Donne senza dimora. Cresce il numero e l’età media delle ospiti della Casa della Carità di Milano
ROMA – Alla Casa della Carità di Via Brambilla a Milano ci sono sempre più donne e, attualmente, il cosiddetto “Piano Sara” intitolato, alla figura biblica della moglie di Abramo, accoglie 25 ospiti di sesso femminile, un terzo delle quali italiane. In un articolo pubblicato sull’ultimo numero della newsletter della struttura voluta nel 2002 dal cardinale Carlo Maria Martini e presieduta fino a qualche settimana fa da don Virginio Colmegna, la responsabile dei Progetti sociali, Vanessa Caputo, racconta: “Storicamente alla Casa della Carità abbiamo sempre accolto più uomini che donne. Vuoi perché l’immigrazione cominciava prevalentemente dagli uomini che poi venivano raggiunti dalle mogli, o vuoi perché le persone senza dimora sono in prevalenza maschi”. Oggi però la situazione è cambiata e il numero degli uomini e delle donne accolte è molto simile. Questo è in solo in parte conseguenza della recente riprogettazione degli spazi di Via Brambilla, perché tra le persone che bussano alle porte della Casa sono aumentate le donne: “Oggi c’è anche un’immigrazione fortemente femminile. I motivi sono diversi. Per esempio arrivano donne desiderose di autodeterminarsi, che vogliono poter scegliere chi sposare, indipendentemente dalle imposizioni delle famiglie. E sia tra le straniere che tra le italiane, arrivano donne separate, divorziate o che sono fuggite da situazioni di maltrattamento”.
In aumento le donne anziane
Negli ultimi tempi è anche aumentata l’età degli ospiti della Casa della Carità, soprattutto tra le donne: “Si pensi che al momento abbiamo solo tre ventenni, mentre le altre hanno superato abbondantemente i 30 anni fino ad arrivare a 76 anni. E solo perché da poco è uscita più anziana di tutte che aveva 83 anni, una cosa che non si era mai verificata prima”. La donna in questione è Rahel, che si è trovata per strada all’età di 80 anni. Rahel è arrivata in Italia dall’Eritrea molti anni fa. Ha sempre lavorato duramente fino a che non è riuscita a comprarsi una piccola casa. Ma, quando l’attività commerciale avviata da suo figlio ha cominciato ad andare male, si è vista pignorare la propria casa.. Per alcuni anni Rahel è stata ospite della Casa della Carità, dove è stata sostenuta in un percorso di vita autonoma, fino all’ottenimento di una casa popolare, dove si è trasferita all’inizio del 2023.
Vita più difficile per le donne
Ma da cosa dipende l’aumento del numero di donne in situazioni di bisogno? Secondo gli operatori della Casa della Carità parte della responsabilità risiede nelle recenti emergenze che, dal Covid all’inflazione, hanno messo in crisi quelle reti sulle quali le donne, rispetto agli uomini, potevano più facilmente contare: “L’idea che le donne abbiamo reti più forti rispetto agli uomini è meno vera rispetto ad alcuni anni fa, perché ormai le difficoltà ci sono per tutti e anche amici o parenti fanno più fatica a ospitarti – prosegue Caputo –. Vivere a Milano è difficile e costoso per tutti, quindi accogliere nella propria casa una persona estranea o anche un familiare è diventato un costo e quindi è più problematico. La nostra impressione è che una donna di una certa età che rimane sola abbia meno opportunità di crearsi dei nuovi legami – prosegue –. È invece più facile che uomo di una certa età trovi una donna, magari anche più giovane, disposta ad accoglierlo e a prendersi cura di lui. Una donna che ha già matrimonio fallito alle spalle e magari ha perso lavoro e ha problemi economici non ha attrattiva. Viceversa le donne tendono a farsi carico anche di uomini con queste difficoltà.
Maternità, una questione delicata
Un tema delicato nell’accoglienza delle donne è quello della maternità: “Da una parte abbiamo donne che hanno vissuti di separazione dai propri figli: figli abbandonati, dispersi, sottratti, morti o lasciati alle cure di qualcun altro. Dall’altra, soprattutto per le donne straniere e per le più giovani, la maternità è un desiderio molto forte, nonostante la difficoltà che attraversano, o addirittura un tema indentitario. Per esempio stiamo ospitando alcune donne marocchine che, a causa di un tumore all’utero, hanno subito un’isterectomia e sono talmente legate alla dimensione del corpo e alla capacità di procreare, che il fatto di non poter più avere figli le fa sentire meno donne e pensano non valere più niente”, conclude l’operatrice.