15 aprile 2014 ore: 15:44
Salute

Droghe, Serpelloni (Dpa) verso l’uscita: "Non ho capito se servo"

Il capo del Dipartimento, dal 9 formalmente rientrato alla Asl di appartenenza, non si arrende ("Non mi sono dimesso...”) e reagisce alle accuse: “Sono io che ho trovato qui il malaffare. E non ho mai preso soldi dalle industrie farmaceutiche, come invece fa chi mi attacca”
Giovanni Serpelloni

ROMA – “Dal 9 aprile dipendo nuovamente dalla Asl 20 di Verona e adesso sono formalmente in ferie. Ma un conto è l’aspetto amministrativo e un conto quello politico…”. Giovanni Serpelloni risponde in realtà da Roma dove, dal 2008, ha guidato il Dipartimento per le politiche antidroga fino all’8 aprile scorso, quando il suo incarico è scaduto (i capi dipartimento della presidenza del Consiglio devono essere riconfermati entro 45 giorni dall’insediamento di un nuovo premier) e gli è stata consegnata la lettera che lo riassegna al suo ente di origine.

boxPer Serpelloni è una giornata di fuoco, nelle ore in cui ha preso corpo l’ipotesi che il suo ritorno a Verona non è un atto formale, ma la non riconferma dell’incarico. Dalle parole del medico traspaiono, alle 14 di oggi, sentimenti contrastanti: combattività, ma anche rassegnazione e desiderio di togliersi qualche sassolino dalla scarpa rispetto alle accuse che in questi anni gli sono state fatte. “Prima di tutto – afferma – smentisco di essermi dimesso, e anche che il sottosegretario Delrio mi abbia offerto una proroga di due mesi per arrivare alla Relazione al Parlamento sulle droghe”.

Quindi qual è la sua posizione attuale?
“La lettera di Verona è un atto dovuto. In questi giorni sto discutendo con la presidenza del Consiglio su come riorganizzare il Dipartimento… e ho chiesto un incontro per capire se in questa riorganizzazione io servo oppure no”.

E qual è la sua sensazione?
“Come prima cosa sono contento professionalmente che sia stata accettata la mia proposta. Nei giorni scorsi mi hanno chiamato da Palazzo Chigi per chiedermi sotto quale ministero avrei visto meglio il Dipartimento. Ho risposto che, a seconda del taglio politico che gli si voleva dare, poteva stare sotto la Salute, o all’Interno o al Welfare: ma la mia proposta era che restasse sotto il presidente del Consiglio, il modello che ha adottato Obama negli Usa. E il premier Renzi, ha accolto questa proposta comunicandola dopo l’ultimo Consiglio dei ministri”.

Da allora nulla che la riguardi però.
“Gliel’ho detto, ho chiesto un incontro… Voglio capire se il modello che hanno adottato, dietro mio consiglio, gli interessa davvero portarlo avanti, poi tra 6 mesi si potrebbe vedere”

Molti già esultano per la sua uscita che danno per certa.
“Lo so, possono esultare quanto vogliono, ma quello che non accetto è che stiano cercando di annientare la mia credibilità professionale. In tutta la mia vita io non ho mai preso un soldo dalle industrie farmaceutiche, come invece fanno alcune delle federazioni e delle società scientifiche che mi attaccano”.

L’hanno accusata di manipolare i dati, di finanziare un consorzio privato per il loro trattamento, di usare i fondi in modo discutibile, di essere un accentratore che non ascolta nessuno e fa tutto da solo…
“Be’, andiamo per ordine. La questione dei dati è una barzelletta: ho detto a un deputato che ha scritto interrogazioni su questo (Farina, ndr) di venire qui dove gli avrei messo a disposizione tutto per fare verifiche: non si è mai visto. Il consorzio di cui parlano io l’ho trovato qui, arrivato quando era in carica il ministro Ferrero, con un incarico da 1,9 milioni. Lavorano con noi sulle statistiche, costano 270 mila euro all’anno, mentre quando l’incarico lo aveva il Cnr ne pagavamo 900 mila”.

E sull’uso dei fondi?
“Il malaffare l’ho trovato io quando sono arrivato qui. Ho trovato 21 milioni di euro da liquidare per progetti e consulenze varie, assegnati direttamente. Da allora abbiamo finanziato i progetti solo attraverso enti pubblici. Uno di quelli che mi attacca di più è venuto a chiedermi una consulenza per sua moglie…”

Dicono che non si confronta con nessuno.
“Ma se mi sono svenato per rispondere a tutti: in 6 anni non c’è una richiesta inevasa. Non ho mai bocciato un progetto per ragioni ideologiche. Ho le mie idee e sono pubbliche, come la mia contrarietà alla legalizzazione. Ma ho finanziato un progetto sulla riduzione del danno (una bandiera per molti di quelli che mi attaccano) per limitare le overdose in Umbria: dopo pochi mesi mi hanno riportato indietro i soldi”.

Come andrà a finire?
“Non lo so, ma almeno teniamo alto il livello della discussione e non stiamo dietro a questi veleni e a queste assurdità”.

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