Forum III settore, "no al lavoro gratis dei migranti: diventerebbero schiavi"
ROMA - “Far lavorare gratis i migranti significherebbe trattarli come schiavi”. Risponde così Pietro Barbieri, portavoce del Forum del terzo settore al ministro dell’Interno Angelino Alfano che la scorsa settima aveva invitato i comuni ad impiegare i richiedenti asilo in servizi gratuiti di pubblica utilità. Nonostante alcune associazioni, come Caritas e Fondazione Migrantes, si erano dette favorevoli, Barbieri e le Acli affermano un no deciso. “La soluzione alla mala accoglienza non può essere quella di sfruttare chi ha rischiato la vita per arrivare in Italia. Queste persone per lo Stato italiano ufficialmente ancora non esistono: sono in attesa di essere ascoltate dalla commissione che deve decidere se concedere o meno lo status di rifugiato. Farli lavorare in queste condizioni significa compiere un sopruso perché non avrebbero alcuna garanzia”, spiega Barbieri.
In Italia i migranti sono già impiegati in lavori socialmente utili o in attività di volontariato. “Esistono esperienze positive in cui si cerca di far lavorare i richiedenti asilo ma i servizi che svolgono non possono essere strutturati come vuole Alfano, senza nessun controllo. Il lavoro va sempre pagato, altrimenti è sfruttamento”. E sono proprio gli stranieri, secondo Eurispes, la categoria più a rischio: nel 2013 sono stati 100 mila i lavoratori sfruttati sul posto di lavoro.
- Le istituzioni, secondo Barbieri, dovrebbero ascoltare di più le organizzazioni che lavorano ogni giorno a fianco dei più deboli. “Fino ad ora non si è fatta una accoglienza seria. Il Governo deve capire che il terzo settore non è una impresa”. Il riferimento è alla riforma voluta da Renzi, unprovvedimento che riguarda oltre 800mila lavoratori e quattro milioni di volontari e che è in attesa di essere approvato al Senato. “Il non profit è partecipazione, è cittadinanza attiva, sono le persone che scendono in piazza a Milano per ripulire la devastazione dei black bloc, sono quelle che chiedono più politiche di inclusione. Il tema dell’impresa trattato nel ddl non può essere la radice fondante”. La legge delega ha l’obiettivo di dare un impianto unitario alle numerose norme che regolano il terzo settore e quello di disciplinare il servizio civile universale. Il rischio però, secondo le associazioni, è che il non profit si trasformi in profit e che sempre più competenze dello Stato vengono delegate all’esterno.
“Anche per questo”, continua Barbieri, “fino al 5 dicembre il mondo del terzo settore sarà impegnato in un percorso di discussione per rinnovare e valorizzare il ruolo che ricopre nel nostro Paese”. Un confronto iniziato lo scorso fine settimana a Roma con l’autoconvocazione del volontariato. In centinaia hanno chiesto che il Parlamento riconosca loro azione a fianco di chi ha bisogno. (Maria Gabriella Lanza)