7 giugno 2013 ore: 11:14
Società

Dsa, crescono le certificazioni. ''C’è più informazione''

Ma pesa il ''distacco della scuola dalla realtà''. L'analisi di Viviana Rossi, dirigente scolastica: ''Tutti i ragazzini sono nativi digitali, se non adeguiamo l’insegnamento li perdiamo''
ROMA – “C’è più informazione e conoscenza, specialmente da parte dei genitori che vivono il problema”. Così commenta i dati del Miur sull’aumento delle certificazioni per studenti con Disturbi specifici dell’apprendimento (Dsa) Viviana Rossi, insegnante e poi dirigente scolastica di scuola primaria e membro del consiglio direttivo dell’Aid, Associazione italiana dislessia. Perché numeri più alti alle medie e superiori? “Nella primaria ci si può accorgere meno facilmente del problema – secondo Rossi -, essendo una scuola più flessibile, più laboratoriale. Con l’inizio della scuola media, davanti anche allo studio maggiore da affrontare, emerge quel che prima magari non si voleva o non si riusciva a vedere”. 

Ma per Viviana Rossi il problema centrale è “il distacco della scuola dalla realtà”. Oggi “tutti i ragazzini sono nativi digitali, e se non adeguiamo l’insegnamento li perdiamo”. E la considerazione riguarda tutti gli studenti, ricadendo in modo particolarmente positivo su chi fa più fatica ad apprendere. “Oggi i ragazzi apprendono in modo diverso, le lezioni frontali dovrebbero essere al massimo di 20 minuti, mentre invece solo il 20-30% degli insegnanti si è adeguato a stare dietro a queste esigenze”. Per la dirigente scolastica è necessaria maggiore “flessibilità”, occorre “far scoppiare la classe e lavorare in gruppi, creare laboratori”, perché “ciò rispetta i ritmi di apprendimento degli allievi: è dimostrato  dalle neuroscienze che lavorando in gruppo si apprende di più. E le scuole che funzionano meglio a livello internazionale sono strutturate così”. Disturbi specifici dell’apprendimento, dunque, o disturbi specifici dell’insegnamento? “La didattica personalizzata e inclusiva fa bene a tutti – prosegue Rossi -. Si pensi che all’interno dei Bes, Bisogni educativi speciali, sono compresi Dsa, 104,  stranieri, rom che frequentano la scuola italiana temporaneamente, chi vive disagi familiari con affidi e separazioni, ragazzi provenienti da contesti culturali poveri: per molti di questi non servono certificazioni, ma serve una didattica capace di affrontare questa eterogeneità, personalizzata. Per questo servono più apertura e collaborazione”.

Racconta Rossi che “alcuni genitori, per aiutare il figlio, pensano che la strada giusta sia certificare un Dsa, in modo che la scuola abbia maggiore riguardo verso di lui, ma non è questa la strada”. Tanto più che una diagnosi di disturbo specifico dell’apprendimento deve avvenire sulla base di precisi standard: “La diagnosi deve essere effettuata da una equipe multidisciplinare – con figure come il logopedista, lo psicologo, il neuropsichiatra -, e ci sono precisi parametri: a questo proposito sono state fatte due consensus conference sui Dsa da cui sono emerge linee guida, c’è anche un accordo Stato- Regioni che ha allegato perfino una bozza di certificazione, per non far andare fuori dai parametri di riferimento. Insomma, è basilare la serietà dei professionisti, pubblici e privati, e la consapevolezza della scuola”.  (vedi lanci successivi) (ep)
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