19 ottobre 2020 ore: 14:33
Disabilità

Dpcm, sport per tutti o per qualcuno? Il professionismo “negato” alle donne

di Chiara Ludovisi
Laura Coccia, atleta “quasi” paralimpica, commenta le disposizioni contenute nel decreto: “Torna alla ribalta il tema della discriminazione di genere nello sport: atlete professioniste 'di fatto', non sono riconosciute come tali e quindi sono prive di tutele. E' l'occasione per rimettere mano alla legge del 1981”
Sport per tutti

ROMA – E' stato uno dei temi più caldi, ieri sera, prima e dopo la conferenza con cui Conte ha annunciato le nuove misure di contentamento del contagi: sullo sport, a quanto pare, c'è stato un vero e proprio braccio di ferro, in cui ha tenuto duro chi voleva che anche quello dei non professionisti potesse continuare. Il risultato è che lo sport dilettantistico non si ferma del tutto, ma solo in parte: si fermano, soprattutto, le competizioni, negli sport di contatto e di squadra, quando non siano di interesse almeno regionale. “L’attività sportiva dilettantistica di base, le scuole e l’attività formativa di avviamento relative agli sport di contatto sono consentite solo in forma individuale e non sono consentite gare e competizioni”, si legge nel decreto. Continuano, invece, “gli eventi e le competizioni riguardanti gli sport individuali e di squadra riconosciuti di interesse nazionale o regionale dal Comitato olimpico nazionale italiano (CONI), dal Comitato italiano paralimpico (CIP) e dalle rispettive federazioni sportive nazionali, discipline sportive associate, enti di promozione sportiva, ovvero organizzati da organismi sportivi internazionali”.

Professionismo e dilettantismo diventano quindi le parole chiave e i concetti fondamentali per distinguere cosa si possa e cosa non si possa fare. Il professionismo è salvo, il dilettantismo invece no. Almeno per il momento. “Io penso che nelle prossime ora ci saranno dei correttivi o meglio delle precisazioni, perché il Dpcm non è chiaro e genera situazioni paradossali”, commenta Laura Coccia, un'esperienza in Parlamento e una grande passione per lo sport, come atleta “quasi paralimpica”. Il paradosso è che “il nuovo Dpcm sottolinea la differenza tra sport di contatto professionistico e dilettantistico, rivelando il segreto di Pulcinella: lo sport non è per tutti – spiega – In altre parole, il calciatore Leonardo Bonucci continuerà a giocare, mentre la calciatrice (di Serie A e della nazionale italiana) Sara Gama rischia di doversi fermare”. Perché? “Perché si sa che in Italia le donne fanno sport solo per diletto. Per questo da quasi 40 anni sono per legge dilettanti”.

Dilettante o professionista, che differenza c'è?

Come e perché questo sia possibile, ce lo spiega ricordando la sua battaglia storica e chiarendo, come prima cosa, la differenza sostanziale tra professionismo e dilettantismo. “Per dirla in parole semplici, lo sport professionistico (tipicamente, il calcio maschile) comporta un contratto di lavoro a tutti gli effetti e quindi tutte le tutele. Il problema è che, in base alla legge del 1981, per le atlete donne sono le singole federazioni che decidono se e come rientrare nel professionismo. La Federcalcio, per esempio, così come la federazione del basket, hanno scelto di avere il professionismo solo al maschile. Questo significa che tutte le calciatrici, anche quelle che giocano in serie A o nella nazionale, sono prive di tutele: se si ammalano, se hanno un infortunio, specialmente se restano incinte, non ricevono nessun sostegno”.

Atlete e maternità

Il problema principale è la maternità, un evento naturale e ovviamente molto frequente tra le atlete: “Se la donna che fa sport a livello professionale resta incinta, deve lasciare la sua unica fonte di reddito per un periodo di tempo significativo, Pensiamo soprattutto agli sport di contatto, di cui tanto si parla in questi giorni: a differenza di tutte le altre lavoratrici, l'atleta dovrà lasciare prima un lavoro che rischia di essere molto pericoloso e incompatibile con la gravidanza. Quando ero in Parlamento – ricorda Laura Coccia – insieme alle associazioni ho fatto una battaglia e alla fine abbiamo ottenuto un risultato importantissimo: il fondo nazionale per la maternità delle atlete. Ma è chiaro che non basta e che bisogna arrivare a modificare una legge obsoleta, che non tutela le atlete professioniste e le condanna ad essere dilettanti per tutta la vita. Proprio questo del professionismo nello sport è un tema enorme, che ora il Dpcm ha messo in evidenza”.

Il valore dello sport dilettantistico

Le limitazioni imposte al dilettantismo sportivo rischiano di avere un grave impatto però non solo sulle atlete, ma anche sui giovani: “Lo sport è ormai universalmente riconosciuto come strumento per allontanare i ragazzi dalla strada, per insegnare il rispetto e la sana socialità. Si dice continuamente quanto il lockdown abbia messo alla prova i giovani. Dobbiamo allora ricordarci che lo sport è una valvola importante di contatto e relazione umana: non possiamo pensare di relegare lo sport per i giovani ai videogiochi. Lo sport non è soltanto movimento, benessere fisico e contrasto all'obesità, che pure è essenziale: fare sport, specialmente di squadra e a qualsiasi livello, significa uscire di casa per andare in un luogo sicuro. Lo sappiamo così bene che chiunque abbia figli pensa a quale sport possa andar bene per loro. Soprattutto per gli adolescenti, facilmente soggetti ad abbandono dell'attività sportiva, chiudere gli allenamenti o anche solo le gare significa togliere qualcosa d'importante. Di nuovo, si andrebbero a colpire i ragazzi. Bisogna fare tutto con la massima prudenza e nel rispetto dei protocolli, ma penso che in questo momento nessuna società sportiva possa anche solo pensare di comportarsi con superficialità. Mi auguro che anche il dibattito che sta accompagnando queste nuove misure di contenimento del contagio serva ad andare sempre più decisamente verso uno sport che sia davvero per tutti: uomini, donne, bambini, adolescenti, persone con disabilità”.

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