Homu, il gioco da tavolo per realizzare un cohousing “di successo”
CAGLIARI - Sei location, 6 tipologie abitative, 15 famiglie, 30 spazi e servizi condivisi, 4 professionisti del settore, 5 eventi, 10 anni di tempo: più spazi e servizi si realizzano, più punti si accumulano. E alla fine della partita si scopre “che tipo di abitante collaborativo sei”. Si chiama Homu, è un gioco cooperativo e viene dalla Sardegna: l’obiettivo è quello di costruire insieme con amici e vicini di casa un progetto abitativo collaborativo. Un modo per amalgamare le necessità in un’ottica di condivisione.
L’idea è venuta a Re.Coh Aps, associazione di promozione sociale nata per promuovere e realizzare progetti di abitare collaborativo in Sardegna attraverso il recupero del patrimonio architettonico esistente. Attivo dal 2014, il progetto Re.Coh prevede anche l’organizzazione di attività laboratoriali in collaborazione con altre realtà attive sul territorio. Proprio da queste collaborazioni è nata prima l’idea di creare un gioco sull’abitare collaborativo in forma di laboratorio esperienziale chiamato RE.play e, ora, quella di creare un vero e proprio gioco da tavolo: Homu, appunto. “Siamo una piccolissima associazione di promozione sociale – spiega Francesca Sezu di Re.Coh –. Nel nostro territori ci sono molti edifici abbandonati, spesso di grandi dimensioni. Così abbiamo avviato un’attività di ricerca e, di lì a poco, è nato RE.play, un gioco di ruolo sull’abitare collaborativo che ragiona sulle forma di cohousing, da quello desiderato a quello realizzato. Continuiamo a portarlo in giro per l’Italia: siamo stati in Sicilia ospiti di Sou, la Scuola di architettura per bambini; a Cagliari in una biblioteca dove, con alcuni ragazzi, abbiamo lavorato su un progetto di abitare collaborativo per adolescenti. È uno strumento versatile, adattabile in base alle esigenze del momento. Poi due anni fa è nata l’idea di farne anche un gioco da tavolo, grazie alla collaborazione della game designer Alessia Luca e dell’illustratrice Marina Brunetti”. Per realizzarlo è stata anche lanciata una campagna di crowdfunding.
L’idea è che Homu venga giocato in un gruppo, meglio se composto da abitanti collaborativi, magari inquilini di un cohousing: si gioca insieme, non uno contro l’altro. Ognuno ha un ruolo, dei gettoni e rappresenta un nucleo familiare: c’è il single con figlio; la famiglia con tanti cani, la coppia di anziani, gli studenti Erasmus. Gli anziani vorrebbero la badante condivisa, gli Erasmus una saletta da ballo e per le feste. “Ognuno ha obiettivi particolari che deve condividere con gli altri – continua Sezu –. Nell’accontentare le esigenze di tutti si costruirà il progetto di abitare collaborativo più corrispondente alle esigenze del gruppo. Durante il percorso di costruiscono spazi e servizi. E poi c’è da fare i conti con le ‘esigenze extra’, delle specie di carte imprevisto: anche in quei casi, la soluzione andrà trovata insieme”.
Il gioco si svolge su 10 anni, una partita dura tra i 40 e i 60 minuti. Non si rivolge a un target specifico: “Parliamo al bambino nerd e a chi non gioca mai, ma anche a chi ha la voglia di passare un po’ di tempo con altre persone. Le regole non sono moltissime, volevamo uno strumento non complicato. Di fatto è un gioco, ma è anche un utile strumento di progettazione partecipata”.