Eroina, Grosso: "Data per morta troppo presto. Non più droga da 'old users'"
ROMA - Eroina in Italia “data per morta troppo precocemente” mentre sembra crescerne il consumo soprattutto fumata. A mettere in guardia sui consumi nostrani di eroina è Leopoldo Grosso, vicepresidente del Gruppo Abele, dopo l’ennesimo video apparso sui social in cui si vedono due persone prive di sensi dopo un’overdose per le strade di Memphis, negli Stati uniti, in pieno giorno. Un fenomeno, quello che sta accadendo oltreoceano, che sempre più spesso fa gridare ad un ritorno dell’eroina per le strade di tutto il mondo. Negli Stati uniti, secondo Grosso, si sta verificando qualcosa di particolare, in seguito ad una “epidemia di ossicodone, per cui sull’uso di questo farmaco oppiaceo si è sviluppato un mercato grigio del medesimo e ha consentito in qualche modo di dar luogo a tutta una serie di dipendenze. Su questo tipo di consumo si è inserito e ha trovato spazio di nuovo il mercato dell’eroina”.
Lungo lo stivale, però, l’eroina non è mai andata via. Tuttavia, da più di 15 anni a questa parte si è diffusa una modalità di assunzione diversa dall’iniezione endovena. Un fenomeno che potrebbe comunque essere la sua anticamera. “È vero che i più grandi consumatori erano soprattutto gli “old users”, quelli che erano sopravvissuti dagli anni 80 ad oggi e che non hanno cessato il consumo con alterne fortune. Tuttavia si è trascurato e sottovalutato una schiera abbastanza folta di giovani che dagli anni zero fino ad oggi hanno visto un crescente consumo di eroina fumata. Ai servizi per le dipendenze, l’onda lunga è iniziata dai SerT di Riccione, Jesolo e Trieste che riportavano una richiesta di aiuto di giovani consumatori fumatori di eroina. Ma stiamo parlando di 10-15 anni fa. L’onda poi si è spostata verso il Centro-Nord Italia. Oggi mi sembra che anche tra i giovanissimi ricompaiano richieste d’aiuto per uso problematico di eroina”.
Per Grosso ci sono “segnali che impediscono non solo di dire che l’eroina è morta – aggiunge -, ma anche di sottovalutare il problema riducendolo alle frange dei vecchi consumatori, perché non mi sembra che sia così”. E quanto riportato da alcuni giornali in questi giorni, sembra confermare le parole di Grosso. “Sulla stampa hanno scritto in merito al quartiere di San Salvario di Torino dove sono ricomparse, sulle panchine, le persone tossicodipendenti che non sono più old users, ma nuove persone tossicodipendenti che usano di nuovo le siringhe. Dopo che si instaura, anche se con tempi più lunghi, una dipendenza da eroina fumata, il rischio che ci sia un passaggio all’uso per via endovenosa si ripropone”. Una tendenza che, spiega Grosso, veniva denunciata anche in una Relazione al Parlamento sulle tossicodipendenze di qualche anno fa in cui “si riportava l’età in alcuni gruppi a rischio di coloro che consumavano eroina. L’età di iniziazione era addirittura di 14 anni per le ragazze – spiega Grosso - e dava anche i 16 anni come periodo in cui alcuni rinunciavano all’uso perché giudicata troppo problematica e pericolosa”. Nei servizi sui territori, intanto, arrivano i segnali di un fenomeno nuovo. “Sono giovani quelli che arrivano adesso – spiega Grosso -. Ragazzi post-adolescenti. Si collocano tra i 18 e i 30 anni. Sono questi i ragazzi che chiedono aiuto rispetto ad un consumo di eroina prevalentemente fumata”.
Se di ritorno si vuol parlare, per Grosso è quello delle droghe da estraneazione. Il consumo di eroina, secondo Grosso, “faceva seguito a quello di cocaina, per calmierare gli effetti negativi e rendere più tollerabile la spossatezza del dopo coca, ma per alcuni di questi ragazzi l’eroina si è sempre più imposta come la sostanza per loro più idonea. E quindi soprattutto come droga da estraneazione. C’è stato un ritorno, quindi, delle droghe da estraneazione rispetto a quelle di prestazione e non a caso. Con l’incremento di povertà e disoccupazione forse non è così casuale che ci sia un ritorno delle droghe da estraneazione”.
Mentre gli scenari cambiano, da parte della politica sembra ancora non esserci un ritorno dell’impegno politico sul tema. Per Grosso, il silenzio della politica “si abbina al quello del finanziamento dei servizi, pubblici e di privato sociale, abbondantemente tagliato – continua -, e la vittima principale sono state le politiche di prevenzione. Il silenzio si abbina alla riduzione della spesa e quindi al taglio dei servizi. Nel momento in cui questi non dispongono più di equipe di lavoro efficaci il rischio è che diventi più banalmente un lavoro ambulatoriale che distribuisce metadone e che non affianchi gli altri interventi necessari per recuperare situazioni di più grave difficoltà”. Un silenzio politico, ma anche un “silenzio dei media”, precisa Grosso. “Con la crisi economica e con l’immigrazione si sono imposti all’attenzione nazionale altri problemi – aggiunge -. E poi abbiamo un governo di larghe intese che della questione consumi e droghe fa ancora un tabù. Per cui il nulla di fatto è il compromesso che c’è tra destra e sinistra su questo tema”. Intanto, dal governo si aspettano ancora dei passi. “La Relazione al Parlamento non è stata ancora presentata, un obbligo di legge che viene saltato. Poi c’è quello della Conferenza nazionale che aspettiamo da sette anni, mentre la legge prevede che venga fatta ogni tre anni. L’altro è quello di creare una consulta di esperti e pare che nessuno se ne curi”.(ga)