Presentato oggi il tredicesimo Libro Bianco sulle droghe. “La legge sulle droghe è il principale veicolo di ingresso nel sistema della giustizia italiana e nelle carceri". Allarme sull’uso delle misure alternative, c’è il rischio di snaturare lo strumento. Gonnella (Antigone): “Non c’è ancora nel nostro Paese la tensione verso un cambio di paradigma”
ROMA - “La legge sulle droghe è il principale veicolo di ingresso nel sistema della giustizia italiana e nelle carceri. Basti pensare che senza detenuti per art. 73 (spaccio) o senza detenuti dichiarati ‘tossicodipendenti’ non si avrebbe alcun problema di sovraffollamento nelle carceri italiane”. A sostenerlo è il Libro Bianco sulle droghe 2022. Giunto alla sua tredicesima edizione, il rapporto indipendente sugli effetti del Testo Unico sugli stupefacenti (DPR 309/90) sul sistema penale, sui servizi, sulla salute delle persone che usano sostanze e sulla società anche quest’anno è promosso da La Società della Ragione, Forum Droghe, Antigone, Cgil, Cnca, Associazione Luca Coscioni, Arci, Lila e Legacoopsociali con l’adesione di A Buon Diritto, Comunità di San Benedetto al Porto, Funzione Pubblica Cgil, Gruppo Abele, Itardd e Itanpud.
I dati contenuti nel Libro Bianco parlano chiaro: “10.350 dei 36.539 ingressi in carcere nel 2021 sono causati da imputazioni o condanne sulla base dell’art. 73 del Testo unico - si legge nel testo -. Non è vero quindi che ‘gli spacciatori non vanno in carcere’. Sono invece il 28,3% degli ingressi totali molti dei quali vi restano”. Stabile, inoltre, la percentuale dei presenti per droghe che rappresenta il 34,88% del totale (nel 2021 era il 35,04%). “È una percentuale quasi doppia rispetto alla media europea (18%) e mondiale (21,65%) - si legge nel libro - e che supera anche quella della Russia (28,6%)”. Sui 54.134 detenuti in carcere al 31 dicembre 2021, però, si registra anche un leggero calo dei presenti a causa del solo art. 73 del Testo unico (spaccio): sono 11.885. In aumento, invece, quelli in associazione con l'art. 74 (associazione per traffico illecito di droghe): sono 5.971. Aumentano anche i detenuti esclusivamente per l'art. 74, che superano per la prima volta quota mille: sono 1.028.
I dati raccolti nel Libro bianco confermano inoltre gli ingressi e le presenze di detenuti definiti tossicodipendenti. “Sono il 35,85% di coloro che entrano in carcere - si legge nel testo -, mentre al 31 dicembre 2021 erano presenti nelle carceri italiane 15.244 detenuti "certificati", il 28,16% del totale più di 1000 in più rispetto all'anno precedente. Si tratta del record percentuale, oltre i livelli della Fini-Giovanardi (27,57% nel 2007), alimentato dall’aumento degli ingressi in carcere di persone che usano sostanze”.
Ma non è solo il carcere a subire la pressione dovuta all’applicazione delle normative antidroga. Anche i tribunali, spiegano le organizzazioni promotrici del Libro Bianco, fanno fatica. “Le persone coinvolte in procedimenti penali pendenti per violazione dell’articolo 73 e 74 sono rispettivamente 186.517 e 45.142 - si legge nel testo -. In totale 231.659 fascicoli per droghe intasano i tribunali italiani, dato che si mantiene ai massimi da 16 anni a questa parte, probabilmente anche per il rallentamento dovuto alla pandemia”.
C’è poi il dato delle misure alternative che da buona notizia rischia di trasformarsi in un ulteriore allarme. “Dal 2006 al 2021 si è verificata una crescita costante delle misure alternative, con l’unica eccezione del 2020 che ha fatto registrare un dato leggermente inferiore rispetto all’anno precedente - si legge nel testo -. In quindici anni si è passati da 3.592 sottoposti a misura alternativa (2006) a 31.307 (2021). Questo uso sempre più diffuso di misure alternative potrebbe sembrare una buona notizia. Va tuttavia considerato che l’aumento delle misure alternative non è stato accompagnato da una altrettanto sensibile diminuzione della popolazione carceraria: questo fatto potrebbe essere interpretato come uno snaturamento di tali misure che da alternative alla detenzione sarebbero diventate alternative alla libertà”.
La pandemia si fa sentire invece sul fronte delle segnalazioni al Prefetto per consumo di sostanze illecite: nel 2021 sono 31.914, il minimo storico dal 2007. Inoltre, diminuiscono anche i minori segnalati: sono 2.643 e il 98% di questi è segnalato per possesso di cannabis. Tuttavia, aumentano considerevolmente le sanzioni, tornate ai livelli pre-pandemia: sono 12.329 nel 2020 (+43,6%). Sostanzialmente costanti le segnalazioni ai Serd, 4.309 nel 2021.
Infine il rapporto conferma (con i dati del 2021) l'incidenza molto marginale delle violazioni dell’art. 187 del Codice della Strada, ovvero guida in stato di alterazione psico-fisica per uso di sostanze stupefacenti. “I dati disponibili sono piuttosto disomogenei, per cui di difficile interpretazione - si legge nel testo -. Dai dati disponibili (Polizia Stradale), si nota però un sostanziale dimezzamento negli ultimi 10 anni delle violazioni dell’art. 187. Le violazioni accertate dalla Polizia Stradale a seguito di incidente rimangono a livelli molto bassi: 1,18% nel 2021 e salgono all'1,44% negli incidenti con lesioni”.
Oltre ai dati sulle droghe, questa tredicesima edizione del Libro Bianco, però, dedica una corposa riflessione sulla questione democratica nel nostro paese, alla luce del giudizio di inammissibilità del referendum cannabis da parte della Corte Costituzionale. “Oltre 600 mila cittadini si sono visti privare dei propri diritti costituzionali per una interpretazione discutibile e certamente fuori dal tempo sia della Costituzione che delle convenzioni internazionali”, si legge nel testo. “Avremmo voluto dedicare questo Libro Bianco alla sconfitta dell’intolleranza e della scelta proibizionista che dal 1990 provoca intasamento dei tribunali e sovraffollamento nelle carceri - scrivono nell’introduzione Stefano Anastasia e Franco Corleone -. Solo l’ipocrisia e il moralismo impediscono di denunciare che la crisi della giustizia affonda proprio in chi confonde il diritto con la morale”. A commentare i dati del rapporto, nelle conclusioni, è invece Patrizio Gonnella, presidente di Antigone. "La normativa sulle droghe non ha alcuna efficacia preventiva, speciale o generale - scrive Gonnella -. I numeri dei consumi e della repressione ci dicono che le scelte del singolo o della generalità dei consociati non sono state minimamente condizionate dalla severità della reazione penale. Non c’è ancora nel nostro Paese la tensione verso un cambio di paradigma”.