Fentanyl, cresce l'allerta anche in Italia
MILANO - A riaccendere i riflettori, come spesso accade, è stato un caso di cronaca. Lo chef italiano trapiantato a New York, Andrea Zamperoni, trovato morto in una stanza d'albergo sembra essere l'ennesima vittima negli Stati Uniti di quella che è stata chiama una nuova “epidemia”: quella di oppioidi sintetici. Ci sono migliaia di morti da sovradosaggio di fentanyl, il potentissimo farmaco antidolorifico che ora, come vedremo più avanti, spaventa anche in Italia. Altri da overdose con benzodiazepine (sonniferi) e psicofarmaci, mischiate con oppioidi. Altri ancora da psicostimolanti mixati con metanfetamine e oppiodi. Sulle 70 mila overdose totali registrate all'anno in Usa, almeno 30 mila sono collegate agli oppioidi, secondo i dati del Centre for Disease Control adn Prevention (Cdc). La grande differenza rispetto a una presunta “epidemia” di droghe come l'eroina? Che di solito se ne entra in contatto in maniera legale, grazie alle milioni di prescrizioni che medici e industria farmaceutica hanno spinto usando i derivati del fentanyl nella terapia del dolore. Milioni di prescrizioni usate anche per accedere al farmaco e poi venderlo a propria volta a degli sconosciuti. Prescrizioni che a un certo punto finiscono e il paziente va in astinenza e allora se lo cerca su internet, d'importazione cinese. Tanto che il 2 agosto scorso il Fentanyl è entrato anche nella battaglia geopolitica tra colossi mondiali per la guerra dei dazi, mostrando come forse non si tratti solo di un problema di salute pubblica e dipendenza. Il Presidente americano Donald Trump ha attaccato il leader di Pechino Xi Jinping perché a suo dire non avrebbe fatto nulla per fermare la vendita della sostanza negli Stati Uniti come da promesse: “Molti americani continuano a morire” (a causa della politica cinese, è il sotto inteso) ha scritto Trump su Twitter attirandosi le furie dell'ambasciata di Pechino. Secondo il Washington Post “per anni, il Congresso non ha fornito finanziamenti significativi per combattere il Fentanyl o la più grande epidemia di oppioidi”. Una scarsa attenzione che ha portato la dogana e la protezione delle frontiere degli Stati Uniti a non avere abbastanza agenti, cani adeguatamente addestrati o attrezzature sofisticate per frenare le spedizioni illegali che entravano nel paese dalla Cina e dal Messico.
Le cause dell'epidemia negli Usa
Il servizio postale degli Stati Uniti non ha richiesto il monitoraggio elettronico dei pacchetti internazionali, rendendo difficile il rilevamento di quelli contenenti Fentanyl ordinati via Internet dalla Cina. “I dati del Cdc che documentano il sovradosaggio di Fentanyl – scrive ancora il Washington Post – hanno ritardato gli eventi sul terreno di almeno un anno, oscurando l’immagine in tempo reale di ciò che stava accadendo”. Se la situazione sia davvero così disastrosa è ancora oggi un'incognita: i dati ufficiali sulle overdose Usa non distinguono per esempio le morti causate da Fentanyl preparato in laboratori clandestini, e quelle causate dal Fentanyl preparato da case farmaceutiche. Un'altra incognita riguarda anche le cause della diffusione a macchia d'olio del farmaco nei “gusti” dei “consumatori”. Una diffusione che si è impennata in maniera esponenziale in nemmeno tre anni e non giustificabile solo con l'elevato tasso di assuefazione e dipendenza che l'oppioide induce per sua stessa natura chimica. Sulle cause si sono sbizzarriti giornalisti, politici e analisti di ogni estrazione. La più accreditata riguarda la facilità con cui, oltreoceano, vengono prescritti farmaci oppioidi per la terapia del dolore. Hanno effetti simili alla morfina ed alla eroina, ed alcuni, sintetici, sono generalmente più potenti. “Se prescritti appropriatamente ad una persona che ha particolari tipi di dolore, il loro effetto principale è quello di attenuarlo o di spegnerlo in modo efficace – ha scritto in diversi articoli dedicati all'argomento sul proprio blog il medico Riccardo Gatti, Direttore del Servizio Dipendenze Area Penale di Milano –. Se tuttavia, la prescrizione non è appropriata, il loro effetto “stupefacente” prevale, perché influenza le vie del piacere e della ricompensa. Chi li usa, non appropriatamente, cioè, è come se assumesse eroina o morfina a scopo non terapeutico; ne ricava sensazioni piacevoli ma anche, rapidamente, tolleranza (necessità di aumentare nel tempo la dose per ottenere il medesimo effetto) e dipendenza grave (con tanto di astinenza in caso di sospensione della assunzione)”.
Negli Usa questi farmaci, prescritti con facilità, in molti casi sarebbero finiti nelle mani sbagliate: persone che non avevano una situazione clinica per cui sono indicati o persone terze, alle quali, i farmaci prescritti ad altri sono stati impropriamente ceduti o venduti. Diventate dipendenti dai farmaci oppiacei, queste persone si sarebbero in fase successiva rivolte al mercato dello spaccio ed ai siti in rete per continuarne l’uso, approvvigionandosi di eroina e/o di altri oppiacei sintetici ad alta potenza, di provenienza clandestina. La difficoltà nel dosare sostanze molto potenti (da 20 grammi si fanno 20 mila dosi, dice l'Istituto Superiore della Sanità in uno dei primi documenti italiani che ne parla) e l’abitudine tipica dei tossicodipendenti di mischiare più sostanze, talvolta sinergiche negli effetti deleteri, avrebbe fatto il resto. Esistono anche altre teorie minoritarie, soprattutto di stampo giornalistico, che correlano alla legalizzazione progressiva della cannabis, in alcuni Stati, un conseguente maggiore investimento della criminalità verso la vendita di droghe diverse dalla cannabis stessa e ad alto valore aggiunto e possibilità di margine economico. È un'ipotesi che in parte spiegherebbe la riconversione del mercato dello spaccio ma che per spiegare l’incremento delle overdose dà per scontata una improvvisa – quanto non spiegabile – riconversione delle scelte dei consumatori verso eroina e oppiacei nel momento stesso in cui la cannabis diventa legale. Un altro punto critico di questa tesi e che alcune evidenze negli Stati Uniti mostrano come a un maggiore utilizzo di cannabis terapeutica diminuiscano le prescrizioni di oppiacei e, correlate, le overdose.
La storia del Fentanyl atterra anche in Europa e Italia
Mostrando come il mondo delle dipendenze – anche legali che poco hanno a che fare con il concetto collettivo di “droga” e “drogato” – sia in perenne evoluzione. Al contrario delle istituzioni che se ne occupano. Qualche esempio: il “bosco della droga” di Rogoredo viene preso d'assedio da istituzioni, onlus e artisti per combattere degrado e abuso a Milano? E allora Rogoredo si sposta altrove. A San Donato, ancora più a sud della città, scrive Repubblica nel suo ultimo articolo dedicato allo spaccio del capoluogo lombardo. L'arma dei Carabinieri diventa sempre più efficiente nei sequestri, nel controllo del territorio e dei gruppi criminali? L'Europol condivide informazioni a livello internazionale sui carichi illegali? I laboratori d'analisi hanno tecniche sempre più avanzate? E allora c'è chi ordina 20 grammi di sostanza polverulenta su internet grazie all'economia “delivery” (corrieri, rider etc.) e se la fa recapitare direttamente a casa in maniera “invisibile”. E oltre al danno, la beffa. Perché spesso la polvere che arriva in appartamento è più pericolosa di qualunque eroina ma – tecnicamente – non è una nemmeno una droga. Almeno dal punto di vista giuridico. Sono molecole mai tracciate in Italia e che non sono contenute nelle tabelle del Testo unico stupefacenti, Dpr 309/90. Lo sappiamo almeno dal 21 febbraio 2019, quando il Sistema Nazionale di Allerta Precoce dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss) riceve una segnalazione da parte del Reparto Investigazioni Scientifiche dei Carabinieri di Roma: i Nas hanno sequestrato un plico postale e una bustina trasparente contente 12,27 grammi di polvere bianca. Le analisi portano all'individuazione per la prima volta in Italia di due molecole appartenenti al gruppo dei fentanili. Le due molecole non sono inserite nelle tabelle della normativa italiana e l'intera operazione dei Carabinieri è nata proprio dall'osservazione di persone che non rispondevano all'antidoto, il naloxone, alle dosi usuali. “I sequestri di fentanili sotto forma di polveri avvenuti in Europa – si legge nel documento del Sistema di Allerta Precoce – hanno interessato quantità variabili tra il milligrammo ed il chilogrammo”.
Nuova tappa
Il Ministero della Salute rilancia l'allarme meno di due mesi fa: il 18 luglio è Claudio D'Amico – Direttore generale della Prevenzione al ministero – a scrivere a carabinieri, Assessorati regionali alla sanità, Iss, Dipartimento Politiche Antidroga e Ufficio Centrale Stupefacenti. Oggetto della comunicazione: “Recenti sequestri di sostanze psicoattive in Italia”. Febbraio a Milano: vengono trovate compresse rivestite di film verde contenenti principalmente molecole di una sostanza detta dapoxetina – non prevista dal Tus – che è un inibitore sinaptico-cerebrale utilizzato per ritardare l'orgasmo nei pazienti con eiaculazione precoce. A Udine il 17 marzo è stato trovato un blister del farmaco “Abstral” abbandonato sul pavimento di un locale. Principio attivo? Ossicodone – un altro analgesico oppioide commercializzato dentro molti farmaci – e Fentanyl. Sempre a marzo a Roma sequestrata una compressa di colore rosa e un frammento di compressa di colore bianco, contenenti ossicodone. Ad aprile di nuovo nella capitale viene intercettata una busta per corrispondenza contenente due altri derivati del Fentanyl non previsti dalla legge. L'1 maggio in provincia di Campobasso durante un controllo stradale un ragazzo di 26 anni viene trovato in possesso di sostanza polverulenta color beige con dentro principi attivi derivati della morfina.
La missiva del Ministero della Salute prosegue con altri esempi e si chiude con una richiesta chiara: avvisate del pericolo imminente relativo alla circolazione in Italia di derivati del Fentanyl ed eroina ad elevato tenore di principio attivo. Sì, ma avvisare chi? I pazienti dei Sert – dice il ministero –, i Dipartimenti delle Dipendenze, le comunità terapeutiche, le unità mobili di strada che alla notte girano nella nostre città. Ed è qui che – epidemia in corso o no – il sistema della salute italiano mostra tutte le sue criticità operative e culturali. Perché mai un ragazzo di 26 anni che gira con pillole per ritardare l'orgasmo e che magari mischiate con l'alcol al sabato sera possono dare problemi cardio-vascolari inattesi, dovrebbe mai essere il paziente di un Sert? O di una comunità? O essere incontrato al mercoledì sera fuori dalla stazione di Rogoredo (o San Donato) dalle decine di persone del privato sociale che presidiano l'area da mesi? Un problema culturale nell'immaginarsi il “drogato” solo come tossicodipendente da sostanze illegali e come una persona che vive ai margini della società, quando così non è più da parecchio, forse da sempre, che impedisce all'intero sistema di controllo, cura e riduzione del danno di vedere cosa c'è sotto la punta dell'iceberg.