9 giugno 2017 ore: 14:40
Immigrazione

Donna rom morta in strada, don Colmegna: affrontare il disagio senza rassegnarsi

L'analisi del presidente della Casa della carità di milano: "Non si possono tollerare favelas e occupazioni, ma oltre al ripristino delle legalità occorre investire su nuove strategie di inclusione. Altrimenti casi come quello della morte della donna rom rischiano di ripetersi"
Donna rom morta a Milano 2

MILANO - "La politica sui rom a Milano va rivista. E va creato un osservatorio che monitori concretamente le occupazioni o gli insediamenti abusivi, non solo dei rom. Per poter fare poi interventi precisi. Il disagio va affrontato e bisogna poter valutare ogni singolo caso". Don Virginio Colmegna, presidente della Casa della Carità, interviene sulla vicenda di Mariana, la donna rom di 42 anni, cardiopatica, deceduta di fronte all'ingresso del Centro di emergenza sociale (Ces) di via Sacile, mentre passava la notte su un materasso dopo che due giorni prima era stata sgomberata dal confinante campo abusivo. Il Ces è del Comune di Milano ed è gestito dalla Casa della carità insieme alla Fondazione Padri Somaschi. "Dobbiamo interrogarci su quanto accaduto e non bisogna rassegnarsi -aggiunge-. Ci sono tante situazione di abbandono a Milano. Penso alle famiglie sgomberate dagli appartamenti occupati. È questo uno dei grandi problemi di questa città. Con questo non voglio giustificare l'illegalità, ma è chiaro che bisogna cambiare, puntare di più sulla prevenzione, intercettare per tempo i casi di povertà". 

"So bene che tante persone continuano a urlare che non vogliono i rom e chiede che li si mandi via. C'è una paura che non va ignorata - aggiunge il sacerdote - . Ma allo stesso tempo non si può mai dimenticare che si ha a che fare con persone. Non si possono tollerare favelas e occupazioni, ma oltre al ripristino delle legalità occorre investire su nuove strategie di inclusione. Altrimenti casi come quello della morte della donna rom rischiano di ripetersi". 

Occorre ripensare anche alla gestione dei Centri di emergenza sociale, creati come luogo di transito delle persone (non solo rom) sgomberate da appartamenti, edifici o campi. Durante la loro permanenza nel Ces dovrebbero essere aiutati a trovare una casa e un lavoro. "C'è un problema di sovraffollamento -sottolinea don Colmegna-. So che siamo criticati per aver accettato di gestire il Ces, ma abbiamo scelta di stare con le persone. C'è bisogno ora di rivedere questo progetto. Quel che è certo è che c'è un grande bisogno di avere spazi per accompagnare queste persone verso una vita autonoma e dignitosa". (dp)

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