4 gennaio 2021 ore: 10:00
Disabilità

Emma, Carlo e l’arte di essere fratello e sorella. Oltre le paure

di Elisabetta Proietti
Quando l’unica piccola finestra attraverso la quale il fratello vede sembra essere compromessa, anche le pagine del libro diventano nere in quel buio che incombe e che non si sa se durerà. Bisogna aspettare, bisogna fidarsi, intanto accarezzare. La recensione di “Prima che sia notte” di Silvia Vecchini
prima che sia notte

ROMA - “Caro dio/ grazie di tutto/ soprattutto per Carlo/ perché le cose da fare/ sono molte, molte/ prima che sia notte/ e non è detto/ che il sole debba scendere/ per forza”. Le parole di Emma sono il filtro delicato e profondo cui Silvia Vecchini affida il racconto del legame della ragazzina con il fratello Carlo nel libro appena uscito per Bompiani “Prima che sia notte”. Carlo non sente, vede solo da un occhio. Carlo è stato ferito aperto cucito in molte parti del corpo. “Mio fratello fa i suoni con le mani, in casa mia è tutto un silenzio”. È una lingua che rende tranquilli la Lis, perfino i rimproveri con essa sembrano pacati. E poi c’è il Braille, “una lingua che si tocca. Questa sì che è una mano sulla bocca”. Lo si sta imparando, il Braille, in famiglia, perché bisogna essere pronti. Quando l’unica piccola finestra attraverso la quale il fratello vede sembra essere compromessa, anche le pagine del libro diventano nere in quel buio che incombe e che non si sa se durerà. Bisogna aspettare, bisogna fidarsi, intanto accarezzare.   

Carlo, Emma e il cane Lulù vivono con i genitori su un’isola. Tante volte hanno fatto viaggi sopra il mare per poter star meglio, per i ricoveri di Carlo e per i ritorni. Il racconto si snoda poeticamente tra versi e prosa. In mezzo c’è l’uomo del supermercato che permette a Carlo di battere i tasti della cassa, il segretario della scuola dove si è appena deciso che Carlo non potrà più frequentare e vorrebbe ribellarsi per questa ingiustizia ma non lo fa, l’infermiera che ha imparato ad osservare, la bidella che spera in qualcuno capace di trovare finalmente le parole giuste, il maestro sordo arrivato ad aprire una breccia. C’è lui, l’amico e compagno di scuola di Emma, e tra i due nasce un sentimento capace di far naufragare paura e perfino pregiudizi.

Il libro nasce da una serie di sentieri che si intrecciano. Uno è quello che ha fatto incontrare l’autrice con Emma e Carlo, due bambini veri, oggi ragazzi. Un altro riguarda la biografia dell’autrice che fin da piccola si è sentita raccontare di una complicazione, durante la gravidanza della madre, che avrebbe potuto consegnarla a un futuro senza immagini né suoni. Soprattutto, spiega Vecchini, “volevo che altri potessero vedere cosa è un bambino, cos’è una bambina, cosa sono due fratelli. Cos’è parlare, cosa è farlo senza suoni, com’è immaginare di farlo senza segni mentre l’unica fessura da cui si guarda fuori di sé diventa sempre più piccola”.

Pochi libri raccontano con tanta intensità il sentire e il punto di vista dei fratelli e delle sorelle di bambini disabili, quelli che testi e ricerche anche italiani vorrebbero farci chiamare siblings, ma che ci additano semplicemente e fortemente, come fa la piccola Emma, di che è fatta la parola fraternità. Una volta letto, “Prima che sia notte” lo si vorrà leggere ancora.

La recensione di Elisabetta Proietti è pubblicata sulla rivista SuperAbile Inail.

© Riproduzione riservata Ricevi la Newsletter gratuita Home Page Scegli il tuo abbonamento Leggi le ultime news