Dopo di noi, "beneficiari inferiori al bisogno ma ora le risorse ci sono”
ROMA - “Purtroppo le preoccupazioni che avevamo manifestate vengono confermate dalla Relazione: una platea di beneficiari decisamente inferiore al bisogno effettivo. Ma ora le risorse ci sono, l'importante è che siano utilizzate. Siamo ottimisti”: così Roberto Speziale, presidente nazionale di Anffas, legge insieme a Redattore sociale la Relazione al Parlamento sull'attuazione della legge 112/2016 per il “dopo di noi”. Da un lato rammarico per un ritardo magari fisiologico, ma che forse si poteva almeno ridurre e la fiducia in un auspicabile “accelerazione” nella valorizzazione delle risorse e degli strumenti messi a disposizione.
Speziale, Anffas ha monitorato costantemente l'attuazione della normativa, in attesa dei dati ufficiali. Ora che i dati ci sono, siete sorpresi?
No, abbiamo davanti un quadro confermativo di quanto avevamo già sotto gli occhi, non ci sono scostamenti rispetto a quanto abbiamo elaborato nel tempo. L'unico aspetto nuovo per noi è quello sull'utilizzo degli incentivi fiscali. Non avevamo dati su questo e veniamo a sapere ora quanto sia stata bassa l'adesione a queste misure. Dobbiamo riflettere e lavorare su questo: certamente serve un maggiore accompagnamento, sotto forma di informazione e supporto, per favorire l'accesso a queste agevolazioni. Ora ci sono risorse non spese che, per fortuna, non potranno essere disperse ma dovranno essere rimesse sul fondo nazionale. Su questo sarebbe necessario un intervento normativo di semplificazione e ampliamento degli istituti giuridici, per rendere più accessibile questa modalità
In generale, vi pare che le legge stia funzionando?
Siamo convinti che funzioni anche molto bene, laddove la concertazione con il movimento associativo è stata puntuale e dove sono stati utilizzati strumenti fondamentali come la co-programmazione e la co-progettazione, mentre non funzioni affatto dove gli interventi sono stati non di rete ma verticistici, burocratici e unilaterali.
A tal proposito, le prime pagine della Relazione sono dedicate proprio al ruolo delle associazioni. Cosa ne pensa?
Penso che sia un aspetto fondamentale: una sinergia indispensabile, che però solo in alcuni territori sta funzionando a dovere.
Quali sono i principali aspetti critici che rileva nei dati riferiti al Parlamento?
Il dato critico fondamentale è che, a distanza di quasi cinque anni dall'emanazione della legge, solo 6 mila persone risultano destinatarie di interventi concreti. Ricordo che, in sede di elaborazione della legge, si parlava di almeno 120 mila destinatari in condizioni emergenziali. Il secondo aspetto critico è l'eterogeneità tra i territori: ci sono alcune regioni virtuose, come Lombardia, Piemonte ed Emilia-Romagna, mentre altre fanno molta fatica a partire. Ci sono poi regioni che non hanno neanche inviato i dati sugli interventi realizzati o in via di realizzazione: i 380 alloggi di cui si parla nella Relazione sono tutti concentrati al Centro-nord, mentre dal Lazio in giù, Sardegna compresa, ad eccezione della Calabria, tutte le regioni risultano scoperte.
Quali sono gli interventi realizzati finora con le risorse della legge?
Principalmente sono state messe in campo azioni per il “durante noi”, quelle che noi chiamiamo “palestre per la vita indipendente”, servizi per potenziare le autonomie, preparando il distacco progressivo dalla famiglia. Consideriamo questo un dato positivo, convinti che il Dopo di noi non possa che costruirsi “durante noi”. Potrebbe esserci però una una criticità, che dobbiamo meglio analizzare: il rischio che in alcune regioni (nel Veneto, per esempio) questo dato possa camuffare il fatto che con queste risorse finanzino semplici centri diurni, che non rientrano nelle finalità della norma.
Come vede il futuro? Cosa bisognerebbe fare, per rendere maggiormente efficace la legge?
Sono ottimista, perché oggi la legge inizia a essere in grado di produrre i suoi effetti. La criticità, negli anni precedenti, di non aver speso le risorse fa sì che queste ora siano giacenti nella casse di regioni ed enti locali. Nel frattempo, le regioni hanno avuto modo di affinare i propri sistemi, correggendo ciò che non ha funzionato. Si potrebbe dunque accelerare, facendo tesoro delle buone prassi evidenti in alcuni territori e messe in luce nella Relazione. In tal senso, crediamo che il Ministero dovrebbe promuovere una grande campagna informativa, per sensibilizzare famiglie, associazioni e persone con disabilità. Anffas, a questo scopo, il 14 febbraio lancerà il suo progetto “Liberi di scegliere dove e con chi vivere” che tende proprio a modellizzare, a beneficio delle famiglie, un sistema d'infrastrutturazione sociale che dia piena attuazione a questa legge.
Per le associazioni, questa legge si sta rivelando uno strumento utile?
Certamente, molto utile. Quello che non si evince dalla relazione è quanto le associazioni abbiano messo in atto, ispirate dalla legge ma senza poter ancora attingere alle risorse da questa messe a disposizione: siamo andati avanti e ora faremo di tutto per rendere sostenibile ciò che abbiamo creato, chiedendo alla legge quel riconoscimento ufficiale e materiale di cui questi progetti hanno bisogno per poter garantire un futuro ai propri destinatari. La legge ha prodotto insomma più di quanto non si rilevi oggi: ora si tratta far funzionare al meglio i meccanismi e gli strumenti che la legge ci offre e di cui centinaia di migliaia di persone in Italia non possono fare a meno.