Donne, "non svuotare di senso il lavoro dei centri antiviolenza"
- ROMA - La Rete nazionale dei Centri antiviolenza di D.i.Re Donne in Rete contro la violenza con le donne compie 30 anni. In questo periodo l’obiettivo è stato il supporto nel percorso di uscita della violenza e sostenendo le vittime e facendo crescere il senso di autodeterminazione. Un impegno, presentato alla Camera dei Deputati, che, in questi anni, si è esplicitato anche nel richiamare ad una maggiore responsabilità la politica, affinché attui piani politici integrati di ampio respiro in grado di contrastare le radici strutturali dei comportamenti violenti contro le donne e di attuare azioni di prevenzione più efficaci. “Dopo 30 anni di attività oggi possiamo dire che abbiamo raggiunto traguardi importanti, ma il percorso è ancora lungo per sconfiggere la violenza maschile. Siamo di fronte al tentativo di svuotare di senso il lavoro dei centri antiviolenza, attraverso proposte con un approccio neutro nell'analisi della violenza ed un'istituzionalizzazione delle pratiche”, dichiara Lella Palladino, presidente D.i.Re.
Un fenomeno, quello del violenza maschile contro le donne, radicato e in gran parte sommerso e che, in occasione del 25 novembre Giornata Internazionale di lotta per l'eliminazione della violenza contro le donne, la Rete D.i.Re riporta in una sua rilevazione ed analisi dei dati emersi da un monitoraggio effettuato sugli 80 centri antiviolenza presenti su tutto il territorio nazionale. Luoghi questi ultimi, che sono per le donne, che hanno subito violenza, una risorsa dove sentirsi accolte e ascoltate, ma anche dove possono innescare un processo di recupero della propria autonomia; dove poter essere ospitate nelle Case di accoglienza, essere sostenute in gruppi di auto aiuto ed avere consulenze psicologiche, legali e genitoriali.
Nel 2016 i Centri hanno accolto 21.351 donne, tra quelle che avevano già iniziato il percorso di uscita e quelle che per la prima volta avevano preso contatto con il centro, di queste il 66% sono di provenienza italiana mentre un 27% sono provenienti da altri paesi. Il 50% delle donne accolte hanno una età media compresa tra i 44 ed i 51 anni, spesso con poca indipendenza economica, e sono vittime della violenza del partner o di un ex. Quando la violenza è perpetrata dal partner la richiesta di aiuto tende ad avvenire a distanza di tempo dal primo episodio dell'atto violento. Alle spalle queste donne vi è una relazione improntata al controllo e alla sopraffazione da parte del partner e le violenze psicologiche, pari al 80,9% dei casi, sono maggiori di quelle fisiche che sono pari a 65,2% dei casi.
Dall'indagine risulta che il 66% dei maltrattanti delle donne accolte nei Centri antiviolenza sono principalmente uomini italiani contro il 23% di quelli stranieri, un dato che mette in discussione uno stereotipo diffuso che vede questo fenomeno riconducibile a retaggi culturali di altri paesi. Altro dato non meno importante è che questo uomo è quasi sempre il partner o al massimo un ex, ciò a significare che nel 80% circa dei casi la violenza è esercitata da un uomo in forte relazione con la donna.
In questi ultimi anni i Centri antiviolenza della Rete D.i.Re hanno dovuto rispondere sull'accoglienza e sull'accompagnamento di un numero crescente di casi, di una certa gravità e complessità, di donne e ragazze sopravvissute alla violenza sessuale e di genere e/o di tratta arrivate via mare in Italia. Il Progetto Samira è una ricerca qualitativa, condotta nel periodo gennaio luglio 2017, voluta da D.i.Re con lo scopo di migliorare i percorsi di aiuto, resi possibili dalle mediatrici culturali, offerti dai Centri antivilenza della propria Rete a questo gruppo di donne.