Figli che assistono i genitori malati di Alzheimer: il dolore e la rabbia in un film
ROMA - “Per capire cos’è l’Alzheimer, bisognerebbe entrare nella testa di un malato. Per capire cosa vuol dire assisterlo, bisogna passarci insieme giorni, mesi, anni”. E’ un diario di viaggio, che ripercorre le fasi di una malattia che colpisce in Italia un milione di persone, il documentario “Vittorio, Capitan Pistone...e tutti gli altri” scritto, diretto e prodotto da Mara Consoli. Il lavoro si muove su un doppio binario, intrecciando il racconto di Vittorio, padre di Mara, con le testimonianze di persone che hanno, o hanno avuto, familiari affetti d’Alzheimer. E mostrando così il progressivo spaesamento di malati e familiari, abbandonati a loro stessi, nella quasi totale mancanza d’informazione, di assistenza, di strutture e di aiuto.
“Ho impiegato quasi 8 anni per realizzare questo documentario - afferma l’autrice - convinta che la storia di Vittorio, Enzo, Pina, Massimo, Rinaldo, Eva, Franco, Amedeo ... e tutti gli altri abbia un senso solo se non la si consegna all’oblio. La memoria è un patrimonio al quale attingiamo per immaginare e costruire un futuro migliore. E una società migliore è quella che non dimentica, nemmeno chi è vecchio, malato, bisognoso”. Il film è stato selezionato da numerosi festival internazionali , e ha il patrocinio dell’Aima (Associazione Italiana Malattia d’Alzheimer ) e dalla Sigos (Società Italiana Geriatri Ospedalieri)
“Mentre mio padre, poco a poco, perdeva pezzi di sé, io cercavo di ottenere informazioni su come aiutarlo, dargli sollievo. Una lotta solitaria, perché in Italia i servizi di assistenza socio sanitaria per i malati di Alzheimer sono carenti, male distribuiti e di difficile accesso –continua la regista -. Spesso ai familiari non viene spiegato cosa accadrà, come accudire al meglio il malato o quali servizi hanno a disposizione. E si trovano caricati di un peso psicologico, emotivo, sociale ed economico enorme. Al dolore di vedere il tuo caro diventare perdere la memoria, alla fatica di assisterlo, si aggiunge la rabbia verso un paese che vorrebbe togliergli anche la dignità. Eppure è bastato guardarmi attorno per rendermi conto di quante persone vivevano il mio stesso problema”.
Come Adriana, sua madre è al terzo stadio della malattia, non parla più e deve essere vestita, lavata, imboccata. Passa le sue giornate dentro casa, facendo avanti e indietro per le stanze, ormai quasi completamente spogliate dei mobili, oggetto delle sue molteplici ossessioni. O come Marco, che per stare vicino al padre ha dovuto abbandonare il lavoro, perché solo così può essere sempre pronto ad accompagnarlo dal medico, intrattenersi con lui, accorrere quando c’è un’emergenza. E, naturalmente, sostenere sua madre. “Sono vite dimenticate, come quella di Rinaldo, Franco, Enzo, Amedeo, Eva… tutti malati di Alzheimer –aggiunge l’autrice - Ho cominciato così a raccogliere le pagine strappate di altri libri, di altre storie. E le ho rilegate insieme in questo documentario, dando voce e spazio a emozioni, pensieri, realtà che la scienza non può descrivere e che, solitamente, rimangono confinate nelle mura di una casa, chiuse nella prigione silenziosa in cui ti costringe l’Alzheimer”. Nel titolo Consoli cita “Capitan Pistone”: “è uno degli innumerevoli personaggi immaginari di mio padre –spiega -. Ho scelto lui come rappresentante della categoria perché, oltre ad essere uno dei più frequenti, ha un nome divertente, come tanti momenti passati con mio padre. Tutti gli altri… sono il milione di malati presenti oggi in Italia”. Consoli ha deciso anche di usare “Capitan Pistone” come nome del sito che sta allestendo come piattaforma per lo scambio di informazioni tra caregiver. Il documentario invece sarà trasmesso in anteprima domenica 16 febbraio su Rai3 in tarda serata, tra le 23 e le 24.