale è 34 volte più piccolo del primo, a fronte della stessa cifra donata. Con cifre inferiori la differenza è ovviamente meno marcata ma ugualmente presente: se vengono donati 500 euro in un anno, la detrazione fiscale è di 130 euro (se ho aiutato una onlus) e di 185 euro (se ho finanziato un partito). Sono 55 euro di differenza, il che significa che rispetto al primo il secondo sconto vale quasi il 50% in più.
 
E' certamente vero che la normativa per le onlus prevede, se più conveniente per il contribuente, la possibilità di scegliere non la detrazione dall'imposta ma la deduzione dal reddito su cui poi l'imposta sarà calcolata (in questo caso la misura massima è proprio di 70 mila euro annui, ma l'importo non può comunque essere superiore al 10% del reddito complessivo del soggetto), ed è dunque vero che il beneficio fiscale effettivo concesso ad un singolo soggetto può dipendere anche dall'ammontare complessivo del suo reddito e dallo scaglione Irpef di riferimento, ma l'enorme diversità di trattamento ugualmente permane. E sussiste anche facendo riferimento alle norme previste non per le persone fisiche ma per le persone giuridiche: se un'impresa effettua una donazione ad una onlus la può dedurre dal reddito solamente per un importo non superiore al 10% del reddito complessivo dichiarato (e comunque massimo 70 mila euro annui); se la stessa impresa dona ad un partito, invece, non sussiste alcun tetto rispetto al reddito e lo sconto fiscale (sotto forma di detrazione, stavolta) è pari al 26% dell'importo massimo di 100 mila euro (dunque può arrivare a qualcosa come 26 mila euro). Insomma, il legislatore è stato senza dubbio molto più generoso verso i partiti politici che non verso le onlus..
 
SMS solidali per i partiti. Ma non finisce qui: oltre al danno c'è anche la beffa, perché il testo approvato alla Camera e ripreso dal governo dispone la possibilità di attuare una "raccolta di fondi per campagne che promuovano la partecipazione alla vita politica sia attraverso SMS o altre applicazioni da telefoni mobili, sia dalle utenze di telefonia fissa attraverso una chiamata in fonia". Finora l'SMS solidale è stato uno strumento a quasi esclusivo appannaggio del non profit, presto le cose cambieranno e la concorrenza aumenterà, con i partiti che chiederanno contributi anche tramite i nostri telefonini. Il testo di legge non si ferma qui e stabilisce che "tale raccolta di fondi costituisce erogazione liberale e gli addebiti, in qualunque forma effettuati dai soggetti che forniscono servizi di telefonia, degli importi destinati dai loro clienti alle campagne sono esclusi dal campo di applicazione dell'imposta sul valore aggiunto". Niente Iva insomma, come del resto succede - dopo aver ingaggiato e vinto una battaglia durata anni - anche al non profit: un euro doni e un euro viene incassato.
 
A scuola. Infine, come se tutto ciò non bastasse, il testo parlamentare fatto proprio dal governo sul finanziamento ai partiti ha anche un'altra chicca di rilievo: dal 2014 ognuno di noi potrà detrarre dalle proprie tasse il 75% delle spese sostenute per la "partecipazione a scuole o corsi di formazione politica promossi e organizzati dai partiti". Il tetto massimo è di 750 euro. In un paese che storicamente fa fatica a dare spazio al ricambio generazionale in campo politico sarà anche importante incentivare le scuole o i corsi di partito, ma il pensiero non può non andare al trattamento che lo Stato riserva per le spese che studenti e famiglie sostengono per l'istruzione scolastica, quella vera, dall'asilo nido ai master di specializzazione, passando per scuole medie, superiori e università. In tutti questi casi lo sconto fiscale - sotto forma sempre di detrazione - è pari al 19% delle spese sostenute, cui si aggiunge per gli asili nido anche il tetto dei 632 euro annui di spesa. Per farla breve: se spendi mille euro in un anno per tuo figlio che va all'asilo nido lo Stato ti rimborsa 120 euro (il 19% del limite di 632 euro), se ne spendi mille per le tasse universitarie di tuo figlio diciannovenne lo sconto fiscale che ottieni è di 190 euro (19% di mille euro), ma se quei mille euro li spendi per fargli frequentare una scuola di partito (o per frequentarla tu stesso, del resto per imparare "non è mai troppo tardi") ecco che lo Stato ti riconosce uno sconto fiscale di 750 euro (il 75% di mille euro, pari esattamente al tetto massimo previsto). Come dire che la scuola di partito è cinque o sei volte più importante del nido e dell'università. Ma del resto, se occorre "ripartire dalla cultura"... (ska)
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