Due femminicidi in poche ore. Telefono Rosa: “Dateci la parola”
ROMA - Maria Ferreira e Sara Buratin: 55 anni l'una, 41 l'altra. Sono le ultime due vittime di femminicidio: in strada una, nel giardino di casa della mamma l'altra. A distanza di poche ore e di poche centinaia di chilometri. In un'Italia distratta dal voto in Sardegna, dalla sospensione di Vannacci, dalle tensioni politiche nazionali e internazionali, dagli affari di casa Ferragni-Fernandez, due donne sono state uccise brutalmente da due uomini che non volevano più accanto. Le loro morti fanno poco rumore, rispetto a quanto dovrebbero farne: a pochi mesi dalla morte di Giulia Cecchettin e da quella “marea rosa” che ha invaso Roma e altre città italiane, sembra siano calati il sipario e il silenzio: un femminicidio non fa più notizia. Due, neanche. Eppure, i numeri dovrebbero allarmarci: secondo l'Osservatorio di Non una di Meno, nel gennaio 2023 i femminicidi erano stati 7, nello stesso mese del 2024 sono quasi raddoppiati (13).
Redattore Sociale ha chiesto a Maria Gabriella Carnieri Moscatelli, presidente dell'Associazione Nazionale Volontarie del Telefono Rosa, di “leggere” questi numeri.
Dopo la tragica uccisione di Giulia Cecchettin e la successiva mobilitazione, ci si aspettava che qualcosa cambiasse: a quanto pare, invece, i numeri non sono affatto in calo e le donne continuano a essere uccise. A gennaio 2024, quasi una ogni due giorni. Perché, secondo Lei?
Perché non basta accendere riflettori o parlare di violenza solo quando avviene un femminicidio. Tante donne sono state uccise e tante ancora vengono ammazzate per mano di un uomo, eppure dopo qualche post e/o tg, la notizia perde di importanza e sembra quasi che chiunque si dimentichi di queste donne. Insieme alla parola poi, è necessaria l’azione. Non è ancora stato messo in campo, dalla politica e dalle istituzioni, un piano serio di prevenzione e formazione. Associazioni come la nostra stanno combattendo questa battaglia da sole. Vogliamo maggiore attenzione e soprattutto più fatti. Sicuramente è complicato abbattere il fenomeno del tutto, ma possiamo almeno iniziare a far calare i numeri.
Nel periodo immediatamente successivo alla morte di Giulia, le denunce e le richieste di aiuto sono aumentate. E' ancora così? Quante richieste vi arrivano? E chi sono le donne che chiamano, oggi, il Telefono Rosa?
Sì, questo è vero. Le chiamate sono aumentate. Solo nel 2023 abbiamo ricevuto oltre 8.000 richieste di aiuto, oltre 700 i percorsi psicologici e circa 800 le donne seguite dalle nostre avvocate. La violenza, lo diciamo sempre, è democratica e trasversale. Colpisce tutte, quindi ci chiamano donne di ogni età ed estrazione sociale. Come già ricordato, purtroppo, ci telefonano o si recano nei nostri centri antiviolenza anche tante giovani. Questo perché si è abbassata sia l’età delle vittime che dei carnefici.
L'attenzione mediatica, diversamente dai numeri dei femminicidi, è in calo. Perché, secondo Lei, l'informazione sta dando meno spazio a questo tema?
Mi dispiace dirlo, ma la violenza non è mai stata una tematica notiziabile. Esce solo quando succede la tragedia. I giornalisti e le giornaliste, non tutti certo, non hanno nemmeno idea della portata del fenomeno. Si parla poco e male di violenza di genere. Leggiamo ancora cose del tipo: “l’ha uccisa per il troppo amore”. Se siamo ancora a questo punto, credo che ci sia poco da rispondere sul perché i media non parlano di violenza.
C'è chi dice che parlare tanto di femminicidi possa indurre emulazione. E per questo, sia meglio spegnere i riflettori. Cosa ne pensa?
Che è assurdo. Dobbiamo parlare di femminicidi e parlarne nel modo corretto. Anche chi fa informazione dovrebbe essere formato sulla tematica. I media sono uno strumento potentissimo, potrebbero davvero aiutarci a fare sensibilizzazione e a lanciare un messaggio corretto e di sostegno alle donne. Purtroppo però si fa ancora spettacolarizzazione del dolore e molto spesso la donna che testimonia subisce vittimizzazione secondaria. In questo modo è davvero inutile parlare di violenza di genere, anzi diventa pericoloso.
Cosa raccomanda, oggi, ai giornalisti?
Di essere informati e formati. Di essere sensibili e di non dare nulla per scontato. Il femminicidio è solo la punta dell’iceberg, dietro c’è molto altro. Farei anche un appello, se posso: date maggiore spazio alle associazioni che, come noi, si occupano quotidianamente di violenza. Dobbiamo arrivare a più donne possibile e far sapere loro che c’è qualcuno in grado di aiutarle e sostenerle.