Ferrara, no all'accoglienza in parrocchia: appello a concedere case sfitte
FERRARA – “Abbiamo chiesto alle parrocchie della diocesi e a tutti i parrocchiani di fare proprio l’appello del Santo Padre ad accogliere i migranti”: don Paolo Valenti, storico direttore della Caritas diocesana di Ferrara-Comacchio, membro del Consiglio Presbiterale e parroco presso la Beata Vergine Addolorata, apre all’accoglienza di profughi. Lo fa attraverso una lettera firmata dal vescovo Luigi Negri, un appello alla solidarietà e carità cattoliche.
“Vogliamo fare qualcosa di concreto – spiega don Paolo –, pur con le risorse non esose di cui disponiamo”: il riferimento è a tutte quelle parrocchie che, colpite dal terremoto del 2012, ancora non viaggiano a pieno ritmo, e a quelle che vertono in difficili passaggi economici. “Facciamo già moltissimo per le persone più in difficoltà, italiane o straniere, ma di fronte a questa marea umana abbiamo implementato ulteriormente l’accoglienza”. Sono 200, a oggi, i migranti già collocati nelle varie strutture della diocesi di Ferrara-Comacchio, ma la chiesa si dice pronta ad accoglierne un altro centinaio. “In una struttura della nostra parrocchia ospitiamo 28 persone, tra donne e bambini: cerchiamo di dar loro non solo vitto, alloggio e vestiario, ma anche un aiuto per orientarsi in una realtà così diversa da quella a cui erano abituati. Assistenza sanitaria, corsi di lingua, assistenza legale, inserimenti scolastici dei minori: sentiamo forte la responsabilità educativa a cui siamo chiamati”.
L’appello arriva sino ai cittadini, perché mettano a disposizione case sfitte o non utilizzate: “Chiediamo a chi ha beni immobiliari in buono stato a contattare le realtà associative locali: l’accoglienza va portata avanti in rete”. La struttura messa a disposizione deve avere ingresso e spazi indipendenti per evitare difficoltà di convivenza dati dalle diverse culture, usi e costumi ed essere in possesso del Certificato di abitabilità: “Vogliamo che tutti capiscano bene che la durata media di una accoglienza di richiedenti asilo è di 14/18 mesi e che non si possono scegliere le persone o il nucleo famigliare che si ospita – età, nazionalità o credo religioso – ma si può solo dichiarare il numero di persone che si è in grado di accogliere. L’accoglienza non è gestita direttamente dalle parrocchie, ma dalle realtà incaricate dal prefetto: noi suggeriamo di rivolgersi alla Caritas, a conoscenza anche di tutto l’iter burocratico e amministrativo. Vogliamo che tutti sia fatto nel pieno rispetto delle regole, per non creare, sull’onda dell’entusiasmo, ulteriori problemi”.
Escluse dall’accoglienza, sotto precisa indicazione del vescovo, canoniche e chiese parrocchiali: “Al di là dei problemi logistici e di agibilità e sicurezza di molte strutture, purtroppo in passato l’accoglienza si è trasformata in ricatti con pretese di diritti sugli immobili. Ma cercheremo spazio nei conventi”, aveva spiegato monsignor Negri alla stampa locale. “Non c’è nulla di strano – conferma don Paolo –. Non si tratta di pregiudizi, ma di esperienza dolorosamente vissuta: quando si è ospitato nei locali parrocchiali, talora ingenuamente e senza mai confrontarsi con l’Arcivescovo, le cose non sono andate affatto bene. Lo stesso vale in ordine alla questione non trascurabile della preghiera con rito islamico che creerebbe situazioni gravissime sul piano della disciplina ecclesiale ed ecclesiastica”. (Ambra Notari)