24 dicembre 2013 ore: 19:13
Immigrazione

Evacuato il centro di Lampedusa, Chaouki vince la sua battaglia

Trasferiti 200 migranti. Il deputato Pd che si era rinchiuso nel Cpsa resta ancora con i 17 rimasti. Trattativa sugli ultimi superstiti dei naufragi, tra cui alcuni siriani che dall’11 ottobre potrebbero non essere riusciti ad avvisare le famiglie di essere sopravvissuti
Video choc da lampedusa

LAMPEDUSA – Otto uomini hanno ancora le bocche cucite da quattro giorni nel Centro di identificazione e di espulsione di Ponte Galeria. A Lampedusa Khalid Chaouki ha passato tre giorni barricato nel Centro di primo soccorso e accoglienza di Lampedusa. E’ un Natale all’insegna delle proteste clamorose per i diritti umani e la dignità quello del 2013. Ma se la “rivolta delle bocche cucite” dei trattenuti di Roma non sembra avere avuto effetto per migliorare le loro condizioni, quella del giovane deputato democratico di origini marocchine è a un passo dalla vittoria. Trent’anni, eletto per la prima volta in Parlamento in questa legislatura, con il suo gesto sorprendente e solitario Chaouki è riuscito a sbloccare una situazione che era immobile da mesi. In soli tre giorni ha fatto liberare le centinaia di profughi tenuti a Lampedusa in condizioni disumane.

Il ministero dell’Interno ha evacuato il centro di contrada Imbriacola, come lui aveva chiesto, trasferendo circa 200 profughi in altre strutture sul territorio nazionale. Restano ancora nel centro gli ultimi 17 migranti. Sono tutti superstiti delle stragi del mare e della frontiera. Tra loro ci sono sette eritrei sopravvissuti al naufragio del 3 ottobre con 366 vittime e dieci siriani che erano sulla barca che si è rovesciata in acque internazionali tra Malta e l’Italia lo scorso 11 ottobre. Trattenuti da oltre due mesi nel centro di Lampedusa, alcuni di questi siriani potrebbero non essere ancora riusciti ad avvisare le loro famiglie di essere vivi. “Questa è l’ipotesi” conferma Chaouki a Redattore Sociale, al telefono da Lampedusa.

Tra i siriani c’è anche il giovane Khalid, autore del video scandalo mandato in onda dal Tg2.

Anche lui ancora rinchiuso nel Cspa nonostante gli appelli dei suoi legali ad allontanarlo dal centro dopo quanto è accaduto. Se gli ultimi non saranno rilasciati, il parlamentare democratico è intenzionato a restare con loro nel centro. Ma la soluzione del caso sembra prossima.

“Ne stiamo discutendo con il governo – afferma Chaouki - e rimarrò con loro finché non troveremo l’uscita a questa condizione anomala, che fa sì che i superstiti ai naufragi siano ancora rinchiusi in questo centro in qualità di testimoni”.

Quello che accomuna tutti e diciassette i profughi ancora trattenuti nel Cspa è il fatto di essere testimoni nelle indagini sui cosiddetti “scafisti”. “La tempistica è stata molto lenta – spiega Chaouki - oggi chiediamo che ci sia un’accelerazione di questo iter nell’ambito delle regole della legislazione. Il Viminale si sta muovendo e sono ancora qui con loro in attesa di una risposta positiva, che confido possa esserci il prima possibile”.

All’inizio sembrava che il Cpsa sarebbe stato completamente evacuato. “Ci è dispiaciuto moltissimo questo dietrofront a metà mattinata – continua il deputato Pd - nelle prossime ore attendiamo una risposta definitiva nei confronti dei profughi e per tutto il movimento che si è creato attorno a questa mia protesta. Un movimento che pretende che ci sia legalità nel nostro Paese, perché la gestione di questi centri va ripensata in modo totale.”

Da testimoni a reclusi. E’ questo il paradosso che si trovano a vivere gli ultimi diciassette profughi che non hanno potuto lasciare il centro da oltre due mesi. Probabilmente anche perché si teme che una volta trasferiti dall’isola possano poi fuggire in altri Paesi europei come fanno da tempo eritrei e siriani. “Questo è un centro di prima accoglienza e non ci dovrebbe essere la reclusione in questo modo – continua Chaouki - c’è stato un ritardo grave da parte della magistratura, che ha fatto sì che dal 3 ottobre rimanessero qui senza alcun atto formale da parte dei magistrati. A questo punto chiediamo che i profughi possano attendere l’incontro con la magistratura in un contesto più consono, che non leda i loro diritti”.

L’anomalia è anche nell’uso del Cpsa come luogo di detenzione a tutti gli effetti. “Non si capisce perché questo centro possa essere visto come un carcere o un luogo dove tenere in fermo dei testimoni e non degli indagati – dice il parlamentare – è una situazione paradossale. Per gli italiani e il governo è giunta l’ora di ripensare totalmente la gestione dei rifugiati in questo paese”.

In campo ci sono due ipotesi per il trasferimento degli ultimi diciassette profughi, cioè la partenza verso un altro centro di accoglienza sul territorio nazionale oppure la possibilità di ospitarli in un residence o in un altro tipo di alloggio a Lampedusa. Secondo l’avvocato Michele Passione, dell’Unione camere penali, “i diciassette non sono testimoni puri, perché sono anche indagati per il 10 bis, l’ingresso irregolare, e questo fa sì che la loro testimonianza debba trovare conferma dalle testimonianze degli altri superstiti per avere forza al processo. Ma tutto questo non giustifica affatto che siano chiusi là dentro”.

L’anomalia di questa gestione dei profughi e dei testimoni è lampante secondo il penalista. “Non esiste per legge che debbano essere trattenuti in attesa dell’incidete probatorio, chi è vittima non può essere arrestata per ascoltarne la testimonianza – continua Passione - quello è un centro di assistenza, non di detenzione. Tutti loro dovrebbero essere dotati di un difensore, avere un supporto legale. Hanno vissuto una condizione di trattenimento che, sia per i presupposti che per le modalità, è totalmente contraria ai principi della Convenzione europea dei diritti dell’uomo”. (Raffaella Cosentino)

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