29 giugno 2023 ore: 13:03
Società

Donne, immigrati e occupati: così cambia il volto della povertà a Milano

Presentato il Rapporto di Caritas Ambrosiana frutto dei dati raccolti in 140 strutture della diocesi nel 2022, che hanno aiutato oltre 30 mila persone. L’aumento di immigrati tra chi chiede aiuto e la crescita della componente femminile “sono spie di un disagio diffuso, reso più grave dalla pandemia” 
Povertà, senza dimora, psichiatria: persona con sportine, di spalle
MILANO - Ripresa economica e occupazionale per molti, ma non per tutti. A Milano la povertà si “espande” così come racconta l’Osservatorio delle povertà e delle risorse di Caritas Ambrosiana che questa mattina ha presentato la nuova edizione del Rapporto sulle povertà nella diocesi ambrosiana. I dati raccolti fanno riferimento al 2022 e riguardano 14.619 persone (+5,1% rispetto al 2021), aiutate da 137 centri d’ascolto territoriali e tre servizi diocesani, sparsi nell’area metropolitana di Milano e nelle province di Varese, Como, Monza-Brianza e Lecco.
 
Il campione di quasi 15 mila persone oggetto della rilevazione (che non esaurisce l’universo degli individui ascoltati e aiutati, in diocesi, dalla rete Caritas, la quale nei territori ambrosiani opera tramite 397 centri d’ascolto) è caratterizzato da una prevalente e crescente presenza di donne (61,4%, +14,5% rispetto al 2021) e di immigrati (60,9%, +12,7% rispetto al 2021, soprattutto a causa del forte afflusso di profughi ucraini).
 
“La situazione occupazionale vede ancora prevalere le persone disoccupate (51,8% del totale degli aiutati), ma in ulteriore forte espansione appare il segmento degli occupati (23,3%, valore aumentato del 58,2% negli ultimi 7 anni) – si legge in una nota della Caritas Ambrosiana -. Ciò spiega perché sempre meno chi accede a un centro d’ascolto chieda un lavoro, e sempre più spesso segnali problemi di reddito (69,3% degli utenti, il dato più alto mai registrato in diocesi da quando le rilevazioni sono sistematizzate): tale condizione caratterizza il 71,8% degli utenti italiani (erano il 63,2% nel 2019) e addirittura il 77,5% delle persone occupate che accedono ai centri d’ascolto e ai servizi”.
 
Le richieste di aiuto riguardano per lo più ordinarie esigenze di vita e sostentamento (non a costose emergenze improvvise): è la situazione sperimentata da ben 3 su 4 occupati part time e di quasi 2 su 3 occupati full time che si rivolgono ai centri e servizi Caritas. Tra gli occupati del campione che accusano insufficienze reddituali, le professioni più frequenti sono lavori domestici (25%) e assistenza agli anziani (23%). “Le conseguenze delle diffuse carenze reddituali sono facilmente immaginabili – spiega la Caritas ambrosiana -. Gli operatori e i volontari Caritas sempre più spesso si sentono rivolgere dagli utenti una richiesta di beni materiali e servizi, che sopravanza ormai nettamente ogni altro tipo di richiesta (lavoro, casa, orientamento ai servizi, assistenza legale, supporto a percorsi di inclusione): essa è espressa dal 49,2% degli utenti, con un incremento del 31% rispetto al 2019, ultimo anno pre-pandemico”.
 
Il rapporto, inoltre, evidenzia che 6.384 delle 14.619 persone aiutate hanno dichiarato di avere familiari, situazione che di fatto estende l’area dell’aiuto, diretto e indiretto, espresso dai 137 centri di ascolto e dai tre servizi Caritas a 30.671 persone. “Tra i nuclei con familiari, 3.509 hanno dichiarato di avere figli minorenni – si legge nella nota- : nelle famiglie aiutate da Caritas vivono dunque 6.584 minori (di cui il 33% in età pre-scolare). Il 76,5% dei nuclei con minori sono di origine immigrata, il 23,5% italiani; 1 su 4 è monoparentale, e quando c’è un solo genitore esso è quasi sempre donna (92,5% dei casi)”.
 
Che la presenza di minori rischi di peggiorare le condizioni di vita della famiglia, aggiunge la Caritas Ambrosiana, lo dimostra il fatto che l’87,1% dei nuclei con minori che si rivolgono a Caritas ha problemi di reddito (e nel 70,6% di questi casi si tratta di problemi di reddito che impediscono di far fronte tranquillamente alle normali esigenze della quotidianità). Inoltre il 18,2% dei nuclei con minori ha problemi abitativi (residenze provvisorie, coabitazione, case precarie e poco funzionali…). “Tutto converge nel far ritenere la presenza di figli piccoli o adolescenti un fattore di infragilimento di fronte al rischio di povertà – continua la nota -: e d’altro canto, ciò inasprisce la tendenza alla trasmissione intergenerazionale della povertà”.
 
“L’impoverimento generale; l’aumento di immigrati tra le persone che chiedono aiuto; la “femminilizzazione” della platea degli ascoltati e aiutati; la conferma e anzi l’ampliamento della presenza, tra chi non ce la fa, di persone che lavorano; le difficoltà delle famiglie con figli minori: sono traiettorie di evoluzione dell’area di povertà che occorre tenere monitorate – ha osservato Luciano Gualzetti, direttore di Caritas Ambrosiana  –. Ma in generale sono tutte spie di un disagio diffuso, reso più grave dalla pandemia, soprattutto tra chi viveva già in condizioni di vulnerabilità”.
 
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