Emergenza fame: +26% in 4 anni per guerre e crisi climatiche
ROMA - Eventi climatici estremi e guerre hanno fatto crescere di oltre il 26% in appena quattro anni il numero di persone che soffrono la fame e i progressi mondiali per la lotta alla malnutrizione stanno rallentando in modo preoccupante, allontanando sempre più l’obiettivo Fame Zero entro il 2030: se si manterrà questo ritmo, il mondo raggiungerà un livello di fame basso solo nel 2160, tra più di 130 anni. È quanto emerge dall’Indice Globale della Fame 2024 (Global Hunger Index - GHI), tra i principali rapporti internazionali sulla misurazione della fame nel mondo, curato da CESVI per l’edizione italiana e redatto annualmente da Welthungerhilfe e Concern Wordlwide, organizzazioni umanitarie che fanno parte del network europeo Alliance2015 - di cui anche CESVI è parte - e, da quest’anno, insieme anche a IFHV - Institute for International Law of Peace and Armed Conflict.
Nel 2023 sono state 733 milioni (oltre 152 milioni in più rispetto al 2019) le persone che hanno sofferto la fame, una persona su 11 nel mondo e una su cinque in Africa. Sono, invece, quasi 3 miliardi quelle che non hanno potuto permettersi una dieta sana a causa dell'aumento dei prezzi alimentari e della crisi del costo della vita. "L’insicurezza alimentare acuta e il rischio di carestia sono in aumento e l'uso della fame come arma di guerra sta dilagando - spiega Stefano Piziali, direttore generale di Cesvi – e alla base di questi dati allarmanti c'è uno stato di crisi permanente causato da conflitti diffusi, dal crescente impatto dei cambiamenti climatici, da problemi di ordine economico, dalle crisi del debito e dalle disuguaglianze. Intervenire è ancora possibile, anche se diventa sempre più urgente farlo in maniera rapida e strutturata. Alcuni Paesi hanno, infatti, dimostrato che il progresso è un obiettivo realizzabile: in Somalia, Bangladesh, Mozambico, Nepal e Togo, per esempio, si sono registrate notevoli riduzioni dei punteggi di GHI sulla malnutrizione, anche se la fame resta comunque un problema serio".
L’Indice Globale della Fame (GHI) misura la fame a livello globale, regionale e nazionale basandosi su quattro indicatori: denutrizione, deperimento infantile, arresto della crescita infantile e mortalità dei bambini sotto i cinque anni. Quest’anno il punteggio GHI del mondo è di 18.3, ovvero fame a livello moderato. In 6 Paesi (Somalia, Burundi, Ciad, Madagascar, Sud Sudan e Yemen), nonostante i miglioramenti in alcuni di essi, è stato riscontrato un livello di fame ancora allarmante e in ulteriori 36 un livello di fame grave. "I progressi compiuti nella lotta contro la fame tra il 2000 e il 2016 dimostrano che un miglioramento sostanziale è possibile, anche in tempi ragionevoli – sottolinea Piziali – ma purtroppo dal 2016, quando il punteggio GHI globale era 18.8, per il mondo nel suo complesso e per molti Paesi, i progressi si sono arenati e in alcuni Paesi si sono registrate addirittura delle inversioni di tendenza".
In ben due terzi dei 130 Paesi esaminati nell’edizione 2024 del GHI, la denutrizione non ha registrato miglioramenti o è addirittura aumentata. In particolare, in 22 Paesi con punteggi di GHI 2024 moderati, gravi o allarmanti, è stato rilevato un peggioramento rispetto al 2016 e in 5 Paesi (Venezuela, Siria, Libia, Giordania e Figi) addirittura anche rispetto al 2000. In base alle attuali proiezioni del GHI, al ritmo attuale, sono almeno 64 i Paesi che non raggiungeranno livelli di fame bassi, tanto meno l’obiettivo Fame Zero, entro il 2030. Si stima infatti che, con il ritmo attuale, nel 2030, 582 milioni di persone saranno ancora cronicamente denutrite, la metà delle quali in Africa; un numero paragonabile alla popolazione denutrita nel 2015, anno in cui il mondo si è impegnato a eliminare la fame entro il 2030.
Dal GHI emerge, inoltre, che l'insicurezza alimentare acuta si sta rapidamente aggravando, con condizioni di carestia in crescita, in diversi Stati e territori, tra cui Gaza, Sudan, Haiti, Burkina Faso, Mali e Sud Sudan e che solo in un numero ridotto di Paesi (Bangladesh, Mongolia, Mozambico, Nepal, Somalia e Togo) sono stati registrati miglioramenti significativi, sebbene continuino ad essere presenti livelli di fame troppo elevati.
In America Latina e Caraibi il rallentamento della crescita è aumentato anche tra il 2016 e il 2023, con situazioni critiche nei territori di Haiti, Brasile e Argentina. Haiti, in particolare, è tra i paesi con i maggiori aumenti nei punteggi GHI tra il 2016 e il 2023, principalmente a causa dell'aumento della malnutrizione: i livelli di fame stanno aumentando drasticamente, mentre il Paese affronta una serie di shock concomitanti, tra cui piogge irregolari, inflazione e turbolenze politiche che hanno generato violenze delle bande e sfollamenti interni.