Droghe, ecco il vademecum in 8 punti per gli operatori
Due ragazzi in comunità per tossicodipendenti
MILANO - Chi lavora nelle comunità per tossicodipendenti deve stare "sempre in allerta". Mai dare nulla per scontato o definitivamente acquisito. La convivenza 24 ore su 24 tra un gruppo di persone, composto da utenti e operatori, crea una situazione che è sempre in divenire, mai statica. Sul numero di marzo di Animazione Sociale, Leopoldo Grosso, psicologo, psicoterapeuta e uno dei massimi esperti sui temi delle dipendenze, ha provato a redigere un vademecum in otto punti ad uso degli operatori delle comunità per tossicodipendenti. Vediamoli.
1) Saper ascoltare e osservare. "Vivere insieme in tanti comporta fatalmente cortocircuiti comunicativi -scrive Grosso-. Per questo l'operatore deve porre molta cura nella chiarezza comunicativa e nella "pulizia" relazionale". Ci vuole quindi ascolto e capacità di osservazione, sia nei colloqui ufficiali che in quelli informali. Ma, si badi bene, "non si ascolta solo con le orecchie, ma anche con gli occhi. L'osservazione ha come focus i comportamenti: quello che le persone fanno, non fanno, e come lo fanno; chi cercano e chi evitano". L'obiettivo, però, non è quello di controllare, ma comprendere.
2) Saper valorizzare le risorse delle persone. "Per lavorare con le risorse dell'utente occorre riuscire ad identificarle. Raramente brillano di luce propria, offuscate da anni di dipendenza". Come fare dunque? "È sempre utile partire dai desideri. È necessario poi creare contesti in cui queste abilità possano emergere". Con un'attenzione: nei progetti che mirano a far emergere i talenti delle persone, bisogna ponderare per bene i passi che ciascuno è in grado di fare. Ci vuole insomma gradualità.
3) Saper contenere le crisi. Le crisi possono assumere forme svariate. Il compito dell'operatore "consiste nell'attraversare la criticità e trasformarla in occasione terapeutica". Inoltre, non vanno evitate o sottovalutate, né bisogna avere "atteggiamenti di contrapposizione". "Non resta che vivere il conflitto, senza esserne intimoriti e tenendo ben preesente la necessità di disinnerscarlo".
4) Saper gestire la relazione. "In comunità l'intensità delle relazioni investe l'intero periodo di vita che si trascorre con la permanenza in struttura (24 ore su 24 per mediamente 18 mesi). Le relazioni di attaccamento che si sviluppano (…) se ben trattare possono modificare alcuni schemi disfunzionali e svolgere una funzione 'affettiva correttiva'".
5) Saper lavorare col gruppo. "In comunità tutto è gruppalità e il gruppo rimane uno dei più decisivi fattori educativi e terapeutici".
6) Sostenere la speranza. Anni fa le comunità avevano una forte connotazione religiosa o comunque spirituale e ciò costituiva una spinta al cambiamento. Ora non è più così, le comunità sono molto più laiche e viene quindi lasciata "ai singoli operatori, alla loro formazione umana oltreché professionale, l'incarico e il carico di riuscire a trasmettere la speranza e la capacità di affrontare la vita con modalità fiduciose".
7) Saper accompagnare nel tempo. La cura delle persone tossicodipendenti è un impegno di lungo periodo. "Non è raro che un operatore invecchi insieme ai suoi utenti. Sta all'esperienza dell'operatore non rischiare di deragliare verso una relazione che non può essere per definizione paritaria e sta alla sua capacità gestirne le insidie là dove saltano i paletti difensivi del contesto di cura tradizionale". Allo stesso tempo "non bisogna aver paura di mettere in gioco la propria persona".
8) Sostenere la qualità del clima di comunità. "Il lavoro di relazione dell'operatore non si esaurisce col rapporto con l'utente e i suoi familiari, che lo assorbono al 50% del suo ingaggio. Il restante 50% riguarda i rapporti coi propri colleghi, con la direzione della comunità e l'associazione o l'ente di cui fa parte". Il clima in comunità è fondamentale e, avverte Grosso, "non è mai un fatto casuale". (dp)