Erasmus e disabilità, "così aiutiamo i genitori ad affrontare paure e ansie"
BOLOGNA - Matteo, 18 anni e la sindrome di Down, è partito per la Spagna. Ci è rimasto tre settimane e ha svolto un tirocinio in un negozio di Granada. Frequenta l’Istituto professionale per i servizi commerciali “Luigi Einaudi” di Viserba (Rimini) ed è al suo primo Erasmus. Giada e Morena, invece, anche loro diciottenni e con un lieve ritardo cognitivo, sono rientrate da pochi mesi: la prima, che frequenta l’Istituto professionale “Ruffilli” di Forlì, è andata a Creta (in Grecia), a dare una mano in un centro diurno per anziani; la seconda, studentessa del Liceo delle scienze umane “Valgimigli” di Rimini, è stata in Lituania, esattamente a Panevezys, in un centro per persone con disabilità. "L’esperienza è andata bene e la rifarei senz’altro – racconta Giada –: la mattina aiutavo con i laboratori e in cucina, mentre il pomeriggio c’erano altre attività, per esempio qualche lezione di greco, una lingua difficilissima. Ma ho imparato a vivere da sola e a lavorare all’estero", precisa. Anche Morena si dice soddisfatta: "Ho avuto la possibilità di vedere un altro Paese e di capire come lì viene percepita la disabilità. Era la prima volta che stavo fuori casa per tre settimane: ero carica ma anche un po’ preoccupata. Fortunatamente è stata una bella esperienza". Entrambe, poi, hanno migliorato il loro livello di inglese.
Alcuni ragazzi del progetto promosso da Volontarimini, in partenza per Londra |
Matteo, Giada e Morena sono tra gli 80 studenti con bisogni speciali beneficiari del progetto biennale “Tnt 2020”, promosso dal Centro di servizio per il volontariato di Rimini allo scopo di favorire la mobilità europea dei giovani in materia di istruzione e formazione professionale (conosciuto anche come Erasmus Vet, Vocational education and training), di cui parla l’inchiesta di Michela Trigari pubblicata sul numero di ottobre di SuperAbile Inail, il magazine per la disabilità dell’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro curato dall’agenzia di stampa Redattore Sociale. "È da dieci anni che Volontarimini offre questa opportunità a ragazzi che altrimenti non avrebbero la possibilità di sfruttarla: non solo studenti disabili o con disturbi specifici dell’apprendimento, ma anche a rischio di emarginazione sociale. Era un gap che andava colmato", spiega il direttore del Csv riminese, Maurizio Maggioni.
In questi anni sono partiti per l’Erasmus, alla volta di mete che vanno dal Regno Unito alla Polonia, passando anche per Malta, la Svezia e la Turchia, circa 300 giovani con disabilità (quasi la metà di tutti quelli coinvolti): all’inizio in partnership con altri Centri di servizio per il volontariato di Emilia Romagna, Marche e Calabria, ora soprattutto in collaborazione con istituti professionali romagnoli e associazioni del territorio. "I progetti, sei finora, sono personalizzati. I ragazzi partono in gruppetti di cinque-otto persone con due o tre accompagnatori: insegnanti, non necessariamente di sostegno, educatori o volontari. I partner stranieri che accoglieranno i giovani sono conosciuti: enti di formazione professionale, del Terzo settore o centri occupazionali per disabili; la soluzione abitativa va dalla famiglia all’appartamento fino all’hotel; le attività di tirocinio si svolgono soprattutto nei settori alberghiero, artigianale, commerciale e socioassistenziale. Un tutor del Paese ospitante che sa l’italiano li segue sul posto e vengono proposte una serie di attività collaterali culturali e socializzanti, compreso un corso di lingua. Incontri preliminari con i ragazzi e le loro famiglie e una grande attenzione a chi ha problemi di alimentazione o di salute completano il quadro. Insomma, nessuno parte allo sbaraglio", sottolinea Maggioni.
"Una delle difficoltà che si incontrano in progetti come questi è tranquillizzare i genitori dei ragazzi, affrontare insieme le loro paure, le loro ansie, tutte le perplessità iniziali", interviene Sabrina Marchetti, presidente dell’associazione Crescere insieme di Rimini, che in questi anni ha visto partire per Polonia, Inghilterra e Spagna una decina dei giovani con sindrome di Down o disabilità intellettiva che ruotano intorno all’organizzazione di volontariato. "Già il taglio del cordone ombelicale è difficile di per sé, figuriamoci lasciare andare in un Paese straniero il proprio figlio: “Come farà con la lingua?”, “E se si troverà male?”.
Ma l’Erasmus è un’opportunità di crescita unica e i ragazzi tornano con un bagaglio di autodeterminazione grande e saldo. Le famiglie italiane sono ancora molto lontane dall’idea che i giovani con disabilità possano essere in grado di affrontare esperienze all’estero. Molti genitori non li lasciano nemmeno prendere l’autobus da soli in città; ma se fanno così, come possono sperare in una vita indipendente per i loro figli e in un “dopo di noi” sereno, quando diventeranno adulti e mamma e papà non ci saranno più?", si chiede Marchetti. Questi progetti, infatti, non solo hanno ricadute formative e valgono pure per l’alternanza scuola-lavoro, ma incidono anche in modo significativo sull’autonomia, l’autostima, i ricordi. "Inoltre fanno curriculum e sono un Erasmus a tutti gli effetti, semplicemente adattato alle esigenze di ragazzi con sindrome di Down, autismo o altre disabilità di tipo intellettivo, cognitivo e relazionale", conclude il direttore di Volontarimini. (Michela Trigari)