11 luglio 2017 ore: 09:44
Disabilità

Dopo di noi, "in Calabria serve una rivoluzione culturale"

Coppedè (Fish Calabria): “Saranno finanziati progetti nuovi o progetti già esistenti che si saranno adeguati alla nuova normativa. Si intende puntare anche sull’agricoltura sociale, ovvero sui piccoli gruppi che lavorano la terra, perché chi entra nel Dopo di noi deve essere una persona attiva ed integrata socialmente”
Nunzia Coppedè alla conferenza stampa di stamane

Nunzia Coppedè alla conferenza stampa

ROMA - Il “dopo di noi” in Calabria: lo stato dell’arte, le istanze delle associazioni che tutelano le persone con disabilità, la posizione dell’amministrazione regionale in merito alla tematica. La Fish, la Fand e l’Anffas sono le associazioni invitate al tavolo istituzionale con la Regione Calabria che, per il Dopo di noi, mette a disposizione 3 milioni e 60 mila euro. Nunzia Coppedè, presidente calabrese della Fish ( Federazione italiana superamento handicap) spiega: “In Calabria ci sono delle strutture dislocate a Rossano e Rogliano in provincia di Cosenza, a Lamezia, Catanzaro e Reggio Calabria. A Lamezia, nel Dopo di noi di via dei Bizantini abitano 6 persone. Le altre strutture ancora non rientrano nei parametri previsti dalla legge che impone non più di 5 persone; quasi tutte le strutture esistenti attualmente, infatti, hanno 10 posti. Il servizio è pensato come una casa civile dove le persone possono incontrarsi prima per capire come fare gruppo, per conoscersi e per mantenere le stesse abitudini, la stessa vita precedente all’ingresso nel Dopo di noi”.
 
Coppedè rimarca il fatto che “con la nuova legge il Dopo di noi viene visto come un progetto individuale, da cucire su misura come un abito, per ogni persona. Le risorse – sottolinea ancora la presidente della Fish - vanno messe in circolo intorno alle persone, come previsto dall’articolo 14 della 328 e dalla Convenzione sui diritti delle persone con disabilità”. Per quanto riguarda gli interventi “saranno finanziati progetti nuovi o progetti già esistenti che si saranno adeguati alla nuova normativa. Si intende puntare anche sull’agricoltura sociale, ovvero sui piccoli gruppi che lavorano la terra perché – evidenzia Coppedè - chi entra nel Dopo di noi deve essere una persona attiva ed integrata socialmente”. In Calabria si sta anche pensando di utilizzare le eredità delle persone per creare delle fondazioni e per finanziare i progetti di cui beneficeranno le persone con disabilitò gravi che non hanno più famiglia o che hanno dei familiari che non sono più in grado di occuparsi di loro”.
 
“E’ complicato applicare la normativa – sostiene ancora Coppedè - perché serve una rivoluzione culturale di fondo. Il progetto individuale è una novità e rappresenta il contrario di quanto fatto finora. L’idea del Dopo di noi che diventa casa civile implica il buon funzionamento della rete costituita dalle istituzioni locali ( regione e comuni) e dalle associazioni; realtà tra cui deve esserci piena sinergia e comunione d’intenti. Inoltre, bisogna stare attenti a non creare disparità, in modo che le risorse siano equamente distribuite per tutte le persone disabili che saranno accolte nel Dopo di noi”.
 Per Maurizio Simone (presidente calabrese della Fand) e Marinella Alesina(presidente calabrese dell’Anffas)  “il Dopo di noi dovrà essere una nuova visione della disabilità, della vita indipendente e della rete dei servizi per tutte le persone con disabilità prive di sostegno familiare o che vogliono fare un percorso di vita sociale in autonomia che servirà per il futuro. Certo è ancora un po' poco rispetto alle aspettative ed alle esigenze reali ma – dichiarano Simone e Alesina- da qualche parte bisogna cominciare e se stiamo tutti compatti un primo traguardo lo possiamo raggiungere”. In questi giorni, a Lamezia, si è tenuto proprio un incontro sul “Dopo di noi in Calabria e l’applicazione della legge 112/2016”; l’iniziativa ha visto la presenza di rappresentanti locali e nazionali di Fish, Fand e Anffas. Nel dibattito è stato ribadito che la legge 112 è stata un passo fondamentale per il riconoscimento dell’autonomia abitativa delle persone con disabilità e lo sviluppo delle politiche a sostegno della famiglia. Ciò, in quanto la normativa ha dato una risposta alle persone con disabilità che non possono più contare sul sostegno delle famiglie ma che hanno diritto a rimanere nel contesto sociale in cui hanno sempre vissuto”.
Don Giacomo Panizza, fondatore della Comunità Progetto Sud che il Dopo di noi lo ha già concretizzato da diversi anni sul territorio, asserisce: “Non servono solo servizi. Le persone disabili, dopo aver perso i familiari, hanno bisogno di una vita ricca di relazioni per continuare a vivere un’esistenza degna di questo nome. Quarant’anni fa molti disabili rimanevano in casa o venivano rinchiusi al manicomio –  ricorda il presidente della Progetto Sud– Oggi le modalità d’intervento sono tante e puntano tutte al miglioramento della qualità di vita perchè il mondo della disabilità ha imparato tanto, anche grazie ai familiari dei malati”. Su quanto fatto dalla Regione Calabria, don Giacomo rammenta: “Il primo fondo per finanziare il Dopo di noi risale a 15 anni fa ma nessuno ha mai controllato dove sono andati a finire i soldi stanziati. Oggi – afferma don Giacomo – il governo regionale, che non può imparare dall’esperienza passata, sta rivedendo tutta la mappa delle strutture idonee per il Dopo di noi che può intendersi come un sistema-famiglia”. Federica Roccisano, assessore regionale alle Politiche sociali, precisa che la Regione Calabria sta riprogettando il Welfare, delineando anche linee guida di utilizzo dei fondi. La programmazione sarà poi trasmessa ai comuni che dovranno applicarla nei rispettivi territori. Roberto Speziale, presidente dell’Anffas e vicepresidente della Fish, insiste su un concetto basilare e cioè che le persone disabili “hanno diritto a scegliere dove e con chi vivere, quindi niente può essere deciso senza il loro parere e la loro approvazione. Da ciò la necessità di elaborare dei progetti individuali”.  (Maria Scaramuzzino)
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