Figli caregiver con genitori anziani o disabili. E il lavoro "non finisce mai"
Maria Aurora con il papà
Maria Aurora con il papà |
ROMA – “Mio padre è al lago, con una persona che lo assiste 24 ore su 24. E io mi divido tutta l’estate tra lui, mio marito e il mio lavoro”: Maria Aurora è una “figlia caregiver”, con due genitori entrambi disabili. E l’estate, anche per lei, non è certo sinonimo di vacanza. “La domenica, per esempio, il badante ha il giorno di riposo e quindi saliamo noi tutto il giorno da mio padre. I miei genitori sono entrambi gravemente disabili: assisterli non è stato facile. Purtroppo la mia mamma è morta due anni fa e mio padre, a soli 56 anni, ha avuto un bruttissimo ictus. Io mi sono da poco sposata e, anche grazie a mio marito, riesco ad occuparmi di lui. Sono figlia unica e, a parte l’aiuto dei miei zii, a mio padre penso sempre io, con mio marito. E’ dura, molto dura, soprattutto in estate, quando mio padre resta ancora più solo, perché gli amici partono e lui è sull’orlo della depressione: è una grande fatica, ma anche una bellissima storia di un amore grande su otto ruote, che non conosce barriere”.
Anche Pietro è un “figlio caregiver”: “l'unico caregiver di mia madre – precisa - affetta da quel morbo subdolo e odioso di nome Alzheimer. Circa 5 anni fa si è presentato al nostro cospetto senza invito e da allora la mia vita e quella della mia amata mamma sono sconvolte letteralmente. Ma ho barattato volentieri una parte della mia esistenza per il suo amore e per garantirgli una qualità di vita degna, d’inverno e d’estate. Non mi pesa tanto rinunciare alla mia vita sociale e lavorativa, o alle mie ‘vacanze’, quanto piuttosto l’insensibilità delle nostre istituzioni tutte e l’ignoranza che serpeggia di fronte all'Alzheimer”.
La stessa ignoranza che avvolge l’autismo e con cui spesso si scontra Rita, mamma di un ragazzo autistico. “Quelle che comunemente vengono definite vacanze per molte di noi si trasformano in inferno – racconta - Le scuole, che durante l’anno ti regalano almeno quattro o cinque ore di tregua, sono chiuse. Anche molti centri diurni chiudono, gli operatori vanno in ferie e sono sostituiti da altri operatori, che non conoscono i ragazzi: quindi, devi ricominciare tutto da capo. Le ferie si trasformano in una tortura: un genitore, invece di riposare e ‘ricaricarsi’, deve improvvisarsi ‘terapista occupazionale’: si inventa improbabili passeggiate, ma magari fuori ci sono 35 gradi”. A volte, allora, l’unica meta possibile è “un centro commerciale, sperando che il proprio figlio non dia spettacolo, altrimenti dovrà anche subire gli sguardi pietosi della gente. O le espressioni disgustate, perché a volte i nostri figli sbavano. Allora si cerca la fuga, che puntualmente finisce tra le solite quattro mura domestiche che tutto vedono, tutto ascoltano, ma purtroppo tacciono”.
“Gira per il paesino alla ricerca di ragazzi e ragazze con cui stare e parlare”: così trascorre le sue giornate estive Alessio, 25 anni, in vacanza con i suoi genitori a Celle Ligure. “Veniamo qui dal 2008, io e mio marito insieme a lui, e tutti lo conoscono – racconta la mamma, Emanuela - Non ama stare fermo in spiaggia, impossibile trattenerlo: si sposta continuamente tra le spiagge e i bar del paese. Ma noi stiamo abbastanza tranquilli, perché molti conoscono i suoi problemi, che in certi momenti sono molto evidenti: si agita e cammina in modo scomposto, dice sempre le stesse cose, cerca disperatamente persone con cui stare. A volte ci provoca, chiedendoci di andare a Genova o in altri posti, ma poi quando gli spieghiamo che preferiamo resti in paese brontola e poi accetta. La paura è che incontri persone che si approfittino di lui: un'estate un ragazzo gli ha rubato un i- pad, mentre un altro lo coinvolse in una truffa postale; oppure che lo prendano in giro. Cerchiamo di vigilare a distanza, augurandoci che le esperienze negative gli siano servite”.
Vacanze inesistenti, quindi, o che durano brevi istanti, per i genitori “caregiver” di ragazzi disabili, soprattutto quando la disabilità è grave. Come testimonia anche Maddalena: “la vita di un caregiver non ha estate, la sua vita è 365 giorni all'anno. La nostra vita è letteralmente diversa da quelle famiglie che hanno figli sani: noi dobbiamo accudirli sempre. Senza sosta tra lavoro e casa. Io sono caregiver formale e informale, il mio lavoro non finisce mai. La nostra vita non può essere raccontata: qualsiasi racconto sarà sempre diverso dalla realtà che viviamo quotidianamente”. (cl)